LA MORTE DI GLORIA E MARCO E QUELLE ULTIME TELEFONATE
«Grazie mamma per tutto quello che hai fatto per me»: le ultime parole di Gloria Trevisan e Marco Gottardi, i due fidanzati veneti morti nel rogo della Grenfell Tower, hanno commosso l'Italia. Cosa ci dicono quelle telefonate?
Alberto Laggia
“Grazie mamma per tutto quello che hai fatto per me”. E ancora “Mamma, papà, sto per andare in cielo. Vi aiuterò da lassù”. Sono le ultime, toccanti parole pronunciate al cellulare ai genitori da Gloria Trevisan, l’architetto ventiseienne di Camposampiero (Padova), perita nel rogo della Grenfell Tower di Londra, assieme al fidanzato, Marco Gottardi, ventisettenne, di San Stino di Livenza Venezia), anch’egli architetto. Le esigue speranze di poter ritrovare in vita la coppia veneta, che solo da tre mesi s’era trasferita nella capitale inglese e risiedeva al 23° piano del grattacielo, si sono spente stanotte col comunicato ufficiale delle autorità inglesi che hanno trasferito i loro nomi dalla lista“dispersi” a quella delle “vittime”.
Gloria s’era laureata il 18 ottobre scorso col massimo dei voti e dopo alcuni lavoretti saltuari e mal retribuiti in Veneto, aveva deciso di lasciare l’Italia col fidanzato e di trasferirsi nella City, dove avevano subito trovato lavoro come architetti e due buoni stipendi. Avrebbero dovuto fare ritorno a casa il 26 giugno per festeggiare il compleanno di Marco, assieme ad amici e parenti. Due giovani preparati, brillanti, con le tasche piene di speranza nel futuro, che, come tanti altri connazionali, avevano trovato nella capitale del Regno Unito il luogo ideale per mettere a frutto una laurea e avviare con soddisfazione l’amata professione.
Già nei giorni scorsi il contenuto e le frasi delle drammatiche telefonate erano state rese note dall’avvocato Maria Cristina Sandrin, legale della famiglia Trevisan. Di tono simile le parole delle ultime conversazioni tra Marco e i suoi genitori, prima che saltassero le linee: il giovane manifestava il grande affetto per la famiglia e tentava di tranquillizzare i genitori. E dello stesso tenore saranno stati i dialoghi intercorsi, via telefono, tra tanti altri condomini di quel dannato grattacielo e i loro familiari, perché, purtroppo, le fiamme e il fumo di un rogo ti danno anche il tempo per capire che il tuo destino è segnato e, se ne hai il coraggio, per guardare dritta in faccia la morte. Tornano subito alla memoria gli strazianti messaggi audio e gli sms scritti dalle vittime dell’attentato alle Torri gemelle di 16 anni fa.
Forse siamo così assuefatti da tante, troppe fiction strappalacrime, dalle emozioni forti preconfezionate e serviteci dai palinsesti televisivi, che non abbiamo fatto magari attenzione al contenuto di quei brani telefonici, di quelle ultime frasi pronunciate da Marco e Gloria, assediati dal fuoco.
Sono un documento straziante, ma nel contempo anche tenerissimo per l’affetto riconoscente che esprimono. Sono le parole vere di una figlia che non ha mai smesso d’amare i suoi genitori, che trova il modo, il coraggio di dire quanto magari non avrebbe mai detto in condizioni di normalità, perché dato per scontato, sottinteso. Dicono certo quello che un genitore non avrebbe mai voluto sentire, né vivere: sono l’addio drammatico di chi hai messo al mondo che sa di avere ancora pochissimo tempo davanti a sè, prima che il fumo ne soffochi la voce e le fiamme ne consumino le membra. Ma, allo stesso tempo, è quanto ogni genitore vorrebbe pensasse di lui un figlio. Certo, ancora una volta la “morte in diretta” ha fatto mostruoso strame della privacy, del momento più sacro e più intimo di una vita, replicando infinite volte e per infiniti “guardoni” ciò che avrebbe dovuto rimanere gelosamente protetto nell’intimo rapporto tra padri, madri e figli. Ma come la visione di una tragedia nella Grecia antica purificava i sentimenti di chi assisteva al dramma in scena, così queste estreme comunicazioni, grondanti riconoscenza e devozione filiale, accarezzano pietosamente i volti in pianto, leniscono i cuori straziati dal dolore di quei genitori, e commuovono chiunque le abbia sentite. La chiamano “catarsi” tragica: è la scoperta del senso della vita di fronte all’apparente assurdità delle vicende umane.
Mercoledì scorso, più alto ancora delle fiamme sprigionatesi dalla Grenfell Tower di North Kensington, s’è alzato il messaggio d’amore filiale di Gloria e Giorgio.
(fonte: Famiglia Cristiana)
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