Una passione tranquilla
di mons. Nunzio Galantino
segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana
«Con tutto l’oro del mondo non si può comprare il battito del cuore, né un lampo di tenerezza»
(A. de Lamartine). Dal latino Tèn-uem (da cui anche “tenue”), la tenerezza indica la proprietà di qualcosa che si lascia stendere, che non pone resistenza alla pressione e, in genere, al taglio. Insomma, “tenue” è ciò che è “malleabile”, come qualcosa che si adagi morbidamente e, a sua volta, ammorbidisca. Se sostituiamo il “qualcosa” con “qualcuno”, allora la tenerezza esprime il senso di partecipazione affettuosa, dolce e profonda, che si prova nei riguardi di altra persona o di una situazione per amore, affetto, com-passione. La tenerezza e la misericordia in ebraico vengono rese con lo stesso termine rachamim, ad intendere un sentimento prettamente materno, carico di sensibilità verso gli altri, soprattutto se “scartati”. In maniera riduttivistica, si è portati a pensare che la tenerezza sia solo delle donne e solo diretta ai più deboli. Papa Francesco, al contrario, ci ricorda che la tenerezza, proprio perché di tutti, è combattiva, è la virtù dei forti, dei… duri. «La tenerezza è passione tranquilla» (J. Joubert), non è solo un sentimento.
Proprio perché induriti dalle esperienze della vita e dalle difficoltà del vivere il quotidiano, gli uomini e le donne del nostro tempo fanno fatica a vivere la tenerezza negli ambienti di lavoro, nei condomini, nelle strade, nelle famiglie. Eppure: «sotto un cielo di ferro e di gesso l’uomo riesce ad amare lo stesso e ama davvero, senza nessuna certezza: che commozione, che tenerezza» (L. Dalla, Balla balla ballerino). Purtroppo, per alcuni la durezza nelle relazioni sembra essere l’unica strategia per la sopravvivenza. Forse è vero! Ma solo se si vuole, appunto, “sopravvivere”. Se invece si vuole “vivere”, bisogna esercitarsi a trasformare la durezza quasi innata in tenerezza, il sospetto in fiducia, la concorrenza in sana complicità. Esercizio difficile e possibile solo se si è disposti ad ascoltare il cuore e a coltivare emozioni. Ascoltare il cuore e coltivare emozioni trasforma il viso duro in viso che teneramente si muove, sorride e piange. Esercizio di tenerezza è anche il movimento di una mano che accarezza un’altra mano o un altro viso; il movimento che porta a fare il primo passo per favorire un incontro “compromesso”; il movimento del corpo che cerca il contatto con un altro corpo per proteggerlo, per amarlo; è il battito del cuore che cerca di andare “a tempo” con il cuore dell’altro . Senza alcuna pretesa, perché «La tenerezza è la forza di un amore umile» (F. Dostoevskij). Ciò che si impara esercitandosi a essere “teneri” non si dimentica; è come imparare a nuotare. Tanto da far dire a Pablo Neruda: «E saprò accarezzare i nuovi fiori, perché tu m’insegnasti la tenerezza».
(25.06.2017)