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martedì 2 dicembre 2025

VIAGGIO APOSTOLICO DI LEONE XIV IN TÜRKIYE E IN LIBANO 27/11 - 2/12/2025 – ISTANBUL 30/11/2025 - Istanbul (cronaca/commento, testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI LEONE XIV
IN TÜRKIYE E IN LIBANO
CON PELLEGRINAGGIO A İZNIK (TÜRKIYE)
IN OCCASIONE DEL 1700° ANNIVERSARIO DEL PRIMO CONCILIO DI NICEA
27 NOVEMBRE - 2 DICEMBRE 2025

Domenica, 30 novembre 2025

ISTANBUL 

09:30 VISITA DI PREGHIERA ALLA CATTEDRALE ARMENA APOSTOLICA
10:30 DIVINA LITURGIA nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio
12:30 BENEDIZIONE ECUMENICA
13:00 PRANZO CON SS. BARTOLOMEO I al Patriarcato Ecumenico
14:15 CERIMONIA DI CONGEDO presso l'Aeroporto Istanbul/Atatürk
14:45 Partenza in aereo dall'Aeroporto Istanbul/Atatürk per Beirut


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VISITA DI PREGHIERA ALLA CATTEDRALE ARMENA APOSTOLICA 

Cattedrale Armena Apostolica (Istanbul)

Alle ore 09.15 (ora locale), dopo il congedo dalla Delegazione Apostolica, il Santo Padre si è trasferito in auto alla Cattedrale Armena Apostolica
Al suo arrivo, il Papa è stato accolto, all’ingresso della Cattedrale, dal Patriarca della Chiesa Apostolica Armena.
Dopo l’indirizzo di saluto del Patriarca, il Papa ha pronunciato il suo saluto.

Al termine della visita, dopo lo scambio dei doni, la benedizione e il canto finale, il Santo Padre ha benedetto una targa commemorativa all’ingresso della Cattedrale e quindi si è trasferito in auto al Phanar per la Divina Liturgia nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio.


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Il Papa: il dialogo di carità ripristini l'unità nella Chiesa,
senza assorbire né dominare

Nel quarto giorno del suo viaggio apostolico in Türkiye, visitando la Cattedrale Armena Apostolica di Istanbul, Leone XIV ricorda la coraggiosa testimonianza portata negli anni del popolo caucasico. Ricorda inoltre la figura di san Nerses Shnorhali, Catholicos e poeta del XII secolo, che si impegnò instancabilmente affinché le confessioni cristiane fossero “una cosa sola”


Attingere alle origini per ridestare l’unità della Chiesa. Non assorbirsi né dominarsi, ma lasciarsi arricchire dai doni che lo Spirito semina in ciascuno, intrecciando un “dialogo di carità” lungo sentieri già tracciati da altre luminose figure. Tra queste, la “grazia” resa nome e vita in san Nerses Shnorhali, il cui stesso appellativo armeno significa proprio “pieno” di tale virtù. Ricordando la “coraggiosa testimonianza cristiana” offerta nei secoli dal popolo caucasico, Papa Leone XIV compie nella mattina del 30 novembre, una visita di preghiera alla Cattedrale Armena Apostolica, dedicata alla Santa Madre di Dio, di Istanbul, in Turchia (Türkiye), che lascerà nel primo pomeriggio alla volta del Libano per proseguire il suo primo viaggio apostolico.

Il cammino congiunto di Pontefici e Patriarchi armeni

Il Papa, assieme ad altri circa 300 fedeli presenti, accoglie con “profonda gioia” l’opportunità di incontrare in terra turca il Patriarca armeno di Costantinopoli, Sahak II, sulle orme dei rapporti intessuti dai loro predecessori. Nel corso del suo viaggio apostolico in Turchia, il 25 luglio 1967, san Paolo VI aveva incontrato il Patriarca Shenork I, auspicando allora un rafforzamento dei legami fondato su “comunione e verità”. Il 30 novembre 2006 fu invece Benedetto XVI ad essere accolto dal Patriarca Mesrob II. In quell’occasione Papa Ratzinger definì l’incontro “ben più che un semplice gesto di cortesia ecumenica e di amicizia”, ma “segno della nostra speranza condivisa nelle promesse di Dio”.

