VIAGGIO APOSTOLICO DI LEONE XIV
IN TÜRKIYE E IN LIBANO
CON PELLEGRINAGGIO A İZNIK (TÜRKIYE)
IN OCCASIONE DEL 1700° ANNIVERSARIO DEL PRIMO CONCILIO DI NICEA
27 NOVEMBRE - 2 DICEMBRE 2025
Lunedì, 1 dicembre 2025
BEIRUT – BKERKÉ
16:00 INCONTRO ECUMENICO E INTERRELIGIOSO in Piazza dei Martiri a Beirut
17:45 INCONTRO CON I GIOVANI nel piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti a Bkerké
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Alle ore 15.30 (ora locale), il Santo Padre Leone XIV si è trasferito in auto a Piazza dei Martiri, per l’Incontro Ecumenico e Interreligioso.
Al suo arrivo, il Papa è stato accolto da il Patriarca Siro-Cattolico, il Patriarca Maronita, il Grande Imam Sunnita e il Rappresentante Sciita. Il Santo Padre ha raggiunto il palco, dove erano disposti gli altri leader religiosi.
Dopo il saluto di benvenuto del Patriarca Siro-Cattolico, una video testimonianza, le parole di un leader Sunnita, di un leader Greco-Ortodosso, di un leader Sciita, di un leader Siriaco-Ortodosso, di un leader Druso, di un leader Armeno-Ortodosso, di un leader Protestante e di un leader Alauita, il Papa ha pronunciato il suo discorso.
Successivamente, ha avuto luogo la piantumazione di un ulivo.
Al termine, dopo il canto finale della pace, il Papa, alle ore 17.40, si è trasferito in auto al Patriarcato di Antiochia dei Maroniti a Bkerké.
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INCONTRO ECUMENICO E INTERRELIGIOSO
Piazza dei Martiri (Beirut)
Lunedì, 1° dicembre 2025
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I leader religiosi: i libanesi chiedono stabilità e giustizia,
si lavori per la pace
Nella tenda allestita in Piazza dei Martiri a Beirut per l’incontro ecumenico ed interreligioso con Leone XIV, si alternano esponenti cristiani e musulmani che evidenziano la necessità di un “rafforzamento”, in Libano, “dell’unità nazionale”. Il Paese dei Cedri è la Nazione della convivenza e delle pluralità confessionali, che sono una ricchezza nella quotidianità. “Guerre artificiose in nome delle religioni” non esprimono la verità della religione, che si fonda sulla sacralità dell'essere umano
All’incontro ecumenico e interreligioso con il Papa nella Piazza dei Martiri di Beirut, simbolo della resistenza libanese durante la rivolta contro i turchi, nel corso della Prima Guerra Mondiale, e nel 2019 uno dei principali punti focali delle proteste antigovernative, è il patriarca siro-cattolico, Ignazio Youssif III Younan a dare il benvenuto al Pontefice. Auspica, anzitutto, “che la sua visita possa aiutare a instaurare la pace e la stabilità” in Libano e negli altri Paesi del Vicino Oriente” e ricorda che “coincide con due eventi storici”: il 1700.mo anniversario del concilio di Nicea, in occasione del quale le Chiese libanesi “hanno organizzato incontri ecumenici”, e i 60 anni della Nostra aetate e il suo “invito al dialogo interreligioso”. “I nostri popoli, prima di ogni altra cosa anelano alla stabilità politica, a una pace costruttiva e a una fraternità umana autentica tra tutti i cittadini”, dice il patriarca siro-cattolico, convinto che la presenza di Leone “incoraggerà a rafforzare” l’“impegno a vivere insieme in spirito di dialogo interreligioso sincero, dicendo la verità con carità e rispetto reciproco”, nella fedeltà alle proprie radici. Da qui l’impegno “a camminare insieme”, “ispirati dalla speranza”, e “a diventare costruttori di una pace autentica in Libano e in tutti i Paesi del Medio Oriente”.
