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lunedì 29 luglio 2019

RESTIAMO UMANI Diciamo tutti NO ad ogni forma di odio e di razzismo!!!

RESTIAMO UMANI
Diciamo tutti NO ad ogni forma di odio e di razzismo!!!



Dalla bacheca facebooke di Matteo Salvini
Le parole del ministro Salvini erano giunte, come al solito, “misurate” nei toni e nei modi. Come una persona qualunque che chiacchiera al bar, il titolare del Viminale, cioè del dicastero che dovrebbe provvedere alla sicurezza dei cittadini, appena giunta la notizia dell’uccisione del vice brigadiere a opera – si diceva – di due nordafricani - aveva subito twittato: «Caccia all’uomo a Roma, per fermare il bastardo che stanotte ha ucciso un Carabiniere a coltellate. Sono sicuro che lo prenderanno, e che pagherà fino in fondo la sua violenza:lavori forzati in carcere finché campa». Sotto una valanga di odio: dal «Maledetto. Ancora c’è gente che dice di farli entrare nel nostro paese», all’«ammazzatelo subito», al «rimpatrio a nuoto», all’«ancora parlano di integrazione». Non era stata da meno Giorgia Meloni che aveva parlato del carabiniere «ammazzato da 2 animali, probabilmente magrebini, ancora latitanti» e aveva espresso la sua «tanta rabbia e profonda tristezza, l’Italia non può più essere il punto di appordo di queste bestie».

Il «dagli agli immigrati» era immediatamente partito nonostante il colore bianco della pelle degli aggressori. Perché ormai in Italia sono loro il capro espiatorio di qualunque cosa non vada. ...



Forse qualcuno dei nostri concittadini dovrebbe leggersela, la biografia di Mario Cerciello Rega, il carabiniere ammazzato l’altro ieri sera a Roma (pare) da due americani, uno dei quali reo confesso, (pare) per il sequestro di una borsa piena di cocaina. Un ragazzo di 35 anni, appena sposato, che oltre a far rispettare la legge, ogni martedì sera si dedicava ai senza fissa dimora che vivono nei pressi della Stazione Termini. Un buonista, l’avrebbe definito in vita chi ieri ha fatto finta di piangerlo, convinto che prima o poi gli assassini nordafricani sarebbero spuntati davvero. Che la tragedia umana di una famiglia appena nata e già distrutta, sarebbe stata l’ennesima occasione per scatenare un pogrom verbale sui social network, per aizzare l’odio sociale nei confronti dello straniero, per far fare ancora mezzo giro di vite alla compressione delle nostre libertà individuali.

Non è successo, ma c’è poco da esserne felici. Perché il colore della pelle dei suoi assassini non fa certo tornare in vita Mario Cerciello Rega, né cancella l’efferatezza del gesto, in un Paese che deve piangere il secondo carabiniere ucciso nel giro di pochi mesi, dopo Vincenzo Carlo di Gennaro, ammazzato in pieno centro a Foggia a Cagnano Varano lo scorso 13 aprile. E forse di questo bisognerebbe parlare, anziché di “lavori forzati in carcere finché campa” (Salvini) e di “carcere a casa loro” (Di Maio), che per una volta è riuscito a superare in pregiudizi e razzismo persino il suo finora inarrivabile collega ...
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E invece no. La mannaia anti-buonista si abbatte sulla morte di Mario Cerciello Rega e cala anche questa volta contro gli ultimi, quelli che lo stesso carabiniere aiutava, come se la questione della sua morte si risolvesse ancora una volta con la chiusura dei confini e dei porti, fomentando ulteriormente l’odio di chi sui social già esultava alla morte di 150 persone nel Mediterraneo - con le foto dei figli sull’immagine del profilo, accompagnata dallo slogan “verità per Bibbiano” - definendole mangime per i pesci, come uno sprezzo che, stavolta, davvero non ha niente di diverso rispetto a quello dei nazisti verso gli ebrei.

E in fondo, in questa paradossale triangolazione di eventi, si legge in controluce quella che è l’Italia di oggi. Un Paese incapace di esaltare e celebrare come dovrebbe la bontà d’animo, di prenderla ad esempio, nemmeno quando si accompagna al vissuto di una morte che fa notizia. Un Paese bisognoso ogni volta del capro espiatorio perfetto per appagare il suo gigantesco bisogno di remissione dei peccati, come se la morte di un carabiniere per mano di due nordafricani, anziché di due nordamericani, cancellasse le responsabilità di un ministro, o di una sindaca. Un Paese in cui assurge a polemica del giorno la richiesta di togliere la scorta a Saviano - che finisca ammazzato pure lui come Mario Cerciello Rega? - solo perché chiede di non strumentalizzare la tragedia, quando ancora si pensava che i colpevoli fossero nordafricani. Un Paese che non nasconde più il suo odio razziale, ma lo ostenta e lo abbevera in ogni possibile occasione, sia quando viene ammazzato un carabiniere - “Sono stati due nordaricani, due risorse, come direbbe Laura Boldrini”, ha commentato a cadavere ancora caldo Mario Giordano, maitre a penser del salvinismo -, sia quando centocinquanta esseri umani muoiono in mezzo al Mediterraneo. Un Paese che mastica e sputa indignazione a ciclo continuo, senza alcuna coerenza. Se non quella, per l’appunto, dell’odio nei confronti degli stranieri e di chi li aiuta. Anche quando è un carabiniere morto ammazzato sulle strade di Roma.

