"La Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico. ...
Dialogare per cercare il bene comune per tutti ...
abbiate cura, senza intermittenza, dei poveri e della difesa della vita."
Card. Gualtiero Bassetti,
Presidente della CEI
Ricostruire, ricucire, pacificare: in questi tre verbi la consegna pastorale del Card. Gualtiero Bassetti alla Chiesa italiana all’inizio dei lavori del Consiglio Permanente (Roma 22 -24 gennaio 2018). Tra i temi toccati dal Presidente della CEI le prossime elezioni politiche e la recente legge sulle DAT; il lavoro, la famiglia e i giovani; le migrazioni internazionali e l’impegno per la pace nel Mediterraneo.
22 gennaio 2018
Cari confratelli ed amici,
tra i tanti frutti che ci ha lasciato il recente viaggio di Papa Francesco in Cile e in Perù ce n’è uno che chiama direttamente in causa il nostro ministero episcopale: è l’invito a «chiedere a Dio che ci dia la lucidità di chiamare la realtà col suo nome, il coraggio di chiedere perdono e la capacità di imparare ad ascoltare quello che Lui ci sta dicendo». Essere padri nella fede significa essere umili servitori di tutto il popolo cristiano; pastori che sanno ascoltare, perdonare e, soprattutto, affrontare «la realtà così come ci si presenta» e non come vorremmo che fosse, in base alle nostre idee o ai nostri progetti.
Paolo VI diceva che «uno degli atteggiamenti caratteristici della Chiesa dopo il Concilio è quello d’una particolare attenzione sopra la realtà umana, considerata storicamente; cioè sopra i fatti, gli avvenimenti, i fenomeni del nostro tempo». Non a caso, «una parola del Concilio» che è ormai «entrata nelle nostre abitudini» consiste nello scrutare «i segni dei tempi». Attraverso questa locuzione, concludeva Montini, «il mondo per noi diventa libro» perché la «scoperta dei “segni dei tempi” è un fatto di coscienza cristiana; risulta da un confronto della fede con la vita»
La nostra lettura del libro del mondo, ieri come oggi, non è, in alcun modo, quella dei politici, degli scienziati o degli intellettuali, ma è quella di pastori che si impegnano a discernere questo libro con la luce di Cristo. Del resto, sono proprio la nostra esperienza cristiana, la frequentazione del Vangelo e la celebrazione dei sacramenti a chiederci – vorrei dire: a imporci – di non restare ai margini di quanto vivono la nostra gente e il nostro Paese.
Ricostruire, ricucire, pacificare
Una sapienza antica ci insegna che «per ogni cosa c’è il suo momento»: c’è «un tempo per demolire e un tempo per costruire», un «tempo per stracciare e un tempo per cucire» e, infine, un «tempo per la guerra e un tempo per la pace» Questi passi del Qoèlet vanno oggi riformulati con tre verbi che ci guideranno nella riflessione di questi giorni e nell’azione pastorale del prossimo futuro: ricostruire, ricucire e pacificare.
C’è un’urgenza morale di ricostruire ciò che è distrutto. L’Italia è il Paese di una bellezza antica e prodigiosa, ricca di umanità e fede, di paesaggi incantevoli e con un patrimonio culturale unico al mondo. Una bellezza, però, estremamente fragile nel suo territorio, nei suoi borghi medievali, nelle sue città. Tra l’altro, ancora oggi non possiamo dimenticare quelle migliaia di persone che hanno perso tutto con il terremoto. Sentiamo una vicinanza intima e profonda con questi uomini e queste donne. Ricostruire quelle case, riedificare quelle città, significa donare un futuro a quelle famiglie e vuol dire ricostruire la speranza per l’Italia intera.
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Un appuntamento per l’Italia
Il riferimento appena fatto mi permette di toccare l’ultimo spunto di riflessione: le prossime elezioni politiche. Come Vescovi ci uniamo innanzitutto all’appello del Capo dello Stato a superare ogni motivo di sfiducia e di disaffezione per partecipare alle urne con senso di responsabilità nei confronti della comunità nazionale.
Richiamato il valore morale e democratico del voto, voglio essere altrettanto chiaro sul fatto che la Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico. Il «risveglio della Chiesa nelle anime» evocato da Romano Guardini, lo «sviluppo integrale dell’uomo» promosso da Paolo VI e il dialogo con tutti costituiscono il nostro orizzonte di riferimento. Con un’ulteriore specificazione riguardo al dialogo. Come ha detto Papa Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze «dialogare non è negoziare». Negoziare, infatti, consiste soltanto nel «cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune». Ma non è questo, ovviamente, ciò che intendiamo. Dialogare significa, invece, «cercare il bene comune per tutti».