"Beati gli operatori di pace"
Al saluto del patriarca siro-cattolico seguono il canto del Vangelo e quello del Corano, poi viene proiettato un reportage dal titolo "Beati gli operatori di pace", con iniziative, esperienze e testimonianze di vita dalle quali emerge che la coesistenza di diverse religioni, come quella che si sperimenta in Libano, “costituisce un’esperienza ricca per l'umanità intera”. Nel video viene espressa la speranza che nel Paese, dopo diversi conflitti, si possa raggiungere la piena “purificazione della memoria”, la “guarigione della memoria libanese dalle guerre”. L'augurio è che la visita di Leone “sia davvero una spinta affinché questo percorso si compia per costruire un futuro stabile”. Nel video si susseguono volti di persone che raccontano la loro quotidianità, cristiani e musulmani che vivono fianco a fianco e sognano un dialogo più ampio, una convivenza più pacifica, e viene illustrato, tra le iniziative volte a migliorarla, un programma per l'educazione a una cittadinanza attiva e inclusiva della diversità nelle scuole.
Il Papa tra i leader religiosi (@Vatican Media)
Diffondere il messaggio del Documento sulla Fratellanza Umana
A parlare si alternano, poi otto leader religiosi. Dal patriarca greco-ortodosso di Antiochia Yohanna X Yazigi, che ripercorre brevemente la storia cristiana del Libano e degli Stati vicini, per il Papa parole di benvenuto nella Nazione “che respira con i suoi due polmoni, islamico e cristiano”, “terra della convivenza”, “in cui le componenti si completano e si somigliano, anzi si fondono per formare il Libano”, mentre lo sceicco Abdullatif Darian, mufti della Repubblica del Libano, leader sunnita, rimarca che il Paese dei Cedri è la Nazione “della convivenza e della pluralità e diversità confessionali”, e che Maometto, nel Corano, scrive che Dio ha prescritto “di praticare la religione e di non dividerne l’unità”. Il rappresentante dei sunniti ricorda, poi, l’accoglienza ricevuta dai musulmani da parte del Negus, re cristiano dell’Abissinia, e il Patto di Medina, il quale, alla base del primo Stato islamico, “stabiliva che i credenti ebrei e cristiani, insieme ai musulmani costituissero un’unica nazione” e cita, inoltre, il Documento sulla Fratellanza Umana, firmato nel 2019 dal Grande Imam di Al-Azhar, Aḥmad al-Ṭayyib, e da Papa Francesco sottolineandone il messaggio. “Ci consideriamo insieme incaricati, religiosamente, moralmente e come nazione, a portare la fiaccola di questo messaggio - termina -, affinché la sicurezza e la pace prevalgano nel mondo e l’amore domini tra tutte le nazioni e i popoli”.
Lo sceicco Abdullatif Darian, mufti della Repubblica del Libano, leader sunnita (@Vatican Media)
Il Paese dei Cedri ponte tra Oriente e Occidente
Intervenendo a braccio, il Catholicos Aram I, che all’evento in piazza dei Martiri rappresenta gli armeni-ortodossi, ribadisce la ricchezza che scaturisce dall’incontro delle diversità nel Paese dei Cedri. Fa notare che la diversità si manifesta nell’unità, la quale preserva e arricchisce tale diversità al servizio di un Libano unito, sovrano e indipendente. Per il leader armeno-ortodosso, nella Nazione “la convivenza islamo-cristiana costituisce il fondamento”, “la particolarità”, della sua unicità e a sua volta l’“unità nella diversità e lo spirito di convivenza” che lo contraddistinguono ne fanno “un ponte tra l’Oriente e l’Occidente”. La sfida che il popolo libanese deve affrontare è mantenere salda la diversità “e forte la convivenza islamo-cristiana, approfondendo al tempo stesso e articolando concretamente” l’unità nazionale.