Quattro aggressioni negli ultimi 10 giorni a Foggia, 9 i ragazzi feriti mentre andavano nei campi L’allarme: «Regia comune». E cresce la paura: «Ci inseguono anche con le auto, vogliono investirci»

«Erano le 4 di mattina e stavo andando al lavoro in bicicletta coi miei quattro amici. Ho solo visto un’auto che veniva verso di me e un sasso che mi arrivava addosso. Mi ha colpito sull’occhio e sono caduto contro un altro ragazzo. Avevo paura di essere investito. Poi sono svenuto e non ricordo più nulla. Era buio e non ho visto quanti erano su quella macchina». È il racconto di Kemo Fatty, 22 anni del Gambia, il ragazzo ferito il 23 luglio alla periferia di Foggia.

Drammatici fatti di cronaca, anche di questi giorni, scatenano spesso, per non dire sempre, vere e proprie tempeste di odio razziale (nei confronti degli immigrati oppure dei rom), per non dire, poi, di quelle contro la comunità LGBT. Ma come nasce l’odio on line? Ne parliamo, in questa intervista, con Stefano Pasta. Pasta, giornalista professionista, è ricercatore al Centro di Ricerca sull’Educazione ai media dell’Informazione e alla Tecnologia (CREMIT - www.cremit.it) dell’Università Cattolica, diretto da Pier Cesare Rivoltella (che firma la prefazione) ed è autore del libro: Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell'odio online, Scholé-Morcelliana, 2018. Prefazione di Pier Cesare Rivoltella - Postfazione di Milena Santerini 

Stefano Pasta, il tuo libro è una documentatissima ricerca sui "nuovi" razzismi 2.0. L'ambiente digitale fa assumere al fenomeno caratteristiche specifiche. Quali sono? 
Il titolo, Razzismi 2.0, è al plurale: le manifestazioni e le intenzionalità di chi agisce l’odio sono diverse. Durante la ricerca raccontata nel libro, ho chattato con ragazzi con un’adesione ideologica strutturata e con altri – molti di più – che ripetevano “mi stai prendendo troppo sul serio”, “ho fatto solo una battuta”. Ma la posta in gioco è seria: sono giovani che inneggiano alla Shoah, invocano le bottiglie incendiarie contro il centro profughi vicino a casa, insultano il tifoso della squadra avversaria commentano usando “ebreo” come parolaccia, minacciano di stuprare una coetanea che non la pensa come loro. Nel testo propongo una classificazione delle diverse forme di razzismo: a ciascuna corrispondono risposte educative differenti. 
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Tu sei un pedagogista. Quali possono essere i percorsi di contrasto al razzismo 2.0? 
Provo a raccontarlo nella seconda parte del libro. Educare alla responsabilità nel Web, valutando la conseguenza delle nostre azioni. Anche dei nostri silenzi: gli studi sui genocidi ci dicono come, per l’affermazione del Male, sia funzionale la cosiddetta “zona grigia” e l’indifferenza di chi accetta senza agire. Occorre spingere gli spettatori ad assumere il ruolo di soccorritori, processo che può essere facilitato proprio dalla cultura partecipativa della Rete. Nella mia ricerca cercavo i razzismi ma ho incontrato, senza cercarli, tanti giovani disponibili ad attivarsi a favore di un Web dell’inclusione e non dell’esclusione: si tratta di un “capitale antirazzista” che non va sprecato, ma promosso e suscitato. Nel libro descrivo alcune proposte in questa direzione, oltre a censire una serie di campagne, app e progetti efficaci dall’Italia all’Australia. Uno strumento utile, rivolto ai vari ordini di scuole, è il Curriculum di Educazione Civica Digitale, emanato dal Ministero dell’Istruzione nel gennaio 2018. Due sono le parole chiave, senso critico e responsabilità, che vengono declinate nelle diverse aree, dall’educazione ai media alla creatività digitale, dall’educazione all’informazione al calcolo computazionale. ...