Il Papa visita la Cattedrale Armena Apostolica di Istanbul (@Vatican Media)

L'impavida testimonianza del popolo caucasico

Il saluto di Leone XIV si estende anche al Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli armeni, Karekin II, che il Pontefice aveva ricevuto a Villa Barberini, la residenza papale di Castel Gandolfo, lo scorso 16 settembre. A lui, e a tutta la comunità armena apostolica di Istanbul e della Turchia, il Papa rivolge un ringraziamento per l’impavido esempio di virtù cristiana mostrato lungo la storia, “spesso in circostanze tragiche”.

Il fiorire del "dialogo della carità"

Leone XIV esprime poi gratitudine per i legami “fraterni” e sempre più fecondi tra la Chiesa Apostolica Armena e la Chiesa Cattolica. Ne ripercorre i passi, a partire dal maggio 1967, quando il Catholicos Khoren I fu il primo primate di una Chiesa Ortodossa Orientale a visitare il Vescovo di Roma dopo il Concilio Vaticano II, scambiando con lui il “bacio della pace”. Sempre a maggio, nel 1970, il Catholicos Vasken I firmò con san Paolo VI la prima dichiarazione congiunta tra un Papa e un Patriarca Ortodosso Orientale, esortando i fedeli a riscoprirsi “fratelli e sorelle in Cristo in vista dell’unità”.

Da allora, per grazia di Dio, il “dialogo della carità” tra le nostre Chiese è fiorito.

Ispirarsi alla Chiesa nascente

Il Pontefice ritorna quindi su una delle commemorazioni significative del suo viaggio apostolico: il 1700.mo anniversario del primo Concilio ecumenico. “La mia visita è naturalmente un’opportunità per celebrare il Credo Niceno”, afferma, invitando ad attingere da tale “fede apostolica comune” per “recuperare l’unità che esisteva nei primi secoli tra la Chiesa di Roma e le antiche Chiese Orientali”.

Dobbiamo anche trarre ispirazione dall’esperienza della Chiesa nascente per ripristinare la piena comunione, una comunione che non implica assorbimento o dominio, ma piuttosto uno scambio dei doni che le nostre Chiese hanno ricevuto dallo Spirito Santo per la gloria di Dio Padre e l’edificazione del corpo di Cristo.

"Insieme, naturalmente"

In questa prospettiva, Leone XIV auspica un rinnovato e “fecondo” impegno della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse Orientali, lavorando “insieme, naturalmente”, secondo il desiderio espresso da san Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint.

L'esempio di san Nerses Shnorhali

Il cammino verso la comunione, inoltre, è già costellato di esempi luminosi. Tra i santi della tradizione armena, il Papa ricorda Nerses IV Shnorhali, Catholicos e poeta del XII secolo, il cui soprannome — Shnorhali — significa alla lettera “pieno di grazia” o “grazioso”. Fu proprio a questa virtù che il santo si affidò per lavorare “instancabilmente” alla riconciliazione delle Chiese, per dare compimento alla preghiera di Gesù: “Che tutti siano una cosa sola”.

La "piena dedizione" per l'unità dei cristiani

Leone XIV conclude il suo saluto riaffermando la sua “piena dedizione” alla causa dell’unità dei cristiani.

Che possiamo accogliere questo dono dall’alto con cuore aperto, per essere testimoni sempre più convincenti della verità del Vangelo e poter meglio servire la missione dell’unica Chiesa di Cristo!

La preghiera del Papa

La visita di preghiera ha luogo dopo che il Papa, nelle prime ore del mattino, ha celebrato privatamente la Messa presso la Delegazione apostolica di Istanbul. Facendo il suo ingresso nella Cattedrale Apostolica Armena, il Papa compie un gesto della "tradizione" locale, mangiando un pezzo di pane intinto nell'acqua.