Il Catholicos Aram I, leader armeno-ortodosso (@Vatican Media)
Il mondo aiuti il Libano a liberarsi dalle crisi accumulate
Il vicepresidente del Consiglio Islamico Sciita Superiore, lo sceicco Ali El-Khatib, si augura che la permanenza del Pontefice porti al “rafforzamento dell’unità nazionale vacillante, in questo Paese piagato, a causa della continua aggressione israeliana contro il suo popolo e la sua terra”. “La nostra cultura spirituale è fondata sulla fratellanza umana”, aggiunge, spiegando che il successore di Maometto, l’Imam Ali ibn Ab Ṭalib, sulla natura dei rapporti tra gli esseri umani afferma che gli uomini sono da considerare o “fratelli nella fede”, o “simili nella creazione”. Il leader sciita specifica, inoltre, che l’islam considera la diversità parte della natura umana, e insegna “che il rapporto tra i diversi sia regolato dal dialogo, dalla conoscenza reciproca e dalla cooperazione nel bene e nella pietà; e che la convivenza pacifica tra i seguaci di religioni diverse sia la regola e il fondamento, e che” quanto “accade con guerre artificiose in nome delle religioni” non esprime “la verità della religione, che si fonda anzitutto sulla sacralità e la dignità dell’essere umano”. “Poniamo la questione del Libano nelle sue mani” conclude lo sceicco Ali El-Khatib rivolgendosi a Leone, sperando che “il mondo possa aiutare” il Paese a liberarsi dalle crisi accumulate”.
La struttura che ha ospitato l'incontro ecumenico e interreligioso (@Vatican Media)
La speranza di una pace fondata sulla giustizia
Al Pontefice, il patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente e capo supremo della Chiesa Siro-Ortodossa nel mondo Mar Ignazio Efraim II, a sua volta, non nasconde che negli ultimi anni, nei Paesi del Medio Oriente, “i musulmani e i cristiani sono diventati vittime” di campagne terroristiche e di guerre che hanno portato a migrazioni forzate, “sfide” che “hanno rafforzato la collaborazione tra le diverse Chiese” e portato a quello che Papa Francesco ha definito “ecumenismo del sangue”. Facendosi portavoce dei sentimenti comuni della gente, il patriarca siro-ortodosso specifica che tutti sperano “stabilità, giustizia e pace”, “una pace fondata sulla giustizia, che salvaguardi la dignità e la libertà dell’uomo, in uno Stato governato dal diritto e basato sull’uguaglianza nei diritti e nei doveri” e osserva che cristiani e musulmani da secoli convivono e condividono in Libano “dolori e speranze” e desiderano “continuare a vivere insieme”. “E sebbene il dialogo accademico tra i rappresentanti delle religioni sia importante, l’esperienza maturata nella vita concreta rimane l’elemento più determinante nel rafforzarlo”. Mar Ignazio Efraim II aggiunge che in Libano cristiani e musulmani hanno imparato che la convivenza è fondamentalmente “un dialogo di vita fondato sull’incontro sincero e sul rispetto reciproco” e che “l’incontro tra i figli di religioni diverse può edificare una società coesa capace di fronteggiare fanatismo e divisione, e di suscitare speranza”. Nella Nazione dei Cedri “la Chiesa del Libano e d’Oriente rimane testimone della coscienza umana, chiamando al dialogo schietto, al rispetto della libertà religiosa e alla salvaguardia della dignità di ogni persona” conclude il patriarca, certo che il Papa porterà nel suo cuore “le sofferenze di questo Oriente martoriato” e si adopererà “per alleviarle, e garantire una vita libera e dignitosa a tutti i suoi figli”.
Il Papa e il patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente e capo supremo della Chiesa Siro-Ortodossa nel mondo Mar Ignazio Efraim II (@Vatican Media)
Aprire le porte all'amore e alla misericordia
Nel suo intervento, lo sceicco Al-Aql della comunità drusa Sami Abi Al-Muna, indica il Libano come modello di diversità nell’unità. “Siamo persuasi che la nostra nazione debba essere costruita solo su solide e ferme fondamenta morali, che impongono a ogni famiglia spirituale di proteggere il proprio compagno in patria”, sostiene il leader druso, persuaso che l’incontro odierno tra cristiani e musulmani può “creare un barlume di speranza nell’attuale clima oscuro” e che dal Papa per tutti giunge un invito “ad aprire le porte dell’amore e della misericordia", dell’amore cristiano e della misericordia islamica, affinché la voce della pace sia più forte della voce delle guerre”.
