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lunedì 4 aprile 2022

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO A MALTA (2-3 APRILE 2022) Primo giorno (mattina) - Cronaca, foto testi e video

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
A MALTA

2-3 APRILE 2022


Sabato 2 aprile 2022

ROMA - MALTA

8:30 Partenza in aereo dall’Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino per Malta
10:00 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Malta
10:00 Cerimonia di benvenuto presso l'Aeroporto Internazionale di Malta
10:50 Visita di cortesia al Presidente della Repubblica nella "Ambassadors' Chamber" del Palazzo del Gran Maestro a La Valletta
11:35 Incontro con il Primo Ministro nella "Pages' Chamber" del Palazzo del Gran Maestro a La Valletta
11:50 Incontro con le Autorità e il Corpo Diplomatico nella "Grand Council Chamber" del Palazzo del Gran Maestro a La Valletta

Incontro con famiglie di rifugiati ucraini

Prima di lasciare Casa Santa Marta, diretto a Malta per il suo 36° viaggio apostolico, il Papa ha incontrato alcune famiglie di rifugiati provenienti dall’Ucraina ospitate dalla Comunità di Sant’Egidio, accompagnate dal card. Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio.


Quindi il Papa si è trasferito in auto all’aeroporto di Fiumicino da dove – alle ore 8.39 – è partito alla volta di Malta a bordo di un A320/ ITA Airways.

Partenza in aereo dall’Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino per Malta

Come di consueto, nel momento di lasciare il territorio italiano, Francesco ha fato pervenire al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, un telegramma in cui si legge: “Nel momento in cui lascio il territorio italiano per recarmi in visita pastorale a Malta, paese di luminosa bellezza al centro del Mediterraneo, nonché porto millenario di molteplici approdi e partenze, nella gioia di incontrare i fratelli nella fede e le persone del luogo, a lei, signore presidente, e all’intero popolo italiano, rivolgo i più cordiali saluti, a cui unisco fervidi auguri di serenità e di pace”.

Papa Francesco è salito a bordo dell'aereo Airbus A320 di Ita Airways che lo conduce a Malta all'aeroporto di Fiumicino con l'ausilio di un apposito elevatore, senza potersi affacciare, come di consueto, dal portellone del velivolo per porgere i saluti ai presenti, sia per il dolore alle ginocchia di cui soffre in questi giorni, sia per motivi di sicurezza, a causa del forte vento.


Saluto ai giornalisti durante il volo



In volo verso Malta, nel mezzo di varie turbolenze, Papa Francesco ha avuto il tempo solo per un saluto molto breve all’inizio, per lasciare spazio al momento personale con gli oltre 70 giornalisti salutandoli uno ad uno come fa di solito. 

Alla domanda di un corrispondente, Francesco ha risposto che un eventuale suo viaggio a Kiev è una proposta presa in considerazione. Tra i vari doni, al Papa è stato consegnato dalla corrispondente di Radio Cope, Eva Fernández, il dipinto realizzato da un migrante di nome Daniel Jude Okeoguale che ritrae il suo naufragio e la disperazione di non essere riuscito a salvare gli altri compagni. "Non sono sicuro che questo quadro rifletta quello che sento veramente, perché il mio cuore sta ancora sanguinando. Una parte della mia anima è stata strappata il giorno del naufragio", si legge in una lettera di accompagnamento dell'autore. "Per quanto abbia teso le mie mani, non ho potuto salvare i miei fratelli dalla morte. L'unico che avrei potuto trascinare sul gommone non ha voluto che lo salvassi quando ha capito che non sarei stato in grado di salvare gli altri". Già precedentemente il Papa aveva ricevuto un'altra opera di Daniel e subito ha riconosciuto 'la mano' dell'artista.


Arrivo a Malta

Il Papa è arrivato a Malta intorno alle 10, puntuale secondo la tabella di marcia. Al suo arrivo all’aeroporto di Malta, è stato accolto dal Presidente della Repubblica, George William Vella, e dalla consorte. Due bambini in abito tradizionale gli hanno consegnato un omaggio floreale. 


Dopo la presentazione delle rispettive delegazioni, l’esecuzione degli inni e la Guardia d’onore, il Presidente della Repubblica e la consorte accompagnano il Papa nella Presidential Lounge and Ministerial Cip Lounge. Quindi Francesco si trasferisce in auto al Palazzo del Gran Maestro a La Valletta, per la visita di cortesia al presidente e l’incontro con le autorità e con il Corpo diplomatico. Al suo arrivo al Palazzo del Gran Maestro, Papa Francesco è accolto dal Presidente della Repubblica e dalla consorte che lo accompagnano nella Pages’ Chamber dove ha luogo lo scambio dei doni. Quindi si recano nella Ambassadors’ Chamber. Dopo la foto ufficiale si svolge l’incontro privato. Dopo la presentazione della famiglia e la firma del Libro d’onore, Vella accompagna Francesco nella Pages’ Chamber dove ha luogo un breve incontro in privato con il primo ministro, Robert Abela, e i familiari. Al termine, il presidente, il Papa e il primo ministro si recano nella Grand Council Chamber 
per l’incontro con le autorità – occasione del primo incontro pubblico in terra maltese – e, nel passaggio da una sala all’altra, il Santo Padre saluta alcune autorità del Governo.