Il Papa mangia un pezzo di pane intinto nell'acqua (@Vatican Media)

Il momento di preghiera si apre con un canto e un'orazione iniziale da parte di Leone XIV, in lingua inglese:

In questa dimora di santità, questo luogo di lode, questa abitazione degli angeli, questo luogo di espiazione per il genere umano, davanti a questi santi segni, il santo luogo che ci rende presente Dio e risplende, ci prostriamo in timore e adorazione; benediciamo e glorifichiamo la tua santa, meravigliosa e trionfante signoria e, insieme alle schiere celesti, offriamo benedizione e gloria a te, con il Padre e lo Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

Il saluto del patriarca Sahak II

Alla preghiera del Papa segue il saluto di benvenuto del Patriarca Sahak II, che sottolinea come la presenza del Pontefice rappresenti una “benedizione” destinata a rimanere incisa nel cuore della comunità ecclesiale in Turchia. Il Patriarca richiama inoltre il “sentito rispetto” nutrito verso il Papa, che, afferma, funge da “bussola morale”, difendendo la dignità di ogni persona, sostenendo la pace e dando voce a chi non ce l’ha. Tra questi, i cristiani del Medio Oriente, che “affrontano difficoltà, migrazione e una costante diminuzione dei numeri”. “In tempi simili”, aggiunge, “l’unità diventa essenziale”. Le relazioni sempre più feconde tra le Chiese, che negli ultimi anni hanno raggiunto “una profondità un tempo quasi inimmaginabile”, rappresentano secondo il Patriarcato, il superamento di ogni forma di rivalità e l’abbraccio di un reciproco avvicinamento. La comunità armena in Turchia, pur numericamente ridotta, rimane “resiliente” e beneficia, nel Paese, di “libertà religiosa e sostegno statale come minoranza ben assistita”.

Non manca tuttavia la testimonianza della sofferenza provocata dai conflitti: “Pensiamo in particolare all’agonia costante vissuta dai cristiani in Medio Oriente, che subiscono gran parte della persecuzione”. Il Patriarca esprime l’auspicio che il Papa possa mettere a frutto “l’immensa voce morale e l’influenza del papato a favore della sicurezza di queste comunità cristiane vulnerabili, specialmente nella regione in cui lei si recherà più tardi oggi”, ovvero il Libano. Ma le sfide, osserva ancora, riguardano anche l’Occidente, dove si assiste a “un’erosione dei solidi valori morali, della santità della vita familiare e della fede cristiana stessa”. La preghiera comune, dunque, è per la pace in Medio Oriente e per l’unità dei cristiani: “Possa la fede nicena, pronunciata con un’unica voce tanto tempo fa, diventare ancora una volta un vincolo di fratellanza infrangibile”.

Lo scambio di doni

Dopo il saluto di Leone XIV ha luogo lo scambio dei doni. Il Patriarca porge un calice, "piccolo, ma simbolico", mentre il Pontefice offre un quadro in mosaico ispirato alle croci di stile bizantino, dette “greche” per i loro quattro bracci di uguale lunghezza. I colori scelti possiedono una valenza simbolica precisa: il verde richiama lo Spirito Santo, il rosso la dimensione divina, l’azzurro l’elemento terrestre. Il dono è stato realizzato dallo Studio del Mosaico Vaticano; le tessere d’oro sono state ottenute con la tecnica del mosaico classico, tagliate a mano con martellina e tagliolo. Sono state fissate su una base metallica mediante uno stucco a base di olio di lino, la cui ricetta, risalente al XVI secolo, fu utilizzata anche per i mosaici della basilica di San Pietro.

Lo scambio di doni tra Papa Leone XIV e il Patriarca Sahak II (@Vatican Media)

La benedizione di una targa

La benedizione e il canto finale ("insieme", come suggerito da Leone XIV al Patriarca) concludono il momento di preghiera all'interno della cattedrale. Al suo ingresso, infine, il Papa benedice una targa commemorativa.