Il Papa e il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti (@Vatican Media)
L'importanza della sinodalità
A nome, poi, delle Chiese protestanti del Libano, interviene il presidente del Consiglio Supremo della Comunità Evangelica in Siria e Libano Joseph Kassab, che si sofferma sulla sinodalità promossa negli ultimi anni dalla Chiesa cattolica, "un cammino da fare insieme, ascoltarsi a vicenda e scoprire la voce dello Spirito nella diversità", che non è solo "una questione ecclesiale" ma "una chiamata che il Libano tutto può accogliere". "Se i leader libanesi camminassero insieme... se si ascoltassero sinceramente, sarebbe più facile per noi capire le sofferenze del nostro popolo", considera aggiungendo che si potrebbe così scoprire "che il cammino verso la pace non è un sogno difficile, ma una pratica quotidiana che inizia con la fiducia". Da qui l'auspicio che la visita del Pontefice possa essere "un’occasione per invitare tutte le comunità del Libano ad una sinodalità nazionale, a camminare insieme per il Libano.
Il Papa all'arrivo fra i leader religiosi (@Vatican Media)
Mettere l'interesse nazionale al di sopra di tutto
Infine, lo sceicco Ali Kaddour, leader alauita, facendosi portavoce del Consiglio Islamico Alawita, definisce la presenza di Leone XIV in Libano "un sostegno a ogni voce che invita alla fraternità, alla tutela della dignità umana e al superamento delle ferite e delle divisioni che hanno gravato" sul Paese e sul popolo. "Noi tutti crediamo che l’essere umano sia il valore supremo, che le patrie si costruiscano mediante l’incontro e non lo scontro, mediante la partecipazione e non l’esclusione, mediante il rispetto reciproco e non il conflitto" continua, manifestando la volontà degli alauiti di sostenere "ogni iniziativa che rafforzi la stabilità, ravvivi la speranza nei cuori, incoraggi i libanesi al dialogo e alla comprensione reciproca, e metta l’interesse nazionale al di sopra di ogni altra considerazione".
(fonte: Vatican News, articolo di Tiziana Campisi 01/12/2025)
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Alle ore 17:40 (ora locale), il Santo Padre Leone XIV si è trasferito in auto al Patriarcato di Antiochia dei Maroniti a Bkerké per l’incontro con i giovani.
Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Patriarca di Antiochia dei Maroniti nel piazzale antistante il Patriarcato. Insieme, hanno compiuto un breve giro in golf-cart tra i giovani presenti.
Al termine, il Santo Padre e il Patriarca hanno raggiunto il palco dove sono stati accolti da due Vescovi, mentre il coro ha intonato un canto.
Dopo il saluto di benvenuto del Patriarca di Antiochia dei Maroniti, la Lettura del Vangelo e una presentazione scenica in 5D, i presenti hanno ascoltato la testimonianza di due volontari, di una giovane, di una giovane accompagnata dalla madre e le domande di due giovani.
Al termine, il Santo Padre ha pronunciato il suo discorso.
Sono seguiti poi il rito “promessa di pace e d’azione dei giovani”, la preghiera di ringraziamento, la benedizione, il dono dei giovani al Santo Padre e il canto finale.
Al termine dell’incontro, il Papa è salito in auto e si è trasferito alla Nunziatura Apostolica dove ha ricevuto i capi delle comunità islamiche e drusa del Libano: lo Sheikh Abdul Latif Derian, Gran Mufti del Paese, lo Sheikh Ali al-Khatib, Vice Presidente del Consiglio Supremo Islamico Sciita, lo Sheikh Ali Kaddour, Presidente del Consiglio Islamico Alawita, e lo Sheikh Sami Abu al-Muna, leader della Comunità Drusa.
Durante l’incontro si è parlato dei buoni rapporti tra le diverse comunità religiose, auspicando che si conservi la pluralità e la convivenza che rendono unico il Libano, mettendo fine alla violenza che ostacola la serenità e la vita stessa delle comunità.
L’incontro si è svolto in un clima cordiale ed è durato circa 30 minuti.
