I germi dell’antisemitismo
di Enzo Bianchi
Pubblicato su La Repubblica - 26 giugno 2023
L’uscita del film Rapito, che narra la vicenda del rapimento del bambino ebreo battezzato e, per volontà di papa Pio IX, non restituito alla famiglia ebrea, ha riacceso il dibattito sull’antigiudaismo cristiano, filone di pensiero che – questo dovrebbe essere riconosciuto da tutti – ha contribuito alla nascita e alla propulsione dell’antisemitismo già presente fin dall’Impero Romano.
Negli stessi giorni i vescovi francesi, che su questo tema scandaloso hanno sempre mostrato una profonda e perseverante attenzione, pubblicando un ampio contributo in forma di manuale che porta come titolo: Decostruire l’antigiudaismo cristiano, hanno reso noto che, nonostante la svolta del concilio Vaticano II nel rapporto con gli ebrei, permangono ancora qua e là sacche di resistenza, con i conseguenti atteggiamenti antigiudaici.
È vero che ultimamente sono meno frequenti a livello pubblico gesti che instillano disprezzo o invitano alla violenza verso gli ebrei, ma nel quotidiano pensare, atteggiarsi e comunicare è facile riscontrare atteggiamenti di antigiudaismo in tutta Europa.
So bene che l’antisemitismo ha lasciato il segno anche nelle Scritture, in particolare nel Nuovo Testamento, nato nel contesto di tensioni e discordie all’interno di un giudaismo plurale, diviso. Ma da decenni i cristiani, grazie a una lettura globale della Scrittura, hanno accantonato la rottura marcionita tra “Scritture di Israele” e “Scritture della chiesa” e con gli strumenti storico-critici a loro disposizione hanno considerato le polemiche attestate nel Nuovo Testamento come apologetiche tardive e non sempre così accanite e spietate come potrebbero apparire.
Già dal Concilio in poi l’assassinio di Gesù di Nazaret non è più stato imputato ai giudei, la maggior parte dei quali non è venuta a conoscenza di quel processo, ma ad alcuni capi, al potere religioso dei sacerdoti in concordato con l’autorità dell’Impero Romano e il suo procuratore, Pilato.
Perciò dire ancora che il popolo ebreo è deicida è fuori da ogni comprensione teologica della chiesa. Per questo il volume si attarda nell’analizzare e definire cosa è l’antigiudaismo teologico, cosa è l’antisemitismo, ideologia folle che ha attraversato i secoli fino a noi. Ma cerca anche di segnalare nell’oggi, soprattutto nell’orizzonte europeo, i germi di un nuovo antisemitismo.
Ma a cosa mira dunque il documento dei vescovi? Proprio perché messo a punto nell’anno in cui due attentati per mano musulmana hanno fortemente scosso la Francia e nel tempo in cui sono stati uccisi alcuni preti e devastate delle chiese sempre per mano musulmana, l’intento è di fare un primo passo di dialogo e di impegno tra cattolici ed ebrei per un cammino verso una vera fraternità dei popoli. Questa la posizione della chiesa cattolica, anche se atteggiamenti antigiudaici sono presenti e sempre eloquenti in alcune sue frange più o meno dissidenti, come quella dei tradizionalisti, che rigettano proprio il documento conciliare Nostra aetate. In Italia, va detto con chiarezza, l’antigiudaismo è poco attestato, ma c’è un antisionismo, cioè un’opposizione a Israele, stato mediorientale, che si riveste sovente di antigiudaismo e anche di antisemitismo.
Più che mai occorre vigilare perché tra questi fratelli gemelli, gli ebrei e i cristiani, nati entrambi e nello stesso tempo dall’Antico Testamento, ci sia pace e riconciliazione, perché un cristiano sa che l’Antico Testamento si è realizzato ma non compiuto, che l’alleanza nuova stretta tra Dio e i cristiani sta nell’alleanza eterna stretta tra Dio e Israele, che la riconciliazione di Israele sarà la resurrezione dai morti.
(Fonte: sito dell'autore)