«Chi ha pianto?» gridò Papa Francesco a Lampedusa ...
ma ancora oggi, dopo moltissimi altri naufragi in cui hanno perso la vita migliaia di altri disperati,
mi viene da gridare di fronte a quelle 26 bare allineate e sovrastate da una rosa bianca
«Chi ha pianto?» e «Fino a quando Signore?» ...
Dovremmo metterci tutti in discussione perché in realtà ...
il silenzio dei buoni è da temere più che le parole dei malvagi.
Davanti a 26 bare e al mercato di donne schiave.
Fino a quando Signore?
Caro direttore, venerdì scorso 17 novembre 2017 sono stati celebrati a Salerno i funerali delle 26 giovani donne nigeriane che hanno perso la vita in mare nel tentativo di raggiungere l’Italia. Anche Avvenire ha dato conto di come autorità civili e religiose, nonché persone di tutti i ceti, abbiano voluto rendere omaggio a queste giovani donne partite dalla Nigeria con tanta speranza in cuore e in cerca di un futuro migliore in Europa per loro e le loro famiglie. Purtroppo, però, dopo la faticosa e pericolosa traversata del deserto del Sahara su mezzi di trasporto stipati all’inverosimile, la forzata sosta nei 'campi di concentramento' in Libia, durante la traversata del mare sperando di raggiungere 'la terra promessa' hanno trovato la morte. Inghiottite dalle onde, e recuperate da una nave spagnola che a Salerno ha consegnato alle autorità Italiane un carico prezioso di giovani vite umane spezzate dalla violenza delle acque, ma forse più ancora dalla nostra indifferenza. Due di queste giovani donne morte portavano in grembo il dono di una nuova vita, bimbi che non vedranno mai la luce del sole. Tutte queste vite affidiamo alla misericordia del Padre comune di tutti, ma soprattutto Padre dei poveri, dei disperati e umiliati.
Ancora una volta mi ritorna alla mente la riflessione o meglio il grido che l’8 luglio 2013 papa Francesco levò da Lampedusa, meta del suo primo viaggio apostolico: «Chi ha pianto»? Ancora oggi, dopo moltissimi altri naufragi in cui hanno perso la vita migliaia di tanti altri disperati, mi viene da gridare «Chi ha pianto?» di fronte a quelle 26 bare allineate e sovrastate da una rosa bianca. Solo cinque di loro sono state identificate, e però tutte, anche senza un nome, sono nostre figlie e sorelle.
Ma fino a quando, Signore, dovremo vedere ancora sui nostri schermi televisivi queste tragedie e rimanere indifferenti? Fino a quando i trafficanti continueranno a ingannare queste giovani, provenienti da famiglie povere, dai villaggi più isolati, molte pure analfabete e quindi facilmente ingannate e soggiogate dai riti voodoo?
Fino a quando, Signore, trafficanti e mamans continueranno indisturbati e impuniti a fare ingenti guadagni distruggendo la vita di tante loro connazionali? Fino a quando, Signore, la nostra società del consumo, del benessere e del piacere tollererà la tratta di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione? Fino a quando questi corpi di giovani donne dalla pelle nera saranno commerciati, offerti a chi cerca giovani donne da usare, consumare e ributtare sulla strada, nuovamente in vendita?
Fino a quando, Signore, i 9 milioni di 'clienti' in Italia, al 90% cristiani, continueranno impuniti a sostenere questo mercato di vite umane?
Questa ennesima tragedia del mare dovrebbe metterci tutti in discussione, perché ne siamo tutti responsabili e colpevoli, bisognosi di misericordia ma anche di una nuova e forte presa di coscienza per dire basta alla tratta di esseri umani. Purtroppo, invece, ci stiamo abituando, perché queste tristi notizie passano sui nostri scherni televisivi e si mescolano con le informazioni, date subito prima o subito dopo, sulla corruzione e le beghe, a volte assai arroganti e volgari, dei nostri politici in un’eterna campagna elettorale. Che squallore le proposte e le promesse per guadagnare voti e la rinuncia a proporre una solida 'etica pubblica', basata sulla dignità e sul rispetto di ogni persona, e sul dialogo con quella gran parte di cittadini che nelle stanze decisionali vogliono veder rappresentato e promosso un vero 'bene comune'.