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INCONTRO CON I GIOVANI
Piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti (Bkerké)
Lunedì, 1° dicembre 2025
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Il Papa ai giovani:
avete il dono del tempo, usatelo per sognare e costruire la pace
Nel suo incontro con ragazzi e ragazze libanesi riuniti a Bkerké, nel piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti, Leone XIV li invita a cercare relazioni dalle radici solide, come i cedri che simboleggiano il Paese, in un mondo che sembra porre scadenze persino all’amore. Dopo aver ascoltato le loro testimonianze e risposto alle loro domande, stringe con loro una “promessa” per un futuro senza conflitti, un “chiarore d’aurora” capace di rischiarare la “notte buia” del mondo
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
In un mondo che fatica a riconoscersi allo specchio da quanto è “sfigurato”, dove niente sembra attecchire, apponendo scadenze persino all’amore, i giovani custodiscono un dono tanto sfuggente quanto potente: il tempo. C’è “un momento per ogni cosa”, ricordava il Libro del Qoelet, e nei giorni della giovinezza si aprono spazi per sognare, organizzare e dare vita a una pace che non si lasci portare via dal tempo che passa. Che attecchisca, sì, perché possiede radici profonde quanto sono ampie le sue fronde. Proprio come un cedro del Libano. È questo parallelo — un albero antico che ispiri le nuove generazioni radunate, come in una Gmg in miniatura, sulle alture di Bkerké affacciate sulla la baia di Jounieh — a fare da sfondo alle parole di Papa Leone XIV. Dal palco allestito sul piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti, il Pontefice si rivolge ai giovani, avvolti nelle bandiere della loro patria mentre sventolano quelle bianche e gialle della Città del Vaticano: li ascolta, risponde alle loro domande, e insieme a loro stringe una “promessa di pace”, che somiglia al “chiarore dell’aurora” intravisto nella “notte buia” che l’umanità attraversa.
Il Papa tra i giovani (@Vatican Media)
“Voi avete il tempo!”Assalamu lakum!
“La pace sia con voi!” Il Papa saluta in lingua araba per farsi prossimo ai circa 15mila presenti, provenienti non soltanto dal Libano, ma anche da Siria e Iraq. Alcuni di loro, durante l’incontro, condividono le proprie storie, parlando di “coraggio nella sofferenza”, “speranza nella delusione” e “pace interiore” laddove infuria la guerra. Esperienze nelle quali ciascuno può rispecchiarsi, ma che nel caso del Libano raccontano la vicenda di un Paese attraversato da ferite profonde, “che stentano a rimarginarsi”, perché oltrepassano i confini nazionali e si intrecciano con complesse dinamiche sociali e politiche.
Carissimi giovani, forse vi rammaricate di aver ereditato un mondo lacerato da guerre e sfigurato dalle ingiustizie sociali. Eppure c'e speranza, in voi risiede speranza! Voi avete un dono, che spesso a noi adulti sembra ormai sfuggire. Voi avete speranza! Voi avete il tempo! Avete più tempo per sognare, organizzare e compiere il bene. Voi siete il presente e tra le vostre mani già si sta costruendo il futuro! E avete l’entusiasmo per cambiare il corso della storia! La vera resistenza al male non è il male, ma l’amore, capace di guarire le proprie ferite, mentre si curano quelle degli altri.
Una giovane presente all'incontro con il Papa (@Vatican Media)
“Siate la linfa di speranza che il Paese attende!”
Al Libano sono spesso associati i suoi cedri, simboli di unità e fecondità. Il Papa, che pronuncia il suo discorso in lingua inglese, ne richiama la particolare conformazione:
Sappiamo bene che la forza del cedro è nelle radici, che normalmente hanno le stesse dimensioni dei rami. Il numero e la forza dei rami corrisponde al numero e alla forza delle radici.
Un dettaglio che richiama il “tanto bene” presente nella società libanese, frutto dell’impegno umile di numerosi operatori di pace: “radici buone” che non mirano a far crescere solo una fronda, ma il cedro “in tutta la sua bellezza”.
Attingete dalle radici buone dell’impegno di chi serve la società e non “se ne serve” per i propri interessi. Con un generoso impegno per la giustizia, progettate insieme un futuro di pace e di sviluppo. Siate la linfa di speranza che il Paese attende!
Il Papa tra i giovani (@Vatican Media)
“La pace non è autentica se è solo frutto di interessi di parte”
Leone XIV prosegue rispondendo alla prima domanda posta dai giovani: come rimanere “saldi nella speranza” nel contesto di un Paese “privo di stabilità” sociale ed economico, soffocato dal timore di un conflitto “che potrebbe scoppiare da un momento all’altro”.