La targa commemorativa all'ingresso della Cattedrale Armena Apostolica (@Vatican Media)

Il Patriarcato armeno di Costantinopoli

Il Patriarcato armeno di Costantinopoli è una sede autonoma della Chiesa Apostolica Armena, quest’ultima definita dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), “una delle più antiche comunità cristiane al mondo”, capace di trascendere la natura di “semplice organizzazione religiosa” per divenire “simbolo di resilienza nazionale, patrimonio culturale e forza spirituale” del popolo armeno. Il Patriarca armeno di Costantinopoli Sahak II Mashalian, noto anche come Patriarca armeno di Istanbul, ha la sua sede presso la chiesa patriarcale Surp Asdvadzadzin Patriarchal Church (Chiesa patriarcale della Santa Madre di Dio), nel quartiere Kumkapı di Istanbul.
(fonte: Vatican News, articolo di Edoardo Giribaldi 30/11/2025)

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Guarda il video integrale

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DIVINA LITURGIA

Chiesa Patriarcale di San Giorgio (Istanbul)

Alle ore 10:30, all’arrivo alla Chiesa Patriarcale di San Giorgio, il Papa è stato accolto da due Vescovi che lo hanno accompagnato fino alla chiesa, dove si è svolta la celebrazione della Divina Liturgia, presieduta dal Patriarca SS. Bartolomeo I.

Nel corso della celebrazione, Papa Leone XIV ha pronunciato il suo discorso.

Al termine della Divina Liturgia, il Santo Padre e il Patriarca si sono diretti sul balcone del Patriarcato per la benedizione ecumenica congiunta e, alle ore 13.00, hanno pranzato insieme all’interno del Patriarcato Ecumenico.


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Leone XIV: i cristiani costruiscano l'unità
amandosi come fratelli e sorelle

Nel suo ultimo giorno di viaggio apostolico in Türkiye, prima di partire alla volta del Libano, il Papa presenzia alla Divina Liturgia, presieduta dal Patriarca Bartolomeo I. Leone XIV invoca l’impegno delle Chiese affinché si prosegua senza sosta nel cammino di riconciliazione, nonostante l’esistenza di ostacoli. Il Pontefice loda il lavoro della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra cattolici e ortodossi, ai quali chiede di farsi “costruttori di pace”


Riconoscersi come fratelli e sorelle in Cristo è l’impegno che deve unire i cristiani tutti, in cammino verso l’unità, nel solco del “gesto storico” di Paolo VI e del Patriarca Atenagora, che ha permesso di compiere importanti passi “anche a livello ecclesiologico e canonico”. Leone XIV, nel suo ultimo appuntamento a Istanbul, prima del congedo dalla Türkiye (Turchia) e della partenza alla volta del Libano, presenzia all’evento che chiude “il pellegrinaggio nei luoghi dove si tenne il primo Concilio ecumenico nella storia della Chiesa” e invoca ancora una volta il necessario impegno per il raggiungimento della reale comunione tra Chiese cristiane.

Il discorso del Papa durante la Divina Liturgia (@Vatican Media)

Proseguire nell'unità

I canti solenni che intervallano il rito e la fiamma delle candele, luce di Cristo e simbolo di fede, dettano i tempi della Divina Liturgia ortodossa immersa nella penombra della Chiesa Patriarcale di San Giorgio al Fanar, nel giorno delle celebrazioni di Sant’Andrea Apostolo, patrono della Chiesa di Costantinopoli. Il Papa assiste alla celebrazione, alla presenza di circa 400 persone, presieduta dl Patriarca Bartolomeo I, con il quale alla fine della cerimonia impartisce la benedizione ecumenica congiunta. Nel suo discorso, Leone XIV, torna all’abbraccio di Gerusalemme, del 1964, tra Papa Montini e l’allora Patriarca ecumenico che segnò l’avvio della riconciliazione tra cattolici e ortodossi dopo secoli di scisma. Un abbraccio con il quale si volle cancellare “dalla memoria della Chiesa” ciò che aveva condotto alle scomuniche del 1504. Un gesto, sono le parole di Leone XIV, che “aprì un cammino di riconciliazione, di pace e di crescente comunione tra cattolici e ortodossi, che è cresciuto anche grazie ai contatti frequenti, agli incontri fraterni e a un fecondo dialogo teologico”.

