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sabato 10 luglio 2021

NON SI CREDE DA SOLI - Non portare nulla perché ciò che hai ti divide dall'altro, perché nessun uomo è ciò che possiede, così vivrai dipendente solo dal cielo e dal pane condiviso. - XV Domenica T. O. / B - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

NON SI CREDE DA SOLI
 

Non portare nulla perché ciò che hai ti divide dall'altro, 
perché nessun uomo è ciò che possiede, 
così vivrai dipendente solo dal cielo e dal pane condiviso.
 

I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
  • il primo per gli amici dei social
  • il secondo pubblicato su Avvenire
Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche (...) Marco 6,7-13

per i social

Non portare nulla perché ciò che hai ti divide dall'altro, perché nessun uomo è ciò che possiede, così vivrai dipendente solo dal cielo e dal pane condiviso.

NON SI CREDE DA SOLI

Partono i discepoli a due a due, forti solo di un amico e di una Parola. Un bastone per appoggiarvi la stanchezza, una presenza per appoggiarvi la solitudine.

A due a due. Ogni volta che Dio ti chiama, ti mette in viaggio. Viene ad alzarti dalla tua vita installata, accende obiettivi nuovi, apre sentieri.

È importante quest'andare in coppia, avere almeno uno su cui contare e che ti garantisca, nelle parole, l'evidenza che tu esisti, che sei amato, che non si crede da soli.

E nulla per il viaggio: nudità della croce. I Dodici riproducono in sé il volto dell'Uomo che cammina povero e libero, senza un luogo ma pieno di amici. Non portare nulla perché tutto ciò che hai ti divide dall'altro, perché nessun uomo è ciò che possiede, così vivrai dipendente solo dal cielo e dal pane condiviso.

Gesù ci vuole tutti nomadi d'amore: gente che non confida nel conto in banca o nel mattone, ma nel tesoro disseminato in paesi e città: mani e sorrisi che si aprono al vento libero delle porte spalancate, vento che “non fa dormire la polvere” (Turoldo). La ricchezza del nomade è la sua leggerezza che lo porta verso gli altri, che gli permette di essere accolto come ospite piccolo.

La povertà di mezzi dei Dodici mi mette con le spalle al muro. Vanno bene i pescatori del lago di Galilea, va bene anche un bovaro come il profeta Amos, e nessuno di noi ha meno di loro. Nessuno può dire io sono troppo piccolo per diventare testimone del Vangelo, troppo povero, non ho mezzi o cultura. E allora vado bene anch'io, come Amos. Sarò discepolo che annuncia con la vita, vita che svela un segreto oltre me, oltre ogni cosa.

La forza della Chiesa, oggi come allora, non sta nei numeri o nelle risorse, ma nel cuore con il punto di appro­do nella casa, dove la vi­ta nasce ed è vera, ab­bracciata da ciò che fa vivere. Il Vangelo deve essere signifi­cativo lì, nella casa, e deve vivere nei giorni delle lacrime, della festa o della noia; quando il figlio se ne va, quando l'anziano perde il senno.

L'annuncio è fatto di poche parole, ma di molto stile di vi­ta. Come se Gesù dicesse ai suoi: voi vivrete di fiducia! Fiducia in Dio che non farà mancare nulla, fiducia negli uomini che apriranno lieti le loro case.

Se penso al compito di annunciare vangelo, mi prende un’ansia di contenuti «che cosa vado a dire?» Gesù invece ai suoi indica uno stile: «come devo essere», per diventare credibile. Mai come in questo caso lo stile è l'uomo. Ed è perciò che questo vangelo mi sgomenta!

Io cerco un amico e un bastone ogni giorno, sono bisogni così umani... Ma domani cercherò il coraggio di non portare con me nulla se non qualcosa di Cristo, un tratto del suo volto, con lo stile dei testimoni e dei martiri, la Parola scritta su tavole di carne.

E per noi come nomadi, all'angolo di ogni strada, l'infinito.

per Avvenire

Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli. Ogni volta che Dio ti chiama, ti mette in viaggio. Il nostro Dio ama gli orizzonti e le brecce. A due a due: perché il due non è semplicemente la somma di uno più uno, è l'inizio del noi, la prima cellula della comunità. (...)

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