Carissimi, questo punto fermo non può essere un’idea, un contratto o un principio morale. Il vero principio di vita nuova è la speranza che viene dall’alto: è Cristo! Gesù è morto e risorto per la salvezza di tutti. Egli, il Vivente, è il fondamento della nostra fiducia; Egli è il testimone della misericordia che redime il mondo da ogni male.
Il male della guerra si estirpa attraverso una riconciliazione che non nasce da “interessi di parte”, ma dal principio di non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a sé stessi. Leone XIV riprende le parole di san Giovanni Paolo II: “non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”, ribadendo che al cuore dell’assenza di conflitti risiede la riconciliazione.
“Non si ama davvero se si ama a termine”
La seconda domanda riguarda le relazioni, sempre più rapide nel loro evolversi: “dall’incontro alla separazione, dall’impegno all’abbandono”. Per coltivarne di sincere e autentiche, il Papa mette in guardia dall’individualismo. I rapporti, osserva, appaiono sempre più effimeri e “consumati” come oggetti. La fiducia nel prossimo viene spesso sostituita dalla ricerca del proprio tornaconto, svuotando i concetti di amicizia e affetto, talvolta confusi con “un senso di soddisfazione egoistica”.
Se al centro di una relazione di amicizia o di amore c’è il nostro io, questa relazione non può essere feconda. Allo stesso modo, non si ama davvero se si ama a termine, finché dura un sentimento: un amore a scadenza è un amore scadente. Al contrario, l’amicizia è vera quando dice “tu” prima di “io”. Questo sguardo rispettoso e accogliente verso l’altro ci consente di costruire un “noi” più grande, aperto all’intera società, a tutta l’umanità.
L’amore autentico e duraturo riflette lo splendore di Dio, “che è amore”, e si fonda sulla fiducia reciproca e sul “per sempre” che accompagna la vocazione familiare e quella alla vita consacrata.
“Costruite un mondo migliore di quello che avete trovato!”
Amore e carità, afferma il Papa, testimoniano “la presenza di Dio nel mondo”. Lo fanno parlando un linguaggio universale, rivolto ai cuori, non tramite ideali astratti, ma attraverso le storie di Gesù e dei santi. A questi ultimi, soprattutto ai più giovani, il Papa invita a guardare, per tracciare nuove strade senza lasciarsi scoraggiare da ingiustizie o “contro-testimonianze”.
Con la forza che ricevete da Cristo, costruite un mondo migliore di quello che avete trovato! Voi giovani siete più diretti nel cucire relazioni con gli altri, anche diversi per background culturale e religioso. Il vero rinnovamento, che un cuore giovane desidera, comincia dai gesti quotidiani: dall’accoglienza del vicino e del lontano, dalla mano tesa all’amico e al profugo, dal difficile ma doveroso perdono del nemico.
Leone XIV richiama figure come san Pier Giorgio Frassati e san Carlo Acutis, canonizzati nel corrente anno giubilare, oltre ai libanesi: santa Rafqua, con la sua resistenza al dolore, e il beato Yakub El-Haddad, vicino ai più bisognosi.
Il Papa mentre pronuncia il suo discorso (@Vatican Media)
“Abbiate un tempo per chiudere gli occhi”
Spicca poi il fulgido esempio, ancora più splendente nella “penombra in cui decise di ritirarsi”, di san Charbel, considerato patrono del Paese, sulla cui tomba questa mattina il Papa si è recato in preghiera. La sua raffigurazione con gli occhi chiusi – “come per trattenere un mistero infinitamente più grande” – ha ispirato un canto che Leone XIV cita:
O tu che dormi e i tuoi occhi sono luce per i nostri, sulle tue palpebre è fiorito un grano d’incenso.
In un mondo dominato da “distrazioni e vanità”, il Papa invita i giovani a riservare un tempo per “chiudere gli occhi” e guardare a Dio, che "a volte sembra silenzioso o assente", ma si rivela a chi lo cerca nel silenzio. Sull’esempio di san Charbel e riprendendo l’invito di Benedetto XVI ai cristiani del Levante, Leone XIV incoraggia a “coltivare continuamente l’amicizia vera con Gesù attraverso la preghiera”.