Ci sono stati molti malintesi e persino conflitti tra cristiani di Chiese diverse in passato, e ci sono ancora ostacoli che ci impediscono di essere in piena comunione, ma non dobbiamo tornare indietro nell’impegno per l’unità e non possiamo smettere di considerarci fratelli e sorelle in Cristo e di amarci come tali.

L'impegno della Chiesa di Roma

Finora sono stati compiuti molti passi avanti, “anche a livello ecclesiologico e canonico”, sottolinea il Pontefice, che richiama i cristiani ad un maggiore impegno “verso il ripristino della piena comunione”, e che rende merito al lavoro finora portato avanti sia dalla Chiesa cattolica sia dal Patriarcato ecumenico per mezzo della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Il Papa quindi si appella affinché questo sforzo non si fermi mai, affinché “tutte le Chiese ortodosse autocefale tornino a partecipare attivamente a tale impegno”.

Da parte mia, desidero confermare che, in continuità con quanto insegnato dal Concilio Vaticano II e dai miei predecessori, perseguire la piena comunione tra tutti coloro che sono battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, nel rispetto delle legittime differenze, è una delle priorità della Chiesa cattolica e in modo particolare del mio Ministero di Vescovo di Roma, il cui ruolo specifico a livello di Chiesa universale consiste nell’essere al servizio di tutti per costruire e preservare la comunione e l’unità.

Leone XIV e Bartolomeo durante la Divina Liturgia (@Vatican Media)

I cristiani siano costruttori di pace

I cristiani, indica il Papa, devono rispondere insieme alle sfide e alle sollecitazioni poste dall’umanità e dal creato, facendosi “costruttori di pace” in un tempo caratterizzato da “sanguinosi conflitti e violenze in luoghi vicini e lontani”. La pace non è “solo il frutto di un impegno umano, bensì è dono di Dio” e per questo va chiesta “con la preghiera, con la penitenza, con la contemplazione, con quella relazione viva col Signore che ci aiuta a discernere parole, gesti e azioni da intraprendere, perché siano veramente a servizio della pace”. La collaborazione tra cristiani, in quanto custodi del Creato, prosegue Leone XIV, deve affrontare anche la crisi ecologica che stringe il mondo e per la quale occorre “un’autentica conversione spirituale per cambiare direzione e salvaguardare il creato”.

Il comune impegno delle Chiese dovrà far sì che insieme si possa anche affrontare “l’uso delle nuove tecnologie, specialmente nel campo della comunicazione”, affinché se ne promuova un uso responsabile “al servizio dello sviluppo integrale delle persone”, e per far sì che a tutti sia data la possibilità di accedervi, “perché tali benefici non siano solo riservati a un piccolo numero di persone e a interessi di pochi privilegiati”. Tre delle importanti sfide che i cristiani, conclude il Papa, dovranno affrontare con il pensiero al raggiungimento del bene comune.

Bartolomeo I: l'unità fra i cristiani, non un lusso ma un imperativo

A tornare con il pensiero alla Gerusalemme di 60 anni fa è anche Bartolomeo I che, nella sua omelia, ricorda l’abbraccio di Paolo VI e Atenagora come la "primavera spirituale" che seguì all’"inverno delle divisoni", cercando di superare "le divergenze del passato". Il Patriarca, nell’esprimere la gioia e la gratitudine di poter accogliere il Papa, sottolinea i vincoli di fratellanza che legano le due Chiese e che impongono di lavorare assieme per "proclamare la buona novella salla salvezza al mondo". Bartolomeo indica quindi come la visita del Papa, lo scambio delle delegazioni in occasione delle rispettive feste patronali, ogni 29 giugno, memoria liturgica dei Santi Pietro e Paolo, e ogni 30 novembre, in occasione delle celebrazioni di Sant’Andrea Apostolo, sono il simbolo del "concreto e personale impegno profondo nella ricerca dell’unità dei cristiani" nonché l'espressione della "sincera aspirazione al ripristino della piena comunione ecclesiale".

