"A.A.A. Nuovo Concilio cercasi"
di Luigino Bruni
In un momento in cui il capitalismo sta mostrando la sua insufficienza per salvare il pianeta e i poveri, il pontificato di Francesco sta proponendo sfide importanti alla vita economica e finanziaria.
Il 25 gennaio del 1959 papa Giovanni XXIII, a tre mesi dall’elezione, convocò il Concilio ecumenico Vaticano II. In Italia eravamo in pieno boom economico, i movimenti giovanili del ’68 erano lontani, i Beatles non si erano ancora formati. Quell’anziano Papa riuscì a sognare una Chiesa e un mondo che ancora non c’erano. Giovanni XXIII e in lui la Chiesa (in buona parte) riuscì a leggere i segni dei tempi prima che il tempo cambiasse. Vide, lesse e diede voce ai segnali deboli del proprio tempo. E poi agì, convocando un Concilio che ha fatto cambiare la Chiesa prima della società civile, intercettando il soffio dello Spirito nel momento/kairos opportuno.
L’enorme portata epocale di quel Concilio dipese anche dalla sua capacità di anticipare i tempi. Una Chiesa cattolica che è considerata icona della lentezza dei processi di cambiamento culturale, allora fu più veloce della società civile. Capì prima che c’era domanda di partecipazione, di comunità, di protagonismo del popolo, di superamento di certe strutture gerarchiche inadeguate, di tornare alla centralità della Scrittura, e che le persone chiedevano più spazio e più ascolto.
Oggi papa Francesco si trova in una condizione, soggettiva e oggettiva, simile a quella di Giovanni XXIII. Con la Laudato si’ e la Fratelli tutti ha rimesso al centro la dimensione economica ed ecologica. E in un momento in cui il capitalismo sta mostrando la sua insufficienza per salvare il pianeta e i poveri, il pontificato di Francesco sta proponendo sfide importanti alla vita economica e finanziaria.
Se come sua grande eredità papa Francesco volesse anche lui indire un Concilio Vaticano III – e credo sarebbe molto utile e necessario – è molto probabile che lo incentrerebbe attorno all’economia e all’ecologia. I segnali che l’economia che ha retto il mondo in questi ultimi due secoli non è più adeguata alle nuove sfide ambientali e sociali iniziano a essere fortissimi. Papa Francesco è l’unica autorità etica mondiale che sta portando avanti una sua riflessione profonda e sistematica sulla crisi del capitalismo e sulle sue sorti e per capirlo è sufficiente interpretare il movimento di giovani economisti e imprenditori da lui lanciato: The economy of Francesco (francescoeconomy.org).
La sfida ora è far diventare la sua azione e il suo pensiero l’azione e il pensiero dell’intera Chiesa. Il Concilio ecumenico è lo strumento per questo passaggio dalla profezia individuale di un Pontefice alla profezia collettiva ecclesiale. Certamente sarebbe un evento diverso da quello di Giovanni XXIII (e Paolo VI), perché oggi coinvolgere tutti i vescovi del mondo (cresciuti molto di numero) richiede altri strumenti. E soprattutto perché, dopo il Vaticano II, un nuovo Concilio ecumenico non potrebbe restare una sola faccenda di vescovi ma dovrebbe coinvolgere seriamente anche i laici; né una sola faccenda di maschi ma dovrebbe coinvolgere seriamente anche le donne; né una sola faccenda di adulti ma dovrebbe coinvolgere seriamente anche i giovani; né una sola faccenda di cattolici ma dovrebbe coinvolgere le altre Chiese, religioni e atei di buona volontà.
La Chiesa di Francesco oggi avrebbe le risorse per preparare un nuovo cambiamento epocale, quello del «capitalismo» dopo il capitalismo. Perché una nuova cultura e prassi economiche non hanno bisogno solo di nuove tecniche, nuove leggi, nuove teorie, ma di un nuovo spirito che non si apprende nelle business school e neanche nelle università. Lo spirito nasce dall’anima delle persone e dei popoli. Francesco lo sa bene, e la sua Chiesa può donarlo a tutti.