“La speranza è una virtù povera”
Dagli occhi di san Charbel, il discorso si posa sullo sguardo di Maria, la cui corona del Rosario tanti giovani portano sempre con sé, “in tasca, al polso o al collo”. E giunge fino a san Francesco, alla sua preghiera “semplice e bellissima” che il Papa consegna alle nuove generazioni:
O Signore, fa’ di me uno strumento della tua Pace: dove è odio, fa che io porti l’Amore; dove è offesa, che io porti il perdono; dove è discordia, che io porti l’unione; dove è dubbio, che io porti la fede; dove è errore, che io porti la verità; dove è disperazione, che io porti la speranza; dove è tristezza, che io porti la gioia; dove sono le tenebre, che io porti la luce.
Un invito all’entusiasmo nel suo senso cristiano, ovvero “avere Dio nell’animo”, e anche alla speranza: virtù “povera” perché si presenta a mani vuote, ma libere “per aprire le porte che sembrano chiuse dalla fatica, dal dolore e dalla delusione”.
Giovani presenti all'incontro con il Papa (@Vatican Media)
“Crescete vigorosi”
Leone XIV conclude il suo discorso rassicurando i giovani sulla presenza costante di Dio, del suo sostegno nelle sfide della vita e della storia.
Giovani libanesi, crescete vigorosi come i cedri e fate fiorire il mondo di speranza!
Il giro tra i giovani e i doni offerti
All’arrivo del Papa, Bkerké si trasforma in una piccola Roma, e lo spazio antistante il Patriarcato diventa quasi una Piazza San Pietro in miniatura. Leone XIV compie un breve giro in golf-cart, salutando i giovani mentre il canto Jesus Christ, You Are My Life, inno della GMG del Duemila, accompagna la scena. Una volta salito sul palco, al Pontefice vengono offerti diversi doni, tra cui semi di grano e spighe germogliate nei pressi del porto di Beirut dopo l’esplosione del 4 agosto 2020, che uccise 218 persone e ferì più di 7 mila persone. Il Papa prende poi la parola per una preghiera di apertura in francese, invocando “la pace e la tranquillità” su tutti i presenti.
I doni offerti al Papa (@Vatican Media)
Il saluto del Patriarca
È il cardinale Patriarca di Antiochia dei Maroniti, Béchara Boutros Raï, a pronunciare poi un saluto di benvenuto. La Chiesa Maronita, che prende nome dal suo fondatore, l’asceta San Maroun, è da sempre pienamente in comunione con la Sede Apostolica. Il legame si rinnova nelle parole del porporato: “Beati gli operatori di pace”. Un’espressione evangelica che risuona in una terra, quella libanese, dove Oriente e Occidente si intrecciano in un dialogo di culture, confessioni e civiltà. Il Paese le accoglie tutte e così abbraccia Leone XIV, "il Papa della pace": attraverso “la tenerezza delle sue ferite” più che “lo splendore dei palazzi”, offrendo in dono “lacrime diventate perle di speranza” e le sue montagne “trasformate in altari di supplica”, quest’ultima rivolta specialmente da parte dei giovani, perché “il pluralismo diventi una ricchezza”.
La presentazione in 5D
Dopo la lettura di un brano del Vangelo di Giovanni, va in scena una presentazione in 5D: un’esperienza immersiva che, superando la semplice tridimensionalità, aggiunge allo spettacolo nuovi stimoli sensoriali. Scene di giubilo e spensieratezza si alternano ad altre più cupe, illuminate da un globo terrestre luminoso portato da una bambina, sul quale si innalza un ramo fiorito. Da questa immagine prende avvio la prima testimonianza, quella di Anthony e Maria, volontari dopo l’esplosione al porto di Beirut. Raccontano una devastazione che ha ferito “non solo le pietre, ma anche i cuori”. Eppure, fra quelle macerie, molti giovani hanno offerto aiuto senza chiedere nulla sull’identità o sulla provenienza di chi soccorrevano: “Eravamo semplicemente esseri umani che aiutavano altri esseri umani”.