Bartolomeo durante la Divina Liturgia (@Vatican Media)

La celebrazione dell’anniversario del primo Concilio di Nicea, sottolinea ancora il Patriarca, "non può essere in alcun modo ridotto a interesse per un evento passato", rimane invece "il fondamento della nostra ricerca di unità dei cristiani oggi", una eredità attraverso la quale "i cristiani divisi si avvicineranno di più e raggiungeranno la loro tanto desiderata unità". Bartolomeo quindi, così come anche evidenziato da Leone XIV, rende merito al lavoro condotto dalla Commissione mista internazionale per il dialogo istituita da Papa Giovanni Paolo II e dal Patriarca ecumenico Dimitrios, il 30 novembre di 45 anni fa, che consente alle Chiese "in questo momento critico della storia, di affrontare le questioni spinose del passato per superarle e condurci verso il ripristino della piena comunione". L’unità dei cristiani "non è un lusso", conclude il Patriarca, ma un "imperativo" poiché dai cristiani ci si aspetta "un messaggio unificato di speranza", che sia di condanna verso la guerra e la violenza e di difesa verso la dignità umana e il creato. I cristiani, è l'invocazione del Patriarca, non possono essere complici "nello spargimento di sangue che avviene in Ucraina e in altre parti del mondo, né tacere dinanzi all’esodo di cristiani dalla culla del cristianesimo", ma devono "agire come operatori di pace, mostrarci come coloro che hanno fame e sete di giustizia e comportarci come buoni amministratori del creato".
(fonte: Vatican News, articolo di Francesca Sabatinelli 30/11/2025)


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La benedizione del Papa e del patriarca dal balcone del Fanar

Ultimo atto pubblico del viaggio apostolico del Pontefice in Türkiye è la benedizione ecumenica congiunta impartita alla folla, radunatasi nel cortile dinanzi alla chiesa di San Giorgio dove si è svolta la Divina Liturgia. Un abbraccio tra i due ha suggellato le due giornate intrise di ecumenismo del Papa a Istanbul. Nel pomeriggio la partenza per Beirut e i primi incontri istituzionali


Hanno benedetto la folla che si è radunata, dopo la Divina Liturgia, nella piazzetta fuori dalla Chiesa patriarcale di San Giorgio. Vescovi, cardinali, arcivescovi, ieromonaci, sacerdoti. Poi si sono presi per mano, scambiati un bacio fraterno e fatto ingresso, uno accanto all’altro, nella sede del Patriarcato. La benedizione ecumenica congiunta di Papa Leone XIV e di Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, al Fanar è stato l’ultimo atto pubblico del viaggio del Pontefice in Türkiye. Leone si prepara a partire per il Libano, seconda tappa della sua prima trasferta internazionale.

La mattinata dell'ultimo giorno

Il Pontefice ha concluso in mattinata il suo pellegrinaggio nel Paese snodo tra Europa ed Asia. Pellegrinaggio intriso di ecumenismo – ad eccezione del primo giorno, dedicato agli incontri con le autorità – con la commemorazione dei 1700 anni del Concilio di Nicea e le successive celebrazioni, durante le quali Bartolomeo è stato sempre al suo fianco. Anche oggi, all’indomani della firma di una Dichiarazione congiunta, il Papa è stato presente alla Divina liturgia presieduta dal patriarca nel piccolo scrigno di opere d’arte, icone antiche e arredi preziosi che è la chiesa di San Giorgio. Il Pontefice vi si è aggiunto dopo aver incontrato la comunità armena nella Cattedrale armena apostolica nel quartiere di Kumkapı, sito di commercio soprattutto di pelli e vestiti. Accanto al patriarca Sahak II, Leone XIV è stato salutato con un fragoroso applauso da due lunghe file di bambini delle scuole locali che indossavano una sciarpa rossa con impressi lo stemma del pontificato e il logo del viaggio apostolico. Dietro gli aberghas, i sacerdoti e monaci armeni, con il loro tradizionale veghar (il cappuccio appuntito nero); intorno i rappresentanti delle dernek, le associazioni di sostegno finanziario dell’intera comunità; nell’aria, il fumo dell’incenso, il rintocco delle campane e il suono di caratteristiche croci con i campanelli. Un rapido momento liturgico a cui è seguito quello più lungo e solenne della Divina liturgia, la celebrazione eucaristica del rito bizantino utilizzata dalla Chiesa ortodossa e nelle Chiese orientali.