Il bene comune per tutti: in questa prospettiva – la sola che ci sta a cuore – possiamo tracciare un orizzonte di idee e proposte che vogliono essere un contributo fattivo e concreto alla discussione pubblica.
Con questo spirito, voglio rivolgere a tutti i candidati un invito a riflettere sulla natura della vocazione politica. Perché di questo si tratta: una vocazione, una missione e non un trampolino di lancio verso il potere. Come ha scritto Francesco, «la politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune»
In secondo luogo, un invito alla sobrietà. Una sobrietà nelle parole e nei comportamenti.
La campagna elettorale sta rendendo serrato il dibattito, ma non si può comunque scordare quanto rimanga immorale lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere. Altrettanto immorale è speculare sulle paure della gente: al riguardo, bisogna essere coscienti che quando si soffia sul fuoco le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa di tutti.
In terzo luogo, la ricerca sincera del bene comune. Non a parole ma con i fatti. Per il futuro del Paese e dell’intera sua popolazione, da Nord a Sud, occorre mettere da parte le vecchie pastoie ideologiche del Novecento e abitare questo tempo con occhi sapienti e nuovi propositi di ricostruzione del tessuto sociale ed economico dell’Italia. In questa grande opera, è auspicabile l’impegno di tutte le persone di buona volontà, chiamate a superare le pur giustificate differenze ideologiche per raggiungere una reale collaborazione nel servizio del bene comune. E, se posso indicare un ambito privilegiato su cui impegnarsi, raccomando la scuola, dove si gioca la partita decisiva del percorso formativo dei nostri ragazzi. Di questa scuola sono parte integrante e qualificata le scuole pubbliche paritarie, ancora in attesa dell’adempimento di promesse relative a sostegni doverosi, da cui dipende la loro stessa sopravvivenza.
Vorrei, infine, rivolgere tre indicazioni ai cattolici in politica.
La prima: vivete la politica con gratuità e spirito di servizio. Testimoniate questa gratuità con gesti concreti e con una vita politica degna della vostra missione, ricordando che i cristiani di ogni tempo «vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo»
La seconda: guardate al passato per costruire il futuro. Guardate ad una stagione alta e nobile del cattolicesimo politico italiano. Prendete come esempi uomini e donne di diverso schieramento politico che, nella storia della Repubblica, hanno saputo indicare percorsi concreti e interventi mirati per affrontare le questioni e i problemi della nostra gente.
La terza: abbiate cura, senza intermittenza, dei poveri e della difesa della vita. Sono due temi speculari, due facce della stessa medaglia, due campi complementari e non scindibili. Non è in alcun modo giustificabile chiudere gli occhi su un aspetto e considerare una parte come il tutto. Un bambino nel grembo materno e un clochard, un migrante e una schiava della prostituzione hanno la stessa necessità di essere difesi nella loro incalpestabile dignità personale. E di essere liberati dalla schiavitù del commercio del corpo umano, dall’affermazione di una tecnoscienza pervasiva e dalla diffusione di una mentalità nichilista e consumista. Lo dico anche a riguardo delle recenti «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento»: ci preoccupa la salvaguardia della speciale relazione tra paziente e medico, la giusta proporzionalità delle cure – che non deve mai dar luogo alla cultura dello scarto –, la possibilità di salvaguardare l’obiezione di coscienza del singolo medico e di evitare il rischio di «aziendalismo» per gli ospedali cattolici.
In definitiva, vorrei ricordare a tutti: la vita non si uccide, non si compra, non si sfrutta e non si odia!
Un ultimo punto – che accenno soltanto, ripromettendomi di affrontarlo nel corso dei nostri lavori – è una proposta che mi sta particolarmente a cuore e che, in un orizzonte davvero europeo, riguarda il rilancio dell’impegno per la pace nel Mediterraneo: ne riparleremo in queste giornate.
Cari confratelli, lo Spirito Santo ci sostenga nell'affrontare con umiltà la nostra chiamata ad essere docili servitori della Chiesa e dell’intera famiglia umana; la Vergine Maria ci assista e ci protegga sempre, donandoci l’amore per Suo figlio e un autentico spirito missionario!
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Servizio TV2000
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Prolusione integrale del Card. Bassetti