I due cristianesimi negli Stati Uniti
al tempo di Trump
di Giuseppe Savagnone
Il ruolo politico delle sette evangeliche
Si sente spesso parlare di islamismo – di solito per condannarne il fondamentalismo – come di un blocco monolitico. Nella stessa logica l’antisemitismo attacca gli ebrei senza distinzioni. E allo stesso modo anche il cristianesimo viene considerato una visione che ha caratterizzato in modo univoco la nostra civiltà, anche se oggi se ne registra il declino.
È raro che si sottolineino le profonde differenze che si riscontrano all’interno di queste religioni e che si manifestano anche nel loro rapporto con la politica. Per guardare a quella cristiana, che ci è più vicina e che pensiamo di conoscere meglio, è un esempio significativo di questi diversi approcci la situazione degli Stati Unti.
È noto il ruolo che hanno avuto le sette neo-evangeliche, nell’elezione di Donald Trump, sia nel primo che nel secondo mandato. Meno noto, forse, è di che cosa si tratta. L’evangelicalismo o evangelismo non prevede autorità religiose o la necessità di chiese consacrate: è un movimento teologico all’interno del protestantesimo (ampiamente maggioritario negli Stati Uniti) che si concentra sulla lettura della Bibbia, che non deve essere interpretata, ma considerata come “parola di Dio” e per questo insindacabile.
I membri di questi gruppi si considerano crociati impegnati in una lotta contro il male, nell’impaziente attesa dell’Apocalisse e del ritorno di Gesù Cristo. I loro principali testi di riferimento non sono i libri del Nuovo Testamento, ma quelli dell’Antico, che essi tendono a leggere in modo letterale. Da qui la convergenza con gli ebrei ortodossi che ritengono loro missione ricostituire l’antico Israele sul territorio che Dio steso gli aveva promesso, cacciando via le popolazioni arabe che vi si erano insediate nel frattempo.
Collegando la prospettiva vetero-testamentaria con quella neo- testamentaria, queste sette cristiane ritengono che proprio la ricostituzione del regno del popolo eletto in Palestina sia la condizione per la venuta del Messia da loro atteso. Da qui il sostegno politico ed economico allo Stato ebraico e le pressioni su Trump perché sia garante della sua sicurezza.
Organizzazioni come Christians United for Israel (CUFI), guidate da figure carismatiche come il pastore John Hagee, hanno avuto un peso decisivo nel riconoscimento, da parte degli Stati Uniti, di Gerusalemme come capitale di Israele. La risoluzione dell’ONU del 1947 istitutiva dei “due Stati”, stabiliva che questa città, sacra all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam, avesse uno statuto internazionale. Ma nel 1980 il primo ministro Menachem Begin fece approvare una Legge fondamentale che dichiarava Gerusalemme “Capitale una e indivisibile dello stato ebraico di Israele”.
A questo il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha risposto, con 14 voti favorevoli, nessun contrario e una sola astensione (USA), dichiarando nulla e vana la legge in questione e ribadendo per gli Stati membri l’obbligo di mantenere le loro ambasciate a Tel Aviv. L’unico capo di governo che ha sfidato questa decisione è stato Trump, che, durante il suo primo mandato, nel 2018 ha spostato quella americana a Gerusalemme, per compiacere i suoi sostenitori evangelici.
Non è il solo esempio dell’appoggio delle sette cristiane a Israele. Un’inchiesta del giornale israeliano «Haaretz», nel 2018, ha svelato che diverse associazioni che gravitano nell’orbita dell’universo evangelista avevano donato più di 65 milioni di dollari in dieci anni alla causa israeliana. Questi soldi, sempre secondo «Haaretz», avevano finanziato le attività degli insediamenti illegali dei coloni israeliani in Cisgiordania. Dopo il 7 ottobre, inoltre, secondo l’Associated Press, il CUFI e altre organizzazioni evangeliste avrebbe elargito diversi milioni di dollari per finanziare la guerra di Israele a Gaza.
Trump non si è limitato ad ascoltare i leader evangelisti in politica estera: ha loro riconosciuto un ruolo pubblico istituendo un Ufficio della Fede. Chiamando a guidarlo una telepredicatrice, Paula White – che da anni è una sua fidata consulente spirituale – , sostenitrice della “teologia della prosperità”, secondo cui Dio ricompensa i veri fedeli con ricchezza materiale e successo personale..
In questa occasione, il neo-presidente ha annunciato di voler «riportare la religione» negli Stati Uniti. Rivelandosi anche in questo coerente con le dichiarazione fatte durante la sua campagna elettorale, che aveva definito una «crociata giusta» contro «atei, globalisti e marxisti».
La posizione della Chiesa cattolica
Molto diversa da quella delle sette evangeliste, sicuramente, la posizione dei cattolici americani. Anche se diversi vescovi, tra cui l’arcivescovo di New York Timothy Dolan, hanno apertamente appoggiato la rielezione di Trump, bisogna tenere conto che l’alternativa era costituita da quella Kamala Harris che non ha trovato niente di meglio per la sua campagna elettorale che sventolare continuamente la bandiera della libertà di aborto.
