Un duplice auspicio affinché la comunità internazionale «non volga lo sguardo dall’altra parte» e «non assista muta e inerte di fronte» all’«inaccettabile crimine» delle persecuzioni dei cristiani è stato espresso da Papa Francesco nel lunedì dell’angelo, quasi a voler riassumere quella che è stata la sua preoccupazione costante durante le celebrazioni pasquali. Al Regina caeli recitato con i fedeli presenti in piazza San Pietro la mattina del 6 aprile, il Pontefice è infatti tornato a chiedere «difesa e protezione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani». Del resto essi sono «i nostri martiri di oggi» e la loro persecuzione «costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari».
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“Il mondo propone di imporsi a tutti i costi, di competere, di farsi valere… Ma i cristiani, per la grazia di Cristo morto e risorto, sono igermogli di un’altra umanità, nella quale cerchiamo di vivere al servizio gli uni degli altri, di non essere arroganti ma disponibili e rispettosi. Questa non è debolezza, ma vera forza! Chi porta dentro di sé la forza di Dio, il suo amore e la sua giustizia, non ha bisogno di usare violenza, ma parla e agisce con la forza della verità, della bellezza e dell’amore” (Messaggio pasquale, 5 aprile 2015). All’indomani della Pasqua le parole di Francesco fotografano la condizione di un mondo che ha assistito attonito alla tragedia del campus universitario di Garissa con il martirio di 148 giovani cristiani. L’appello del Papa non incita allo “scontro di civiltà” e neanche si adegua al mutismo e al linguaggio felpato delle diplomazie internazionali. Chiama per nome le cose senza incitare alla “guerra santa”, magari travestita da inconfessati interessi occidentali. Emerge così quella “differenza” del cristianesimo che è la via migliore di tutte e che probabilmente, a lungo andare, non può lasciare indifferente il nostro mondo, per quanto distratto e annoiato.
Ritrovare in mezzo alla barbarie di questi giorni la consapevolezza e l’orgoglio dell’identità cristiana, vuol dire riprendere l’iniziativa e stare al mondo senza rinunciare al proprio contributo di verità, di amore e di bellezza.
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... Mi chiedo dove sia la Sinistra, con la S maiuscola, quell'ampio schieramento sociale che è tale perché ha una storia e dei principi, perché è fuori dalle gabbie e dalle beghe delle quotidianità, che ama se stesso perché ama il suo senso della giustizia. Dov'è in questo momento di fronte al più terribile dei crimini perpetrati oggi contro i deboli?
Parlo, si, delle stragi di cristiani che bagnano di sangue tante terre del mondo. Perché non ricevo appelli da firmare ( eppure me ne inviano di ogni tipo)? Perché nessuno promuove non dico una manifestazione ma un sit-in, o una qualunque riunione? Non all'uditorium, non all'Ambra Jovinelli, ma nemmeno in un padiglione qualunque di periferia, o in una piazza storica occupata dalla Cgil o dalla Fiom. Nulla. Non sento slogan, non arrivano documenti, né appelli, né proposte di sottoscrizione.
Non se ne parla nei talk show, non parliamo dei talent o di Amici . La Tv è altrove, lo sappiamo, soprattutto noi che ci lavoriamo. Ma nemmeno c'è la fila, qui, dentro questo ufficio dell' HuffPost, di giovani e ambiziosi giornalisti che vogliono " dare voce", come si ama dire, a questi nuovi deboli e indifesi.
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Sono però una giornalista e credo di riuscire ancora a capire cosa è una notizia. E la notizia di questi giorni è la solitudine in cui è stato lasciato proprio questo popolarissimo Papa, da mesi voce unica nel denunciare le stragi dei fedeli e oggi unico capo di stato a puntare il dito contro l'immobilismo delle Nazioni Occidentali su questi eccidi. L'esatto contrario di Charlie Hebdo, insomma.
Le ragioni di tanto silenzio e imbarazzo degli Stati Occidentali si conoscono molto bene. Le si può leggere in filigrana nelle stesse spiegazioni che il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, ha fornito all'intervento di Papa Francesco. "L'appello del Papa non incita allo 'scontro di civiltà' " si è sentito in obbligo di spiegare Galantino. E ha persino chiarito l'ovvio, cioè che Francesco non intende incitare alla "guerra santa".
Questo è il punto su cui si paralizza tutto: la paura che la difesa dei cristiani significhi accendere altre mine nel già duro scontro, significhi dare via libera a una controreazione, significhi infine legittimare tutta quella destra che già ora in Occidente per propri interessi politici soffia sul fuoco del razzismo e dello scontro di civiltà.
Ma se ben sappiamo che il rispetto dei diritti umani è in genere la prima vittima sacrificale delle ragioni di Stato, possiamo anche noi cittadini, noi opinione pubblica, accodarci a questi timori e a questi opportunismi? ...
... Il solo che faccia un discorso forte di pace e di fratellanza è il nostro incredibile papa Francesco. L’uomo che porge la mano ai capi di altre religioni, l’uomo che predica la tenerezza e l’accoglienza. L’unico che abbia capito il linguaggio giusto in questo momento di pubblici e privati conflitti. È molto difficile combattere contro chi insegue il martirio come bene supremo. «Anche i martiri cristiani cercavano la morte, come testimonianza di fede», dice qualcuno. Ma non hanno mai pensato di adoperare il proprio sacrificio per uccidere piu persone possibili, meglio se innocenti, meglio se vicini per lingua e abitudini. L’idea del suicidio-omicidio è una perversione religiosa, in cui tantissimi musulmani non si riconoscono per niente. E noi dovremmo fare alleanza con costoro, anziché indicarli come un unico universo ostile e minaccioso a cui fare la guerra...
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