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venerdì 30 giugno 2017

Charlie nel nostro cuore #charliesfight




IL CUORE LACERATO DEI GENITORI

Non si può scrivere, aggiungere ancora parole e pensieri alla vicenda del piccolo Charlie senza un macigno sul cuore, le mani che tremano e gli occhi lucidi. Non si può, se ci è rimasta un po’ di umanità, utilizzarla per attaccare, polemizzare, tifare contro qualcuno

Si può però e si deve, invece, cercare di vivere – kivjakôl, “se così si potesse dire”, secondo l’espressione ebraica che indica i limiti del linguaggio umano quando deve parlare del mistero di Dio – un po’ dell’angoscia mortale dei suoi genitori, pensando, se siamo credenti, che ci troviamo di fronte appunto ad un mistero come quello del Venerdì Santo.

Non abbiamo la competenza né medica né giuridica per entrare nel merito del complesso iter clinico-giudiziario di questa vicenda, su cui molto è stato già scritto. Restano però le angosciose, laceranti domande che moltissimi si sono fatti: perché a Charlie viene impedito di continuare a vivere fino al termine naturale della sua malattia? Perché parlare di “accanimento terapeutico” che prolunga le sofferenze, quando è impossibile dimostrarlo “al di là di ogni ragionevole dubbio”? Perché combattere con tale accanimento (qui il termine sì che è indicato) la volontà, l’amore, l’abnegazione dei suoi genitori? Perché chiudere ogni porta, ogni spiraglio, ogni tentativo anche apparentemente inutile per un caso che per la sua rarità e gravità esce da tutti gli schemi precostituiti? Perché rifiutare addirittura ciò che i genitori chiedevano nel loro straziante ultimo appello, potere almeno portare Charlie a casa, fargli un bagnetto, distendersi assieme sul sofà?

Tutto questo è, come si sono espressi i vescovi inglesi, heartrending: fa piangere il cuore. E proseguono: «Noi speriamo e preghiamo perché i genitori di Charlie nei prossimi giorni e mesi possano trovare alfine pace. Chiediamo a tutti i cattolici di pregare per Charlie, la sua famiglia, chi si è preso cura di lui. Purtroppo, malattie terminali prolungate fanno parte della condizione umana, ma non dovremmo mai agire con la deliberata intenzione di porre fine a una vita umana, anche se alle volte dobbiamo riconoscere i limiti di ciò che si può fare, accudendo con umanità la persona malata fino al sopraggiungere della sua morte naturale».

In questi casi il crinale è stretto, le scelte al limite dell’umana comprensione. Non facciamoci dominare però, come ci richiama continuamente papa Francesco, dalla “cultura dello scarto”.

Londra. Altre ore di vita per Charlie, i genitori ottengono «proroga»

I genitori avevano chiesto altro tempo per potersi accomiatare dal piccolo prima che i medici stacchino la spina. Veglie di preghiera in tutta Europa.


Una piccola «proroga» per Charlie. Secondo quanto scrive il sito web del Daily Mail, i medici del Great Ormond Street Hospital hanno concesso ai genitori del bambino un tempo addizionale per potersi accomiatare dal figlioletto, prima che la decisione irrevocabile di staccare la spina dei macchinari che lo tengono in vita venga messa in atto. «Stiamo creando ricordi preziosi che porteremmo con noi per sempre. Per favore - sono le parole dei genitori - rispettate la nostra privacy mentre ci prepariamo a dare il saluto finale a nostro figlio Charlie».

Per Charlie Gard, in ogni caso, sono le ultime ore di vita. Secondo quanto hanno riferito i genitori, le autorità sanitarie dell'ospedale avevano deciso di spegnere venerdì 30 giugno la macchina per la ventilazione assistita che tiene in vita da ottobre il bambino inglese di 10 mesi.

Una decisione che ha impresso un’accelerazione drammatica alla vicenda del bambino affetto da una rara malattia del mitocondrio (solo 16 i malati censiti in tutto il mondo) che pur non facendone ancora un paziente in fase terminale ha autorizzato medici e tribunali – che avrebbero dovuto tutelare la sua vita – a farlo morire anzitempo contro la volontà dei genitori, ipotizzando che ogni prosecuzione delle terapie configurerebbe accanimento terapeutico.

