Enzo Bianchi
La Repubblica - 27 Novembre 2023
Solo pochi giorni fa abbiamo celebrato la “giornata contro la violenza sulle donne” ed ecco che alcuni fatti di cronaca hanno provocato una serie di interventi che sono un vero grido, un doloroso appello alla responsabilità contro il ripetersi del femminicidio. Purtroppo molte letture restano a livello di cronaca e impediscono di andare alle radici di questa violenza di genere che da sempre accompagna l’umanità lungo tutta la sua storia.
Fin dalle prime pagine del grande codice che è la Bibbia, là dove si tenta di leggere il nascere della storia, appare la realtà dolorosa di una tensione tra l’uomo e la donna, tra il maschio e la femmina. Questi testi sono certamente frutto di una cultura patriarcale, ma vogliono rispondere all’interrogativo che si pone chi viene al mondo e subito fa esperienza, la prima esperienza, di una tensione e di una contrapposizione tra uomo e donna. Sta scritto infatti che la solitudine di Adam, il terrestre, cessa quando appare la polarità maschio/femmina, ma si dice anche che la donna è data all’uomo come “un aiuto contro”, espressione che mostra una contraddizione mai sanata: è un aiuto, uguale all’uomo in dignità, carne della sua carne, ma in una possibilità conflittuale che viene ribadita ed esplicitata in Genesi 3,16: “Verso il tuo uomo sarà la tua attrazione ed egli ti dominerà”. Dunque la condizione della donna, non per volontà di Dio né per destino, è letta come attrazione verso l’uomo ma nello stesso tempo soggezione alla sua forza.
È la forza dell’uomo che dà la possibilità della violenza verso la donna, che genera il primo peccato non “originale” ma “originario”: la violenza di genere. Tutta la Bibbia testimonia questa subordinazione purtroppo accettata e quindi assunta come verità da ebrei e da cristiani. Dobbiamo riconoscerlo: la donna è cosificata, e l’ultimo comandamento la mette tra le cose da non desiderare se appartengono al prossimo: tra gli schiavi, i buoi, gli asini, insomma la roba. Anche Abramo, il padre della fede, quasi per abitudine per salvare la propria vita offre la moglie Sara prima al faraone e poi al re di Gerar, più forti di lui.
La forza... L’uomo fisicamente più forte sente di avere la vocazione a comandare sull’altro e innanzitutto sulla donna, fisicamente più debole. La forza è il vero dio, l’idolo di cui l’uomo si sente ministro. Ma accanto alla forza che detiene, l’uomo soffre la differenza, l’alterità della donna. È la prima differenza che si sperimenta venendo al mondo e la differenza certo fa paura, disturba perché è alterità sconosciuta, non è omologazione.
Il primo istinto è negare la differenza, rimuovendola, oppure toglierla di mezzo con la violenza. Proprio questo incrociarsi della forza dell’uomo con la sua reazione verso la differenza lo spinge a imporre la sottomissione della donna e perciò di ogni genere diverso per sessualità, cultura, etnia, religione. In fondo che cos’è l’ostilità verso gli omofili, verso gli immigrati, se non il rifiuto di un’alterità che pare inaccettabile? Ecco perché la violenza fisica fino all’omicidio è epifania della forza dell’uomo e del suo rifiuto della differenza.
Perciò il compito umano che ci sta davanti è una rieducazione degli uomini alla relazione, all’accettazione della diversità, alla spoliazione della propria forza per un riconoscimento della uguale e universale dignità degli umani.
(fonte: blog dell'autore)