La storia di Raffaele Santoro, poliziotto della compagnia di Casapesenna, fortuitamente intrecciatasi con quella della piccola Emanuela, la bimba abbandonata lo scorso sabato, nei pressi di un bidone della spazzatura a Villa Literno, propone due stralci d’umanità profondamente diversi, due modi di percepire lo status di genitore ubicati ai poli estremi.
Due realtà opposte e contrapposte che vivono nell’ordinario esondare dei nostri giorni e che poco o nulla hanno in comune. Eppure, in questo caso, attraverso quell’embrionale ed indifeso vagito di vita, si sono susseguiti, passandosi, involontariamente, il testimone, consegnando all’opinione pubblica due profili agli antipodi e che tanto raccontano della nostra società.
Una madre che frettolosamente abbandona la sua bambina, infagottata in una busta per la spesa; un poliziotto che soccorre quel batuffolo di donna, praticandole manovre respiratorie per cercare di rianimarla prima dell’arrivo dei soccorsi, rimanendo completamente travolto dalla dolcezza della piccola Emanuela.
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Sognano di portare a casa Emanuela, la neonata trovata sabato scorso sul ciglio di una strada a Villa Literno, come se fosse una loro figlia: Raffaele Santoro non nasconde il desiderio che condivide con la moglie Francesca e con Aldo, otto anni, ed è già pronto ad avviare la pratica per l’adozione.
«Quando l’ho vista è stato bellissimo, è come se l’avesse partorita mia moglie. Per noi è un dono di Dio» dice. Raffaele Santoro è il poliziotto del posto fisso di Casapesenna, in provincia di Caserta, che la mattina di sabato è giunto davanti al bar Classico, sulla provinciale che collega Villa Literno e Castel Volturno, e che ha soccorso la piccola praticandole il massaggio cardiaco, salvandole la vita. «Ho pensato subito che era mio figlio morto che mi stava aiutando – racconta –. Quando con la volante siamo arrivati sul posto la bambina era cianotica. Aveva in gola ancora il liquido amniotico. Ho iniziato subito a farle il massaggio cardiaco finché non ha ripreso a respirare. Lo facevo sempre a Nicola, quando era in preda a crisi respiratorie». Nicola è il suo primo figlio, morto tre anni fa, a dieci anni, per una rara malattia. «A casa c’è un vuoto incolmabile – confida Santoro – l’altro mio figlio appena ha sentito la storia di Emanuela mi ha detto: "papà devi portarla a casa"».
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