Chi sceglie di rimanere
Lo spettacolo si anima: una colomba luminosa passa di mano in mano tra i giovani sul palco, mentre i globi illuminati — partiti da uno solo — iniziano a moltiplicarsi. Poi compare una barca con la bandiera libanese: è il preludio alla testimonianza di Élie. “Vattene, emigra, salvati”: erano queste le parole che gli rimbombavano nella mente. In un Paese dove non c’è “un solo giorno” in cui si sappia cosa porti il domani, le prospettive sono limitate. Il crollo economico aveva fatto svanire i suoi risparmi e i sogni costruiti su di essi. Nonostante la possibilità di trasferirsi in Francia, Élie ha scelto di restare: “Le difficoltà non sono un motivo per fuggire, ma un invito a riflettere di più, ad amare di più e ad agire per cambiare qualcosa”, anche se in cambio si è costretti a cedere una parte del proprio benessere. “Come potrei andarmene mentre il mio Paese soffre? Come potrei andarmene mentre vedo che Dio continua ad agire su questa terra?”, si è chiesto. La risposta l’ha trovata nella fiducia: il Libano non può sopravvivere “senza una gioventù che crede in esso”. Ed è per questo che lui, come tanti altri, ha scelto di rimanere: “Perché, nonostante tutto, il Libano merita ancora che si sogni di lui”.
La barca con la bandiera libanese (@Vatican Media)
Due amiche e l’accoglienza di una famiglia
Dopo, è la volta di Joelle, anch’ella libanese. La sua storia inizia nell’estate del 2024, quando trascorre due mesi in Francia con la comunità di Taizé. Lì conosce Asil, giovane conterranea musulmana con cui resta in contatto anche dopo il ritorno a casa. Quando la guerra si intensifica, una mattina il telefono di Joelle squilla: è Asil, che nel frattempo è rimasta in Francia, ma teme per la sua famiglia. “I bombardamenti sono violenti… non sanno dove andare”. Senza esitazioni, Joelle risponde: “Che vengano a casa mia”. Sua madre, uscita per comprare un letto in più, incrocia per caso la famiglia di Asil — “come se Dio stesso avesse guidato i loro passi”. Da quel momento, le distanze si annullano: la differenza di religione non è un ostacolo. “Ho capito una verità essenziale: Dio non abita solo nelle chiese o nelle moschee. Dio si manifesta quando cuori diversi si incontrano e si amano come fratelli”, afferma Joelle. Roukaya, la madre di Asil, sale sul palco con lei e racconta risate e lacrime condivise come un’unica famiglia. “Ho capito che la religione non si dice: si vive, in un amore che supera ogni confine”.
La promessa di pace e azione
Le domande dei giovani innescano poi il discorso del Papa, a cui fa seguito il rito della “promessa di pace e d’azione”. Inizia Leone XIV:
Amati giovani del Libano, vengo a voi con la pace di Cristo e ho trovato in voi cuori ardenti di fede. Siete pronti a essere artefici di pace in un mondo sofferente?
Ragazzi e ragazze rispondono:
O Signore, Ti promettiamo di essere giovani artefici di pace, portatori di riconciliazione nei nostri cuori, seminando speranza nel nostro Paese, vivendo come figli della luce e testimoniando ovunque il Tuo amore. Aiutaci a essere lievito di unità, voce per la giustizia e costruttori di pace, nella Chiesa e nella nazione. Amen.
La benedizione del Papa e un “Grazie a tutti!”, pronunciato in italiano, ma anche in arabo — "Shukran!" — suggellano l’incontro, che si conclude con il dono al Pontefice di un’icona raffigurante Cristo Pantocratore, la Vergine Maria e san Giovanni Battista nella parte superiore, e, alla base, giovani impegnati a spegnere un mondo in fiamme. Leone XIV si protrarrà in Libano fino a domani, 2 dicembre. Come previsto e programmato dalla Prefettura della Casa Pontificia, mercoledì 3 dicembre non ci sarà l’udienza generale. Sabato 6 dicembre si terrà l'udienza giubilare.
Il Papa incontra i giovani in Libano (@Vatican Media)
(fonte: Vatican News, articolo di Edoardo Giribaldi 01/12/2025)
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