17ª Domenica del Tempo Ordinario anno C
28 luglio 2013
omelia di don Angelo Casati
Gen 18, 20-21. 23-32
Sal 137
Col 2, 12-14
Lc 11, 1-13
E così, lungo la strada, dopo aver loro insegnato a provare tenerezza come il Samaritano, dopo aver loro insegnato a scegliere la parte buona che è: stare in ascolto, come Maria di Betania, quel giorno insegnò loro a pregare.
E la domanda del discepolo era stata esplicita:
"Signore, insegnaci a pregare…".
Forse erano stati affascinati, conquistati da quel suo pregare, in silenzio. Forse il volto si era fatto luminoso come quello di Mosè nella montagna. E nessuno ardiva interromperlo.
Ma poi osarono: ogni "rabbi" aveva un suo insegnamento sulla preghiera; anche Giovanni aveva insegnato ai suoi discepoli a pregare.
"Signore, insegnaci a pregare…".
Insegnalo a noi. A noi che oggi abbiamo -così si dice- troppe cose da fare.
Narra un'antica storia:
"Quando il maestro invitò il governatore a praticare la meditazione -e questi spiegò che aveva troppo da fare- il maestro rispose: "Lei mi fa venire in mente un uomo che entra nella giungla con gli occhi bendati ed è troppo occupato per togliersi la benda". E quando il governatore addusse come scusa la mancanza di tempo, il maestro replicò: "È un errore pensare che la meditazione non può avvenire per mancanza di tempo. Il vero motivo è l'agitazione mentale"" (A. Mello, La preghiera della rana).
Insegnaci, Signore, a pregare.
E Gesù aprì e chiuse il suo insegnamento sulla preghiera con una parola carica di evocazione: "Padre", "Abbà", la parola con cui tu chiami Dio.
Dicono gli esegeti che "nella moltitudine delle preghiere giudaiche non si trova un solo esempio, non uno, di vocativo "abbà" riferito a Dio" (J. Jeremias).
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omelia di don Angelo nella 17ª Domenica del Tempo Ordinario