I migranti e i giovani in Sicilia
non sono reciprocamente nemici,
ma sono il popolo del futuro,
il popolo della speranza.
Mons. Corrado Lorefice
Arcivescovo Metropolita di Palermo
Palermo - Piazza Marina
15 luglio 2916
Discorso alla città dell'arcivescovo di Palermo
in occasione del 393° festino di S. Rosalia
Care Sorelle, Cari Fratelli,
siamo qui stasera, ancora una volta, nel nome di Rosalia, a celebrare quel che Lei significa per noi, per Palermo. Ma il nostro tradizionale convenire in questa Piazza non deve rappresentare una stanca abitudine, né tanto meno un vuoto rito. Siamo lieti di essere qui insieme perché ogni anno Rosalia, dall’alto della sua vita e del suo essere al cospetto di Dio, ci guarda, ci sprona, ci giudica e ci incoraggia. Potremmo dire che siamo invitati dalla nostra Santa Patrona di Palermo a guardare ogni anno la Città da un luogo elevato e ritirato. Perché chi vede le cose e le situazioni dall’alto le capisce meglio, in una maniera diversa, in un’ottica più panoramica. Certo, non si può vivere separati dalla terra, ma ogni tanto staccarsi è indispensabile, per non restare prigionieri della visione in orizzontale, per essere più lucidi.
Gettiamolo allora questo sguardo su Palermo, come se fosse lo sguardo di Rosalia dal suo eremo. Direi che Palermo e la Sicilia tutta, viste così, appaiono ai nostri occhi come una Città e una Regione bisognose di soccorso. Rosalia divenne il punto di riferimento unico della devozione popolare palermitana per il suo miracoloso intervento sulla peste. E non siamo lontani dal vero se in maniera obiettiva cogliamo anche nell’oggi della nostra storia la chiamata di una emergenza. E un bisogno di risoluzione decisiva, un bisogno di salvezza.
Le pesti, le grandi, dilaganti emergenze siciliane del nostro tempo si presentano stasera davanti ai nostri occhi. La prima, la più importante credo, è il rischio diffuso della mancanza di futuro. Care Sorelle, Cari Fratelli, sì, rischiamo di essere una Città e una Regione senza futuro, il futuro – ricordiamolo – di una storia gloriosa, perché la mancanza endemica di lavoro rischia non solo di gettare in una crisi irreversibile la nostra economia, ma soprattutto rischia di sottrarre la speranza di un domani ai nostri giovani. L’esodo dalla Sicilia sta diventando una necessità storica terribile, che priva la terra del suo nutrimento decisivo. E ad alimentare un territorio, una Città, sono i desideri, i progetti, la voglia di fare, le idee e le aspirazioni delle giovani generazioni che si avvicendano nel corso dei decenni e dei secoli. Senza la linfa ideale e rinnovata di questo ardore, senza il sapore di questo sogno, non c’è domani. Ma senza lavoro vero, dignitoso, costruttivo, teso a cambiare il mondo, non c’è domani.
E mentre si compie quest’esodo doloroso, Palermo e la Sicilia tutta sono il porto ideale di un altro esodo, di dimensioni planetarie, quello dei popoli del Sud del pianeta – dei nostri fratelli africani e del Medio Oriente – che giungono in Europa in cerca di rifugio e di opportunità di vita. Non dobbiamo nasconderci però dietro i luoghi comuni o le visioni distorte di molta politica. La molla ultima di questo esodo biblico, al di là di ogni consapevolezza di chi parte, è il desiderio di giustizia. Perché abbiamo costruito e stiamo costruendo un mondo senza giustizia, dove in maniera insopportabile i poveri impoveriscono e aumentano, mentre i ricchi si arricchiscono e sono sempre di meno. Un mondo in cui il Nord - gli Stati Uniti, l’Europa -, tutti i cosiddetti paesi sviluppati, possono sfruttare e depredare le ricchezze dei popoli del Sud – dell’Africa, dell’Asia – senza alcuno scrupolo e senza alcun ritegno. È da questo squilibrio che affama miliardi di persone, da questo ordine politico che accetta e fomenta la guerra e quindi la fuga disperata dei civili, è da questo modo di ordinare (o di disordinare) il mondo che viene l’esodo disperato di milioni di persone che in definitiva vengono a chiederci giustizia e diritti. E Palermo e la Sicilia rappresentano la meta privilegiata di questi viaggi, il porto ideale dell’Occidente.
Care Palermitane, Cari Palermitani, sarebbe un grave errore contrapporre i due esodi, quello dei nostri giovani e quello dei popoli del Sud. Chi ha una responsabilità politica ed è purtroppo miope e ignorante può farlo. Noi no. Noi no. Pensare che sia l’arrivo di tanti fratelli dal Sud del mondo a togliere il lavoro ai nostri giovani è una totale idiozia. Al contrario: l’esodo epocale dall’Africa attraverso il Mediterraneo è l’appello, e soprattutto l’opportunità che la storia ci offre, per ribaltare il perverso assetto del mondo e della sua economia; per creare nuove possibilità e nuove speranze proprio grazie all’accoglienza e all’integrazione dei tanti che giungono e che già oggi sono un polmone del lavoro e dello stato sociale in Italia. L’alleanza tra i due esodi, e non la contrapposizione, è il vero orizzonte che ci può consentire un passaggio nuovo. I migranti e i giovani in Sicilia non sono reciprocamente nemici, ma sono il popolo del futuro, il popolo della speranza.
E tutto questo è nelle nostre mani: quelle mani – e Rosalia ne è certamente felice – che in questi anni si sono spese nell’accoglienza, con la generosità siciliana, con la grandezza d’animo delle donne e degli uomini di Palermo. L’ho detto più volte e lo ripeto: qui lo ius soli c’è già, a dispetto delle beghe vergognose dei palazzi della politica in questi giorni. Qui chi arriva e tocca terra è già da subito palermitano. E questo è un atteggiamento bellissimo, che Palermo non deve perdere mai. Un atteggiamento fattivo che dobbiamo trasferire ed applicare a tutta la nostra storia, a tutte le nostre emergenze.
Dalla peste non si esce se non siamo noi a curare le ferite, a pulire le strade, a creare spazi nuovi, cammini condivisi prendendo le distanze dall’individualismo e da interessi personali o di gruppo. Voglio dire che sotto gli occhi di Rosalia, stasera, mettendoci dalla sua parte, noi dobbiamo dire a voce alta che il destino di Palermo e della Sicilia tutta è nelle nostre mani. Noi possiamo fare, noi possiamo cambiare le cose, senza aspettare che altri lo facciano per noi, senza sterili lamentele. Senza servilismi e sottomissioni. Rimanendo lucidi. Autenticamente liberi. Palermo ha una vocazione riconosciuta: essere città dei Giovani e Città della Cultura. Ad una chiamata si risponde con spirito di responsabile e creativa compartecipazione.
In questi giorni la nostra meravigliosa terra è funestata da una miriade di incendi devastanti, opera quasi sempre della mano dell’uomo; la nostra città da atti vandalici diretti a sfregiare la memoria di chi come Giovanni Falcone, nell’esercizio feriale e responsabile della professione, ha versato il sangue per la giustizia e la legalità. Ecco, c’è un atteggiamento di questo tipo, quello di chi si dà da fare per distruggere – la natura, l’ambiente, ma anche per distruggere gli altri, perché questa è la mafia, la mafia è la distruzione dell’altro, comunque lo vogliamo pensare – ecco c’è un atteggiamento distruttivo e in ultima analisi mafioso, che non rispetta niente e nessuno, che scommette e gode della distruzione, che pensa ‘sopra di me nessuno’ – tantomeno Dio! - ‘dopo di me il diluvio’.
Noi stasera, se siamo il popolo di Rosalia dobbiamo dirci e prometterci che non saremo così, che non possiamo essere così, se siamo figli, se intendiamo essere figli della nostra Patrona. Siamo qui per assumere con gioia la nostra responsabilità di palermitani, per dire a Rosalia che sin da domani faremo di tutto, tutto quello che è nelle possibilità di ognuno di noi, per rendere la Sicilia una terra di speranza e di futuro. Una terra dove i poveri sono aiutati, gli anziani sostenuti, i giovani agevolati, quelli che hanno un disagio o un handicap presi per mano, dove chi arriva da lontano lavora accanto a chi qui c’è da sempre per fare un cosa nuova, perché il Regno di Dio è una cosa nuova.
Come ci ricorda Isaia, infatti, il Regno di Dio è un monte – pensiamo e guardiamo stasera al nostro monte Pellegrino – un monte in cui tutti i popoli si riuniscono nella letizia per fare festa assieme, un monte in cui non c’è più sopruso, violenza e rapina, in cui non c’è guerra, non ci sono conflitti fratricidi, ma si sta gli uni accanto agli altri a celebrare la gioia dell’incontro. Usciamo stasera dai nostri egoismi, dai nostri cinismi, e sogniamo con Rosalia il Regno di Dio tra di noi, una Sicilia diversa, una Palermo nuova, che è alla nostra portata, che è nelle nostre mani.
Così pensavano già molti secoli fa i Padri della Chiesa, così pensava san Basilio, che diceva ai suoi cristiani che erano loro le mani di Dio, che ad operare nella storia era Dio per mezzo di loro. Basilio voleva dire ai suoi che la fede dei cristiani non è la passiva attesa di un miracolo, ma l’impegno umile, quotidiano, liberante, per fare un mondo nuovo. Lo dicevano, e soprattutto lo facevano, Paolo Borsellino e don Giuseppe Puglisi.
Lo continuano a fare nel silenzio feriale tante palermitane e tanti palermitani onesti e liberi!
Stasera Rosalia ci unisce sotto questo segno, sotto questo vessillo ideale. E noi ci sentiamo tutti, senza distinzione di condizione sociale, di pelle, di religione, di cultura, un popolo che cammina verso il monte di Dio, un popolo che insieme vuole costruire un mondo di accoglienza, di giustizia e di pace. Ce lo conceda Dio Padre per l’intercessione di Rosalia, santa della purezza di cuore e del coraggio!
Viva Palermo e Santa Rosalia!
+ Mons. Corrado Lorefice
Arcivescovo Metropolita di Palermo
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