Una decisione tremenda, che mamma e papà avrebbero voluto in qualche modo attutire portando il figlio a morire a casa, richiesta alla quale però l’ospedale si è opposto. «Abbiamo promesso al nostro piccolo ogni giorno che l’avremmo riportato a casa» ha detto la mamma in un drammatico video pubblicato sul Daily Mail. «Vogliamo fargli fare un bagnetto a casa – ha aggiunto il papà –, coricarlo nella culla dove non ha mai dormito, ma adesso tutto questo ci viene negato. Avevamo detto di essere disponibili a trasferirlo in un centro di assistenza per malati terminali, a nostre spese.Ormai sappiamo il giorno in cui nostro figlio morirà, ma non ci dicono come questo accadrà». La procedura dovrebbe prevedere una sedazione profonda e poi il distacco del ventilatore. L'effetto sarebbe una morte per soffocamento, pur in un paziente sedato.
Una foto della famiglia Gard tratta dal profilo Facebook dei genitori
Una foto della famiglia Gard tratta dal profilo Facebook dei genitori
È l’ultimo affronto a una famiglia che voleva semplicemente esercitare la sua libertà di scelta sulle terapie (tanto spesso, e invano, evocata a casa nostra, con i suoi cantori che si sono ben guardati dall’intervenire sul caso di Charlie) portando il bambino negli Stati Uniti per tentare una cura sperimentale. Ma la Corte europea ha negato questa possibilità assecondando i verdetti precedenti di tre tribunali inglesi: l'11 aprile in primo grado, il 25 maggio in appello con il verdetto della Corte Suprema di Londra l'8 giugno). Intanto la mamma di Charlie ha annunciato che la somma raccolta grazie a una spontanea colletta internazionale (1,3 milioni di sterline pari a un milione e mezzo di euro) per pagare il viaggio e le cure negli Usa sarà devoluta a famiglie con situazioni analoghe a quella di suo figlio.

Ma il sostegno di migliaia di persone che in tutto il mondo si sono riconosciute sotto la definizione di "Charlie's Army" (l'esercito di Charlie, diventato anche un hashtag per fare rete si Twitter) non sembrano intenzionate a fermarsi qui, tale è l'impatto di una vicenda che come poche altre ha messo in luce la distanza che si sta creando tra medicina e diritto e le istanze più profondamente umane.

È una commovente mobilitazione globale di solidarietà, affetto e preghiera quella che intanto stringe in un abbraccio Charlie e i suoi genitori Chris e Connie, protagonisti loro malgrado di una vicenda umana, clinica e giudiziaria che ha scosso l’Inghilterra e l’opinione pubblica dei Paesi come l’Italia dove è circolata la drammatica vicenda del bimbo davanti alla quale i medici si sono arresi decretando il distacco della macchina che consente al piccolo di respirare vedendo poi confermata questa decisione in tutti i gradi di giudizio a Londra e, martedì, anche a Strasburgo. È stata la scioccante decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di non opporsi alla morte di Charlie procurata con la sospensione della ventilazione assistita a suscitare l’impegno a organizzare iniziative di preghiera. Per raccoglierle e farle conoscere è stato aperto un sito – http://pray4charlie.com – dal quale emerge con immediata evidenza come la quasi totalità delle proposte è scaturita dal cuore dell’Italia.

Una risposta che fa molto riflettere sulla sensibilità del nostro popolo verso la vita nascente e la sua tutela come forma di umanità più fragile e bisognosa di protezione. Tra adorazioni eucaristiche e Rosari, colpisce la presenza di ospedali (è il caso del Policlinico di Modena) accanto a un nugolo di parrocchie e santuari, da Parma a Rimini, da Genova a Trento, a Brescia a La Spezia, da Torino a Savona. Tra le altre iniziative, colpisce la presenza di Lourdes con una Via Crucis e della cattedrale di Tirana, accanto al Seminario di Tournai in Francia.

Un pensiero a Charlie, invitando la platea a un momento di raccoglimento per il piccolo e per la famiglia, anche dal presidente della Cei Gualtiero Bassetti, ospite della Festa di Avvenire a Matera. "Questa straziante vicenda tocca l'anima di ogni persona e non può lasciare nessuno nell'indifferenza. Ogni azione che pone fine a una vita è una falsa concezione della libertà. Ogni vita dall'inizio alla fine va accolta e difesa".

"Siamo vicini a lui, a sua mamma, a suo papà e a tutti quelli che, fino a oggi, lo hanno curato e hanno lottato con lui. Per loro, e per quanti sono chiamati a decidere del loro futuro, innalziamo al Signore della vita una preghiera perché "nulla vada perdutò": così mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita.

È "disumano arrivare a stabilire chi ha diritto a vivere e chi no". Don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio per la pastorale della Salute della Cei, segue con grande preoccupazione la vicenda. E avverte: «Il problema è che il caso rischia di fare scuola, aprendo strade di morte". Il sacerdote sottolinea come con questa vicenda si tocchi con mano "la crisi antropologica denunciata da papa Francesco con la cultura dello scarto. Si fissano parametri su ciò che è vita e dignità e su ciò che non lo è, questa è disumanità. Stiamo andando verso il principio di autodeterminazione dove i diritti individuali ("che talvolta sono solo desideri") devono essere garantiti dallo Stato". 
 (fonte: Avvenire)