di Raniero La Valle
Come la sentinella di Isaia, la sentinella del profeta, il papa ripete il suo grido di allarme: badate, "siamo al limite", se non raddrizzate le vostre vie una guerra nucleare può scoppiare anche per caso, per un incidente. Lo ha ripetuto nell'aereo che lo portava a un difficile viaggio in Cile e in Perù, e per l'occasione ha anche distribuito ai giornalisti una fotografia scattata a Nagasaki nel 1945, di un bambino che reca sulle spalle, per portarlo al crematorio, il fratellino morto grazie alla seconda bomba atomica americana sul Giappone, e accanto alla foto ha scritto: questi sono i frutti della guerra. Poi, sbarcato a Santiago, per prima cosa alla presidente Michelle Bachelet ha recato "il dono della pace" fondata sulla sinfonia delle differenze e sulla resistenza al "paradigma tecnocratico".
Francesco è l'unico ormai che fa un discorso che si prenda cura del futuro.
E lo fa con gesti che ne svelano il motivo: è l'amore per i bambini, per l'universo umano, l'amore per l'uomo che rischia di morire suicida sulla sua Terra. Per questo il mondo che non vuole essere distolto dai propri interessi, quale che ne sia il costo, ce l'ha con il papa; e l'avversa e lo perseguita in tutti i modi, anche nei momenti più difficili.
E lo fa con gesti che ne svelano il motivo: è l'amore per i bambini, per l'universo umano, l'amore per l'uomo che rischia di morire suicida sulla sua Terra. Per questo il mondo che non vuole essere distolto dai propri interessi, quale che ne sia il costo, ce l'ha con il papa; e l'avversa e lo perseguita in tutti i modi, anche nei momenti più difficili.
Difficile è questo viaggio in America Latina, non solo per i Mapuche, che hanno tutte le ragioni, da secoli, per avercela con la Chiesa, ma per i violenti e gli integralisti che hanno messo piccole bombe e appiccato piccoli incendi nelle chiese per protestare contro di lui. Ma è proprio vero che queste sono piccole bombe, bombe private, al paragone di quelle grandi, pubbliche, i cui frutti ci narrano le foto? Non è forse vero che, dietro, gli scenari, i moventi sono gli stessi?
Il viaggio del papa è difficile, anche perché va lì, ma passa sopra il suo Paese, non va in Argentina, dove un presidente eletto, Mauricio Macri, usa violenza contro il suo popolo, anche se una violenza diversa da quella degli ammiragli e dei colonnelli. E naturalmente c'è chi ne approfitta per sobillare anche una protesta di argentini contro il papa. E questi trovano una sponda a Roma, un'eco, o magari il contrario: l'eco sta lì e la gola sta qua. Fatto sta che il blog antipapista dell'Espresso, gestito da Sandro Magister, ha pubblicato un pamphlet anonimo, in spagnolo, di "un argentino credente cattolico romano" che accusa il papa di avere in questi cinque anni avviato un processo "de dilapidación, de deconstrucción" della Chiesa e dice che quello che per gli argentini poteva essere un privilegio e un'opportunità, che il papa cioè fosse un argentino, sarebbe diventato un peso e "una vergogna".
Mai si era scesi fin qui nella lotta antipapista. E ciò sia detto perché si capisca la posta in gioco, e come debba essere vigilante la fede.
(16 gennaio 2018)
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VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN CILE E PERÙ 15-22 GENNAIO 2018 / 1 - Partenza e incontro con i giornalistiLeggi anche il post già pubblicato: