Don Tonino Bello,
il poeta della parola che costruiva la Pace
Il 20 aprile del 1993 muore il Vescovo di Molfetta, protagonista della Marcia su Sarajevo nei giorni del conflitto etnico
Un servitore del vangelo a tutti gli effetti, uno dei migliori interpreti dello spirito del Concilio Vaticano II, un uomo poco conforme alle logiche di potere nel senso più generale del concetto, un punto di riferimento anche per i non credenti. Don Tonino Bello, Vescovo di Molfetta, portava metaforicamente le schegge della Croce con sé, nella bisaccia del cercatore. Era coerente, incontrava il prossimo e l'altro come rivelazione e come profezia. Un esponente della Chiesa in mezzo alla gente, tra gli ultimi e i deboli, con i poveri e per i poveri. Alle parole faceva sempre seguire i fatti. I giovani, che considerava prima il presente e poi il futuro della società, erano i suoi migliori alleati.
Figlio di un carabiniere e di una casalinga di una famiglia del basso Salento, aveva trascorso l'infanzia ad Alessano, dove l'economia agricola era la maggiore causa di sostentamento. Amministratore della parrocchia del Sacro Cuore di Ugento, parroco della Chiesa Matrice di Tricase, coltivò sin da ragazzo una particolare attenzione nei confronti degli indigenti, sia con l'istituzione della Caritas e sia con la promozione di un osservatorio delle povertà. Una volta vescovo della diocesi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, sin dagli esordi fece del suo ministero un esempio di rinunce e di tutto ciò che considerava un segno di potere, promuovendo la costituzione di gruppi Caritas in tutte le parrocchie della diocesi e fondando una comunità per la cura delle tossicodipendenze.
Don Tonino lasciava sempre aperti gli uffici dell'episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che magari non sapevano dove passare la notte. Con questi gesti, tenendo al collo una semplice croce di legno, concepì quella che definì la "Chiesa del grembiule", cioè della necessità incombente di farsi umili per agire da dentro le cause dell'emarginazione sociale in tutte le sue pieghe.
Succedendo a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, alla guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace, si fece protagonista di importanti e coraggiosi interventi all'interno di una Chiesa che troppo spesso, specie nelle parrocchie, giustificava la guerra e accondiscendeva alle decisioni dei governi in tal senso. Don Tonino Bello prese un'altra strada, quella del ''Tu non uccidere'' come valore universale e da difendere. Si schierò così contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle e contro l'intervento bellico nella Guerra del Golfo, attirandosi l'accusa di istigare alla diserzione. Poco se ne curò e andò avanti.
Venne poi il momento della conoscenza profonda del dolore, della diagnosi di un tumore allo stomaco. Benché già operato, il 7 dicembre 1992 si mise a capo di un'impresa civile coraggiosa, non protetta e per questo sconsigliata. Partì insieme a circa cinquecento volontari da Ancona verso la costa dalmata, dalla quale iniziò una marcia a piedi che lo avrebbe condotto dentro la città di Sarajevo, posta sotto assedio serbo a causa della guerra civile. Un prova dell'acqua e del fuoco – come dirà poi lo stesso Vescovo – che sfidò il tiro da cecchini serbi che potevano rappresentare un pericolo per i manifestanti. Il viaggio, che riuscì nel suo intento, fu salutato al ritorno come una grande vittoria del fronte pacifista in tutta Italia. Benché malato, Don Tonino Bello continuò nella sua missione, parlando alle nuove generazioni, ai fedeli, scrivendo articoli, difendendo la causa della convivialità come ideale comune per creare una nuova società.
Morì a Molfetta il 20 aprile 1993. L'anno successivo gli fu conferito il Premio Nazionale Cultura della Pace alla memoria. Il 27 novembre 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ha avviato il suo processo di beatificazione.
Don Tonino Bello usciva di notte per andare a raccogliere i diseredati, era un instancabile messaggero della parola di Dio, soprattutto dell'esempio umano di Gesù, della sua sofferenza di uomo tra gli uomini, ma anche dell'entusiasmo di una fede che non aveva paura di confrontarsi e di apparire, di interagire e di riscoprirsi. Ha lasciato le sue scarpe rotte, l'estrema consapevolezza di una povertà cercata e voluta. E' ancor oggi una presenza che manca, la testimonianza di un grande insegnamento che ha maturato frutti buoni. Una figura scomoda, per certi versi, ma reale e sicuramente viva in chi gli ha voluto bene e in chi ha ricevuto dalle sue parole un motivo in più per guardare alla vita come un dono da spendere e non sprecare appresso ad inutili illusioni partorite dagli eccessi e le storture del caos contemporaneo, dai suoi individualismi e dal consumismo economico, umano e valoriale.
Un giorno, rivolgendosi ai giovani, disse: ''Amate la gente senza chiedere nulla in cambio. Anche quando l’altro non vi potrà dare nulla di buono, amatelo. Non vogliate bene ai vostri compagni soltanto perché sono bravi, perché scambiano con voi tante cose; vogliate bene anche a coloro che non vi danno nulla''. Don Tonino Bello, con il suo messaggio, ha anticipato i tempi. Il suo bisogno di una ''Chiesa povera'' ha attraversato gli anni intatto ed è oggi attualità, in quel desiderio che è sempre presente negli uomini di buona volontà: ''Alzatevi, Costruttori di Pace''. Ora più che mai.
(fonte: ilmamilio.it 20 Aprile 2022)
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