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mercoledì 24 giugno 2020

“Sulla soglia della coscienza” di Adrien Candiard - Recensione di Aldo Pintor

“Sulla soglia della coscienza”
di Adrien Candiard

Recensione di Aldo Pintor

Non è facile spiegare la fede cristiana. Infatti Cristo non ci ha insegnato un semplice e sterile elenco di norme consistenti in obblighi e divieti ma ci ha annunciato qualcosa di più profondo che conduce alla libertà. Il suo annuncio infatti coinvolge quella parte di noi situata nel profondo che è difficile spiegare con le parole. Ma il verbo di Cristo è quello che ci spinge ad agire in favore di qualcosa di più grande e ci spinge a ignorare il nostro piccolo “particulare” per dirla con Francesco Guicciardini. Nonostante non sia facile raccontare quest'esperienza religiosa capita di imbattersi in libri che con rara chiarezza ci fanno penetrare nel mistero della nostra fede che è capace di liberarci da ogni moralismo. Tra queste opere voglio suggerire la lettura di “Sulla soglia della coscienza”. Un libro agevole scritto da Adrien Candiard, giovane frate domenicano (nato nel 1984), che da anni risiede al Cairo in costante e proficuo confronto con l'Islam.

Questa breve pubblicazione prende in esame la “Epistola dell'apostolo Paolo a Filemone”, lo scritto più breve di tutta la Bibbia, che racconta di uno schiavo di nome Onesimo, appartenente appunto a quel Filemone destinatario della lettera. Onesimo fa visita a Paolo mentre questi era in carcere, dopo essere fuggito dal suo padrone. Insomma uno schiavo fuggitivo va a trovare un carcerato, una situazione già di per sé paradossale. Ciò che ha sempre suscitato perplessità nei moderni commenti a questo scritto neotestamentario è che alla fine della visita Paolo ha rimandato Onesimo a Filemone esortandolo ad accoglierlo non più come schiavo ma come fratello carissimo. Filemone avrebbe dovuto trattare Onesimo come se fosse lo stesso Paolo. Non vi è nessuna contestazione della schiavitù come istituzione e questo ci sconcerta, ma Paolo fa una richiesta di libertà e di accoglienza amorevole per un fratello che come fratello non può essere schiavo. E questa prospettiva sconvolge qualunque visione ideologica umana. Onesimo è uno schiavo da liberare ma Filemone deve essere convertito alla fraternità degli uomini. E una volta avvenuta questa conversione, Filomene non riterrà più opportuno avere schiavi ma solo fratelli e amici. Questo percorso di liberazione più profonda in questo libro viene riassunta con cinque punti: La responsabilità di liberarsi dall'egolatria, libertà basata sull'amicizia, castità, dono e fraternità. Quest'ultimo punto Adrien Candiard lo descrive con queste parole sublimi: Essere fratelli è non avere mai chiuso con l'altro. Io sono fratello di qualcuno perché non possiamo fare come se non esistessimo l'uno per l'altro. Fraternità è che qualcuno sappia che io esisto e che lo sappia in modo tale da scalfire la mia solitudine. In questo libro inoltre viene spiegato bene il concetto di castità. Casto significa che si rifiuta l'incesto (in - castus) ossia il voler possedere l'altro fino ad annullarne l'alterità. In parole povere essere casti significa non trattare l'altro come se fosse un oggetto da usare. Infatti questo annullamento e cosificazione del nostro fratello in umanità è mortifero. Mentre invece il vero significato della parola castità è rispettare la libertà dell'altro affinché nella relazione con lui questi possa pienamente essere accettato come se stesso. Questa libertà è evocata magistralmente nel capolavoro di Fëdor Dostoevskij “I fratelli Karamazov” quando narra la leggenda del Grande Inquisitore. Esattamente nel punto dove il Grande Inquisitore interrogando Gesù tornato sulla terra nella Spagna del 1600 dice “Non c'è nulla di più ammaliante della libertà e nello stesso tempo non c'è nulla di più tormentoso”. Così Il Grande Inquisitore farà bruciare Gesù perché avendo questi accresciuto la libertà dell'uomo ne ha aumentato la sofferenza. La libertà infatti è ancora oggi un concetto faticoso da comprendere e Cristo l'ha donata a noi per amore senza chiederci altro che di essere noi stessi. Questa conquista difficile della libertà ritorna in vari scritti biblici. Nel libro dell'Esodo il popolo di Israele, liberato dalla schiavitù dell'Egitto, spesso ha avuto la tentazione di tornare schiavo viste le difficoltà di attraversare il deserto. La libertà, quella vera non è scontata ma va conquistata.