La reliquia di San Pietro e la benedizione ecumenica

Al termine della funzione, durante la quale sia il Papa che il patriarca hanno pronunciato un’omelia, tutti i partecipanti si sono radunati nel cortile guardando al balcone di legno dove sventolavano i due arazzi: uno rosso e oro con lo stemma di Papa Leone e l’altro bordeaux, in velluto, con il simbolo del Patriarcato ecumenico. Il Papa e Bartolomeo I hanno venerato un reliquiario contenente una reliquia di San Pietro, dono, quest'ultimo di Papa Francesco nel 2019.

Si sono quindi diretti, salendo insieme le scale, verso la balconata adornata di fiori e da lì hanno impartito la benedizione congiunta. Lo avevano già fatto i loro predecessori in passato. È un segno della fraternità e della comunione tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli che dal 1964 – e cioè da quello storico incontro tra Paolo VI e Atenagora a Gerusalemme che revocò le reciproche scomuniche – scambiano le rispettive delegazioni in occasione delle rispettive feste dei santi patroni: a Roma il 29 giugno, memoria liturgica dei Santi Pietro e Paolo; il 30 novembre, a Istanbul per le celebrazioni di Sant’Andrea Apostolo.

Nel pomeriggio il volo per Beirut

Il Papa trascorre il pranzo al Fanar, dove, nella Sala del Trono, si svolge un ultimo colloquio con Bartolomeo alla presenza di alcuni alti dignitari del Patriarcato. La direzione successiva è l’aeroporto di Istanbul Atatürk dove si svolge la cerimonia di congedo dalla Türkiye, con il saluto delle rispettive Delegazioni e la Guardia d’Onore. Lo attende il Paese dei Cedri che ha visto l’ultima visita del Papa col viaggio di Benedetto XVI nel settembre 2012. Nel frattempo crisi politiche e sociali, l’acuirsi della povertà, la già citata esplosione del porto di Beirut, il dramma delle migrazioni emorragiche, in particolare dei giovani, la difficoltà nell’accoglienza – mai mancata – ai profughi, soprattutto quelli siriani, la guerra con i recenti bombardamenti di Israele ai quartieri di Hezbollah. Papa Leone è atteso in Libano da quarantott’ore intense tra appuntamenti istituzionali, a cominciare da quello con il presidente Joseph Aoun, alla guida del Paese da undici mesi, nel Palazzo presidenziale. Poi incontri religiosi, interreligiosi, pastorali, fino al momento tra i più attesi: la preghiera silenziosa davanti al monumento in acciaio del porto di Beirut, nella parte orientale della baia di San Giorgio, dove sono incisi uno per uno i nomi dei morti a causa della tragica esplosione del 2020. Lì saranno presenti anche alcuni sopravvissuti e familiari delle vittime.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 30/11/2025)

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Alle ore 13:45 (ora locale), il Santo Padre lascia il Patriarcato Ecumenico e si è trasferito in auto all’Aeroporto Istanbul-Atatürk dove si è svolta la cerimonia di congedo dalla Türkiye.

Al Suo arrivo all’Aeroporto, il Papa è stato accolto da un Ministro, con il quale ha raggiunto la Hall of Honor per un breve incontro privato.

Dopo il saluto delle rispettive Delegazioni e la Guardia d’Onore, il Santo Padre è salito a bordo di un A320neo di ITA Airways ed è partito alle 15.01 alla volta di Beirut, in Libano. L’aereo è atterrato alle ore 15.34 locali.



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