PRIMA GLI ESSERI UMANI
Poveri di tutto il mondo, unitevi!
La miseria materiale si accompagna sempre più spesso a solitudine e emarginazione. Per combatterla occorre solidarietà tra chi sta in basso
DI ABOUBAKAR SOUMAHORO
Nel corso degli ultimi anni, la letteratura accademica ha trattato approfonditamente il tema della povertà materiale declinandolo in povertà assoluta o estrema, che fa riferimento alla condizione nella quale versano le persone impossibilitate a soddisfare i bisogni di base, e in povertà relativa, che esprime l’incapacità e le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi in rapporto al livello economico medio di un paese.
Questi due parametri della povertà materiale si manifestano anche attraverso «carestia, malnutrizione, accesso limitato all’istruzione e ai servizi di base, discriminazione sociale, esclusione e mancanza di partecipazione al processo decisionale. Oggi, più di 780 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà internazionale. Più dell’11 per cento della popolazione mondiale vive in condizioni di estrema povertà e lotta per soddisfare i bisogni di base come la salute, l’istruzione, l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. Oltre 160 milioni di bambini rischiano di rimanere in condizioni di estrema povertà entro il 2030» secondo le Nazioni Unite.
La povertà materiale, che sia essa relativa o assoluta, interessa anche milioni di lavoratori e di lavoratrici per la natura precaria del lavoro e dei bassi salari che li confina al contempo in una precarietà socio esistenziale. Secondo i dati recentemente diffusi dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat), in Italia la povertà assoluta interessa circa 5 milioni di persone mentre quella relativa riguarda quasi 9 milioni di individui. Secondo questo dato, la povertà materiale colpisce14 milioni di persone in Italia, ovvero circa il 23,4 per cento dell’intera popolazione.
Il dramma della povertà materiale insieme alla sua intensità divora, in modo sistematico, ogni giorno milioni di persone ai quattro angoli del mondo. Purtroppo, le società odierne tendono a stigmatizzare le persone impoverite per la loro condizione di povertà subita. Queste persone, definite “parassiti della società”, vengono ghettizzate urbanisticamente e relegate nelle periferie che diventano luoghi di solitudini parallele e che non consentono di trasformare il sentimento di disperazione in una condivisa consapevolezza politica. In questo contesto diventa più facile indirizzare la frustrazione verso chi sta peggio. Tutto ciò favorisce di fatto il sorgere di una povertà delle coscienze.
La povertà materiale dei nostri giorni è accompagnata da una povertà immateriale che continua a erodere valori e principi indispensabili alla nostra comunità. Per uscire dalla povertà immateriale serve un risveglio delle coscienze anche attraverso una indispensabile rivoluzione spirituale e politica. Questo processo, oltre ad analizzare il presente, dovrebbe avere come principale vocazione la messa in discussione dello stesso con la finalità di cambiarlo. La crisi che viviamo, caratterizzata dalla decadenza di civiltà, va affrontata nelle dimensioni materiali ed immateriali.
Oggi abbiamo più che mai bisogno di una rivoluzione spirituale capace di accendere le luci della speranza andando oltre il presentismo ed il suo cannibalismo. Se oggi non riusciamo a definire chi siamo, chi vogliamo essere e in quale tipo di contesto vogliamo vivere non possiamo proiettarci verso una società più giusta ed equa. Definire un orizzonte migliore vuol dire innanzitutto entrare in relazione con i sentimenti delle persone che vivono in povertà, in precarietà lavorativa e socio-esistenziale, in umiliazioni e in privazioni. Questo processo susciterebbe la costruzione di una solidarietà intesa come condivisione di bisogni comuni tra soggetti simili e diversi. La solidarietà è la spina dorsale dell’umanità in una prospettiva umana e per una società più sociale. Questa solidarietà umana, che va difesa e tutelata, permetterebbe un’equa ridistribuzione delle ricchezze indispensabile a fronteggiare la povertà. Rinunciare alla solidarietà equivale a soccombere alla disumanità e ad abdicare alla nostra umanità.
In questa prospettiva, si dovrebbe stigmatizzare la povertà e non i poveri con l’ambizione di una più ampia e diffusa prosperità per tutti gli esseri umani. Tuttavia sarebbe abbastanza irrealistico pensare che i sostenitori degli odierni processi di accumulazione, proprio dell’attuale paradigma economico, possano farsi promotori di soluzioni volte a contrastare la povertà. Solamente, una salda unione tra le persone immiserite e impoverite in rivolta, resistendo agli stratagemmi di divisione adoperati dalle classi dominanti per continuare a esercitare la loro egemonia, sarebbe capace di avviare un percorso per sconfiggere ogni forma di povertà, sia essa materiale che immateriale.
(fonte: L'Espresso 23/07/2019)