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giovedì 16 aprile 2015

Immigrazione: nuovi arrivi, tante vite salvate, ma ancora vittime... per i superstiti quale futuro?

Negli ultimi cinque giorni sono state salvate nel Mediterraneo 10mila persone, cifra tonda. Donne, bambini, uomini. Disperati in fuga da guerre, dittature e miseria che – forse mai come in questi ultimi tre anni – stanno opprimendo e uccidendo nel Vicino Oriente e nell’Africa Subsahariana, dal Sahel al Corno orientale passando per il caos libico, dove il "traffico di morte" di profughi e migranti arricchisce le milizie. Sono stati tratti in salvo dall’insicurezza mortale di decine di barconi e gommoni fatiscenti messi in acqua da trafficanti privi di scrupoli. Merito principalmente di navi militari italiani, oggi le navi di "Triton" (l’operazione di pattugliamento europea), e di diversi mercantili. Comandanti ed equipaggi non si sono chiesti a quante miglia fossero quegli esseri umani dal confine italiano ed europeo che corre sull’acqua, hanno semplicemente obbedito alla legge del mare.
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Nel cortile di casa nostra si accodarono a quelle tesi, persino sopravanzandole, politici che con abilità e cinismo, in tv e/o sui social media, spalleggiati da mass media allarmisti o compiacenti, presero a diffondere menzogne sull’immigrazione raccontando un’«invasione» che non c’è per coagulare consensi elettorali. Il risultato è che ancora oggi il peso dell’accoglienza grava principalmente sulle Regioni del Sud, mentre governanti di quelle più ricche del Nord, a partire dalla Lombardia, dichiarano di volersi smarcare tradendo il proprio Dna solidale. E si tratta di quegli stessi politici che, ieri, non sono stati capaci di accordarsi in Parlamento neppure sull’istituzione di una giornata in memoria delle vittime dei trafficanti di morte.

Populisti che trovano terreno fertile. Secondo il rapporto Ipsos Mori, il Belpaese vanta infatti il primato dell’ignoranza in termini di immigrazione nei 34 Paesi dell’Ocse. Occorre sul tema un mea culpa del sistema dell’informazione, anche se il cuore degli italiani è capace di risvegliarsi autonomamente e con generosità quando intuisce la vera sofferenza e la disperazione.

Ma soprattutto serve un esame di coscienza dei mentitori e dei populisti nostrani, che abbiamo rivisto e risentito in questi giorni di preludio alla campagna elettorale. A loro è lecito chiedere uno sforzo di sincerità, ammettano che non è stata "colpa" di "Mare Nostrum" se sono arrivate decine di migliaia di persone. Diversamente, sulla loro coscienza ricadrebbero i 400 morti, tra cui molti bambini secondo i testimoni, dell’ultimo, maledetto barcone ribaltatosi al largo della Libia. Perché, come ha detto l’Alto commissario delle Nazioni unite Guterres, se ci fosse ancora stato il dispositivo di "Mare nostrum" a operare nel Mediterraneo, questo dramma non sarebbe accaduto.
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Secondo le testimonianze raccolte nelle ultime ore tra i 150 supersiti sbarcati a Reggio Calabria, tra cui alcuni minori, sarebbero circa 400 le vittime di un naufragio avvenuto a 24 ore dalla partenza dalla costa libica. Tra le vittime ci sarebbero anche “molti ragazzi giovani, probabilmente minori”.
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Il massiccio flusso migratorio che in questi giorni ha raggiunto le coste del Sud Italia è seguito con la massima attenzione da parte della Chiesa Italiana, come sempre in prima linea sul fronte dell’accoglienza. Ma sono tante le resistenze espresse dalle amministrazioni locali, che affermano di non poter fare ulteriori sforzi per accogliere i migranti. Marco Guerra ha raccolto il commento del cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione per le migrazioni della CEI e della Fondazione Migrantes:
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La Sicilia è la regione che ospita più immigrati e quindi siamo i primi in classifica. Pur avendo i nostri problemi, siamo quelli che accogliamo. E’ chiaro che la gente non batte le mani, davanti a certe situazioni chiede soluzioni possibili. Che alcuni amministratori vogliano chiudere, non vogliano permettere che questa gente sia ospitata… Io non so che concetto abbiano della storia queste persone. Come possiamo pretendere di chiudere porte, finestre e dire: “Andate via”? Questo è andare contro la storia e quindi farci male. O davvero apriamo gli occhi e prendiamo atto che siamo di fronte a un fatto nuovo – anche se ormai è diventato vecchio, non è più un’emergenza – e allora bisogna strutturarsi per affrontare questa realtà. Ma credo che dire “no” sia proprio il modo più sbagliato per risolvere il problema.
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... Per quanto riguarda l’accoglienza, in Italia si registrano profonde differenze tra le varie realtà territoriali: “L’affermazione dell’Onu di attenzione alla realtà italiana, di come sta affrontando l’accoglienza dei richiedenti asilo, non deve far venire meno e indebolire, o rendere discrezionale, in tutte le regioni italiane e in tutti i Comuni italiani l’attenzione alla tutela dei richiedenti asilo. Noi abbiamo delle situazioni in cui alcune regioni, come il Molise, accolgono cinque volte di più che non per esempio il Veneto. E’ molto importante che, effettivamente, attorno al tema della richiesta d’asilo, che è un diritto fondamentale, si ripensi anche al nostro welfare, al welfare delle nostre regioni: questa tutela sia strutturale al nostro sistema sociale, al nostro sistema di welfare, e non sia discrezionale come purtroppo sta avvenendo su basi, su ragioni tante volte politiche o ideologiche in alcune regioni e in alcuni Comuni”
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Il peso dell’emergenza senza fine mette a dura prova enti locali e prefetture e la politica perde l’ennesima occasione per fare fronte comune di fronte al silenzio dell’Europa. Fra le più coinvolte nel tentativo di spalmare sul territorio gli immigrati in arrivo, il Piemonte che ne dovrebbe accogliere circa 700: «Dopo l’incontro con il ministro Alfano - dice il presidente della Regione Sergio Chiamparino - ci siamo impegnati a fare fronte a questa vera e propria emergenza umanitaria, con l’obiettivo di non lasciare sole le regioni rivierasche del Sud». Ma la risposta, avverte, «presuppone una reale collaborazione tra Stato, Regioni ed enti locali». Nella consapevolezza che «il problema ha un’ampiezza tale da imporre un’urgente presa in carico a livello europeo». E anche la Basilicata si dice disponibile «a raddoppiare, al termine di un percorso programmato con Ministero, Prefetture e Comuni, il numero dei migranti ora ospiti sul suo territorio», passando da mille a duemila persone, assicura il presidente della Basilicata Marcello Pittella, anche lui del Pd. 
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Ma le Regioni a guida Lega non ne vogliono sapere. Luca Zaia, nel pieno della campagna elettorale, aveva quantificato la sua disponibilità in «zero posti». E si associa subito il presidente della Lombardia Roberto Maroni. «Non ci stiamo a subire questa invasione, quindi zero posti anche in Lombardia - avverte - finché continuerà questo atteggiamento irresponsabile da parte del governo».
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