Gesù nasce in un mondo soffocato dall’angoscia della guerra
L’attesa del Principe della pace
«Sembra che tutto il mondo stia vivendo un momento di grande difficoltà, dove violenza, odio, divisione e il sentimento di vendetta prevalgono». Le parole che il cardinale patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, affida ai media vaticani in un videomessaggio, descrivono drammaticamente la situazione alla vigilia di questo Natale. Un Natale che per molti popoli sarà di guerra. Lo sarà ancora una volta per gli ucraini; lo sarà quest’anno per quanti vivono in Terra Santa, «dove — sottolinea il Porporato — dal 7 ottobre siamo precipitati in un mare profondo di odio, di rancore, di vendetta, di violenza, di morte che ha colpito la società israeliana e colpisce ora la società palestinese».
Una spirale terribile e angosciosa di odio e di dolore in cui si avvita inesorabilmente ogni guerra. Un labirinto apparentemente senza uscita, si potrebbe dire, le cui pareti sono mura alte e spesse; fortificazioni innalzate da odio e risentimento che si autoalimentano e accrescono ad ogni azione violenta. Mura opprimenti dalle quali si può uscire — come suggerito giovedì da Papa Francesco nel discorso alla Curia utilizzando proprio l’immagine del labirinto — solo “da sopra”. E guardando in alto. Come fecero i Magi, per seguire «la Luce che vuole sempre condurci oltre e che talvolta ci fa cercare sentieri inesplorati e ci fa percorrere strade nuove».
Quelle strade nuove che vengono chieste anche a quanti hanno la responsabilità di decidere di fermare o far continuare una guerra, per riaccendere una speranza di pace. Strade nuove che richiedono il coraggio della pace. Sì, coraggio. Perché viene richiesto di andare controcorrente, di osare pensieri e azioni che scardinino consuetudini radicate nell’odio, nella voglia di vendetta. Osare la pace vuol dire vedere l’uomo oltre il nemico. Il coraggio della pace non chiede di dimenticare, semmai di perdonare — un’azione rivoluzionaria, disarmante — e di comprendere l’altro e le sue ragioni. Trovando un punto d’incontro, un compromesso, anche a costo di dolorose rinunce.
Per chi crede, seguire la stella in questi giorni significa andare con la mente e con il cuore a Betlemme, come ci ha sollecitati a fare Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì, quando ha rinnovato i suoi appelli per la Terra Santa, per l’Ucraina e per tutti «i popoli che soffrono il male della guerra»: andare al presepe per chiedere «a Gesù la pace. Lui è il principe della pace».
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Gaetano Vallini 23/12/2023)