Ed invece è stata decisa l’opposizione dei vescovi cattolici a Trump quando ha cominciato a delineare la sua politica volta a «rendere di nuovo grande l’America». Il presidente della Conferenza Episcopale statunitense, l’arcivescovo Timothy Broglio, in un comunicato, ha attaccato le disposizioni contenute negli ordini esecutivi riguardanti il trattamento degli immigrati e dei rifugiati, gli aiuti ai paesi poveri e l’ambiente. Esse, ha detto, «ignorano non solo la dignità umana di pochi ma di tutti noi».
In particolare, davanti al progetto di deportazione sistematica degli immigrati, monsignor Mark Joseph Seitz, vescovo di El Paso e presidente del Comitato per le migrazioni della Conferenza episcopale, ha dichiarat:o «L’uso di generalizzazioni radicali per denigrare qualsiasi gruppo, ad esempio descrivendo tutti gli immigrati clandestini come “criminali” o “invasori”, per privarli della protezione della legge, è un affronto a Dio che ha creato ciascuno di noi a sua immagine».
Sulla questione è intervenuto anche papa Francesco, con una lettera inviata ai pastori della Chiesa cattolica. «Un autentico stato di diritto – si legge nella comunicazione del Pontefice – si attua sulla base del trattamento dignitoso che meritano tutte le persone, soprattutto quelle più povere ed emarginate; il vero bene comune si promuove quando la società e i governi, con creatività e rispetto rigoroso dei diritti di tutti accolgono, proteggono, promuovono e integrano i più fragili, indifesi e vulnerabili».
E il pontefice aggiungeva: «L’atto di deportare persone che in molti casi hanno lasciato la propria terra per motivi di estrema povertà, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave deterioramento dell’ambiente, ferisce la dignità di tanti uomini e donne, di intere famiglie, e li pone in uno stato di particolare vulnerabilità».
Il santo padre ha poi risposto alle parole del vice presidente JD Vance, che pure si dichiara cattolico, il quale aveva giustificato le misure anti-immigrazione illegale assunte da Trump ricorrendo al concetto agostiniano dell’ordo amoris, secondo cui si deve pensare prima a se stessi, alla famiglia, ai vicini di casa, alla propria comunità, al proprio paese e solo poi a chi vive altrove.
«Il vero ordo amoris da promuovere – ha osservato il papa – è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del ‘buon Samaritano’, meditando cioè sull’amore che costruisce una fraternità aperta a tutti, nessuno escluso. Preoccuparsi dell’identità personale, comunitaria o nazionale, prescindendo da queste considerazioni introduce facilmente un criterio ideologico che distorce la vita sociale e impone la volontà del più forte come criterio di verità».
Infine, nel novembre scorso, è stata tutta la Conferenza Episcopale cattolica a inviare un messaggio, approvato a larghissima maggioranza (216 sì, 5 no, 3 astensioni) in cui i vescovi esprimono il loro dissenso per una retorica che «vilipende gli immigrati» e per «le deportazioni di massa indiscriminate» in corso.
Papa Leone ha così commentato il comunicato: «Apprezzo moltissimo quanto detto dai vescovi. È una dichiarazione importante. Inviterei in particolar modo tutti i cattolici e tutte le persone di buona volontà ad ascoltare quello che hanno detto. Credo che dobbiamo cercare maniere di trattare la gente con umanità rispettando la loro dignità».
La questione di Gaza
Anche sulla questione di Gaza si nota una profonda differenza. Mentre le sette evangelicali hanno raccolto milioni di dollari per finanziare Israele, la sua guerra e le invasioni dei coloni, lo scorso 12 agosto mons. Broglio, presidente della Conferenza Episcopale, ha inviato una lettera ai suoi confratelli vescovi in cui diceva: «La nostra Chiesa piange per le terribili sofferenze dei cristiani e di altre vittime innocenti della violenza, che lottano per sopravvivere, proteggere i propri figli e vivere con dignità in condizioni disperate», e chiedeva di promuovere «una raccolta speciale per offrire aiuto umanitario e sostegno pastorale ai nostri fratelli colpiti a Gaza e nelle aree vicine del Medio Oriente».
In piena sintonia, ancora una volta, con la denuncia prima di papa Francesco, che ha parlato addirittura di «genocidio», e poi di Leone XIV, il quale, smentendo le dichiarazioni del premier israeliano Netanyahu, ha denunciato la situazione drammatica di Gaza, dove, ha detto, «la popolazione civile è schiacciata dalla fame e continua ad essere esposta a violenze e morte».
No, i cristiani non sono tutti uguali. Non lo sono negli Stati Uniti e neppure in Italia, dove, addirittura tra gli stessi cattolici, sono evidenti differenze radicali. Le parole chiarissime degli ultimi due pontefici sul tema dei migranti e su quello di Gaza sono state finora ignorate dal nostro governo, al cui vertice stanno leader che ad ogni occasione e ostentano la loro fede religiosa e la loro vicinanza ai papi. Anche se il loro modello è, dichiaratamente, il presidente americano, di cui ricalcano la politica di deportazione e, soprattutto, l’atteggiamento sprezzante verso quanti considerano, per usare le parole di mons. Seitz, “criminali” o “invasori”. Per quanto ci riguarda, noi stiamo col papa
(Fomte: Rubrica i CHIAROSCURI - 12.12. 2025)