So che il mio pensiero è condiviso da tante altre persone, soprattutto donne con le quali condividiamo lo stesso servizio a difesa e protezione della donna, specialmente la più indifesa e sfruttata. Ognuna di noi ricorda e non vuole che si dimentichi la storia della piccola Favour, che viaggiava con i genitori, purtroppo deceduti anche loro in mare in un precedente naufragio il 26 maggio 2016. Sopravvissuta, anche lei come Mosè salvata dalle acque, può diventare il simbolo e lo stimolo per una nuova e forte presa di coscienza di quanti continuano a lottare contro tutte le forme di schiavitù e sfruttamento. Nata libera deve restarlo. Questo il mio e nostro desiderio per una famiglia umana senza più schiavi e schiavisti, fatta finalmente di fratelli e sorelle.
(fonte: AVVENIRE 21/11/2017 - articolo di Eugenia Bonetti,
Missionaria della Consolata e presidente dell’Associazione Slaves no more-Mai più schiave)
Amava ripeterlo spesso prima di essere assassinato il 13 dicembre del 1998 nel Burkina Faso. Ciò che più temeva non era la cattiveria dei malvagi, ma il silenzio dei buoni. Lui, giornalista e militante della notizia, sapeva perché queste parole erano così importanti per lui. Norbert Zongo ancora oggi è una delle icone dei giovani nel Burkina e altrove, dove le orme di Thomas Sankara non sono state cancellate. ...
È davvero assordante il silenzio dei buoni, che lasciano correre perché così va il mondo da che mondo è mondo. Peggio per coloro che non sono preparati al cambiamento. ...
Il silenzio sulle stragi del Mediterraneo, conseguenti alle politiche omicide dell'Occidente. Il silenzio della politica, dell'economia, delle chiese visitate la domenica e delle moschee visitate il venerdì. È un silenzio di pietra, quello dei buoni, che arriva lontano e continua a fabbricare frontiere e si accontenta di dolenti dichiarazioni postume nei cimiteri di sabbia. Prima di lui, Norbert Zongo, era stato ucciso il capitano Sankara. Era un 15 di ottobre, era il 1987 nel suo Faso.
Entrambi temevano più il silenzio dei buoni che la cattiveria dei malvagi. Quest'ultima si vede meglio e, in definitiva, può essere identificata, combattuta e a volte vinta. Non così il silenzio dei buoni politici e religiosi, delle massaie, degli operai metalmeccanici, delle confindustrie, dei capitani di lungo corso e dei generali in pensione. L'insopportabile silenzio degli impiegati statali e quelli della Croce Rossa Internazionale, il silenzio dei costruttori di armi e di coloro che le vendono e usano, dei postini che stanno scomparendo dalle città, dei guardiani dei fari ormai meccanizzati e delle associazioni che gestiscono i centri di detenzione. Sono silenzi complici, che nulla hanno a che vedere con quello del vento che porta lontano le grida assenti.
Nel silenzio si armano i mercati e si disarmano i diritti. Primo tra tutti il diritto di andare da un'altra parte a inventare il mondo. I buoni tacciono mentre si fanno accordi di controllo, detenzione, espulsione e liquidazione. Non si dice nulla quando si deportano le parole assieme alla libertà di futuro. Si guarda dall'altra parte se mancano all'appello quanti un giorno erano partiti dopo aver baciato la madre e l'ultimo nato. ...
La cattiveria dei malvagi non passa affatto inosservata. Basta poco per accorgersi dello spogliamento delle materie prime, dell'appalto dei contratti per l'esplorazione dei giacimenti e lo sfruttamento delle miniere, del commercio di cocaina per il consumo europeo e della vendita degli schiavi in Libia. Tutto accade mentre si finanziano campagne militari e si formano eserciti per combattere il nemico costruito e foraggiato per anni con armi e tecnici. Ma non è questo che preoccupava l'amico giornalista Norbert che dal silenzio dei buoni è stato ucciso, proprio come temeva gli accadesse un giorno. Amava ripeterlo spesso agli amici che lo ricordano ancora. Non c'è nulla di peggio che questo: il silenzio dei buoni che si girano dall'altra parte o tacciono per viltà. ...