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lunedì 11 dicembre 2023

La viltà contro Gino Cecchettin - Per lui il politicamente corretto non vale?

Tonio Dell'Olio
La viltà contro Gino Cecchettin

Non ripeterò qui gli attacchi via web rivolti a Gino Cecchettin. Non voglio diventare inconsapevole eco della stupidità e della ferocia umana.

Solo mi chiedo come sia possibile anche soltanto concepire di recare una qualche offesa possibile all'indirizzo di un padre che ha avuto la figlia uccisa. Davvero i social network ci disumanizzano! Sono convinto che neppure il più spavaldo dei "leoni da tastiera" riuscirebbe a riferire al papà di Giulia Cecchettin neppure una sillaba delle terribili ingiurie inviate al suo indirizzo guardandolo negli occhi. E quando la volgarità rabbiosa si sublima e si edulcora in qualche editoriale che circola a piede libero in quei soliti giornali di carta, il disgusto è ancora più grande. Accusare oggi quel padre di non aver vigilato sulle vicende "sentimentali" della figlia e sputargli contro l'accusa di protagonismo presenzialista, è la dimostrazione di una disumanità patologica che andrebbe curata. Rispetto del dolore altrui è la cifra con cui avvicinarsi in punta di piedi a tutte le persone ferite dalla vita. Il contrario è solo vile sciacallaggio.
(fonte: Mosaico dei Giorni 11/12/2023)

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Per Gino Cecchettin il politicamente corretto non vale? 
Gli attacchi dopo l’ospitata da Fazio

Gino Cecchettin va da Fazio e Twitter insorge. L'unica "minoranza" che si può ancora criticare è quella di un padre che ha perso la figlia.


Gino Cecchettin non è un santo. È una persona colpita da una tragedia indicibile, la morte violenta della figlia Giulia. Per altro, a un anno dalla scomparsa della moglie, venuta a mancare dopo lunga malattia. Ogni giorno Gino Cecchettin deve fare i conti con questi due lutti gravissimi e ravvicinati, con il destino amaro, ingiusto e ingestibile che gli è toccato in sorte.
Qualunque modo trovi per farlo non è affar nostro, né di chiunque altro all’infuori della sua coscienza. Troviamo comunque surreale che, nell’epoca del politicamente corretto, ci sia così poco rispetto per quest’uomo. Le migliori come anche le peggiori menti di più di una generazione oggi si professano oltremodo rispettose di qualsivoglia alterità: cambiano i pronomi, le desinenze delle parole, rimuovono termini dalla nostra lingua per evitare il rischio di poter offendere. Illudendosi che ogni minoranza possa sentirsi così “riverita” e “inclusa”, alle volte oltre le soglie del ridicolo. Eppure, ne sussiste una a cui è possibile dire le cose peggiori passando impuniti: quella di un padre che ha appena perso la figlia morta ammazzata.

Gino Cecchettin va da Fazio: l’odio social continua

“Gino Cecchettin ha sbagliato ad andare ospite a Che Tempo Che Fa, mi puzza di propaganda politica”. Questo il fine sragionamento di moltissimi su Twitter (pardon, X!) che si mostrano orgogliosamente novelli Sherlock Holmes del lutto. In un’epoca in cui non si può parlare di omosessualità, a meno che non si sia gay, di femminismo, a meno che non si sia donne, o di mantecatura del risotto, a meno che non si sia food blogger con centinaia di K, è invece accettabile sparare a zero su pensieri, parole, opere e opinioni di un vedovo, di un padre che ha perso la figlia per mano di un assassino. Invece di ringraziare che non sia toccato a loro, le menti più illuminate e analitiche che circolano sui social fanno di tutto per affossarne l’immagine, come se fosse possibile “recensire” il suo dolore. Perché loro farebbero diversamente, sottintendendo meglio. Analizzano la reazione di un uomo che ha perso (quasi) tutto, con somma ferocia. Commentano suoi (presunti) tweet di prima della tragedia, lo dipingono come un mezzo mostro. In realtà, Cecchettin sta solo tentando di fare l’unica cosa che chiunque farebbe al suo posto: cercare un senso a quanto gli è capitato.

Gino Cecchettin sta solo cercando di dare un senso alla sua tragedia

Quando succede qualcosa di negativo, ognuno di noi, per andare avanti, cerca di trovarle un significato. Così da poter credere che, se non altro, non sia avvenuta invano, per caso. Ciò vale quando veniamo lasciati, nel momento in cui perdiamo una persona, un lavoro, qualcosa a cui teniamo e che da un momento all’altro, non fa più parte delle nostre vite. Questo “qualcosa” per Gino Cecchettin è la sua stessa figlia, Giulia. Che non ha smesso di parargli in una fase di ribellione, ma è morta ammazzata dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Il padre oggi va da Fazio e spera di poter esser d’aiuto ad altri padri, ad altre famiglie che hanno subito lo stesso lutto. Oppure, ancor meglio, di poter contribuire, grazie alla sua sventurata esperienza, a evitare che orrori del genere si ripetano.

Per come la vede lui, Giulia è stata uccisa dal seme del patriarcato che infesta la nostra società fin dal modo in cui siamo abituati a parlare delle donne, espressioni apparentemente innocenti comprese. Ha ragione? Stando a un bell’articolo di Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano, forse solo in parte. In ogni caso, non è questo il punto. Gino Cecchettin potrebbe pure dire in tv che sia colpa della tabellina del 2. E, al massimo, sarebbe responsabilità sciacalla di chi lo invita in tv, non certo sua. Non ci sentiamo di recensire le parole di quest’uomo come fossero un brutto disco o un bel programma tv. Di fronte a un dolore talmente abissale, non c’è torto o ragione. Si può e si deve solo fare un passo indietro ed essere grati di non viverlo sulla nostra pellaccia. Ciò che fa veramente orrore è vedere quanto moltissimi riescano a dirsi tutti fenomeni. Perfino coi figli ammazzati degli altri.
(fonte: True, articolo di Grazia Sambruna 11/12/2023)
 
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Intervento integrale di Gino Cecchettin


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