INCONTRO CON LE AUTORITÀ, LA SOCIETÀ CIVILE E IL CORPO DIPLOMATICO

"Grand Council Chamber" del Palazzo del Gran Maestro a La Valletta




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DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente della Repubblica,
Membri del Governo e del Corpo diplomatico,
distinte Autorità religiose e civili,
insigni Rappresentanti della società e del mondo della cultura,
Signore e Signori!

Vi saluto cordialmente e ringrazio il Signor Presidente per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti i cittadini. I vostri antenati diedero ospitalità all’Apostolo Paolo mentre era diretto a Roma, trattando lui e i suoi compagni di viaggio «con rara umanità» (At 28,2); ora, venendo da Roma, sperimento anch’io la calorosa accoglienza dei maltesi, tesoro che nel Paese si tramanda di generazione in generazione.

Per la sua posizione Malta può essere definita il cuore del Mediterraneo. Ma non solo per la posizione: l’intreccio di avvenimenti storici e l’incontro di popolazioni fanno da millenni di queste isole un centro di vitalità e di cultura, di spiritualità e di bellezza, un crocevia che ha saputo accogliere e armonizzare influssi provenienti da molte parti. Questa diversità di influssi fa pensare alla varietà dei venti che caratterizzano il Paese. Non a caso nelle antiche rappresentazioni cartografiche del Mediterraneo la rosa dei venti era spesso collocata vicino all’isola di Malta. Vorrei prendere in prestito proprio l’immagine della rosa dei venti, che posiziona le correnti d’aria in base ai quattro punti cardinali, per delineare quattro influssi essenziali per la vita sociale e politica di questo Paese.

È prevalentemente da nord-ovest che i venti soffiano sulle isole maltesi. Il nord richiama l’Europa, in particolare la casa dell’Unione Europea, edificata perché vi abiti una grande famiglia unita nel custodire la pace. Unità e pace sono i doni che il popolo maltese chiede a Dio ogni volta che intona l’inno nazionale. La preghiera scritta da Dun Karm Psaila recita infatti: «Dona, Dio Onnipotente, saggezza e misericordia a chi governa, salute a chi lavora, e assicura al popolo maltese unità e pace». La pace segue l’unità e sgorga da essa. Ciò richiama l’importanza di lavorare insieme, di anteporre la coesione a ogni divisione, di rinsaldare radici e valori condivisi che hanno forgiato l’unicità della società maltese.

Ma per garantire una buona convivenza sociale, non basta consolidare il senso di appartenenza; occorre rafforzare le fondamenta del vivere comune, che poggia sul diritto e sulla legalità. L’onestà, la giustizia, il senso del dovere e la trasparenza sono pilastri essenziali di una società civilmente progredita. L’impegno a rimuovere l’illegalità e la corruzione sia dunque forte, come il vento che, soffiando da nord, spazza le coste del Paese. E siano sempre coltivate la legalità e la trasparenza, che permettono di sradicare malvivenza e criminalità, accomunate dal fatto di non agire alla luce del sole.

La casa europea, che s’impegna nel promuovere i valori della giustizia e dell’equità sociale, è anche in prima linea per la salvaguardia della più ampia casa del creato. L’ambiente in cui viviamo è un regalo del cielo, come ancora riconosce l’inno nazionale, chiedendo a Dio di guardare la bellezza di questa terra, madre adornata della più alta luce. È vero, a Malta, dove la luminosità del paesaggio allevia le difficoltà, il creato appare come il dono che, fra le prove della storia e della vita, ricorda la bellezza di abitare la terra. Va perciò custodito dall’avidità vorace, dall’ingordigia del denaro e dalla speculazione edilizia, che non compromette solo il paesaggio, ma il futuro. Invece, la tutela dell’ambiente e la giustizia sociale preparano l’avvenire, e sono ottime vie per far appassionare i giovani alla buona politica, sottraendoli alle tentazioni del disinteresse e del disimpegno.

Il vento del nord si mescola spesso con quello che spira da ovest. Questo Paese europeo, in particolare nella sua gioventù, condivide infatti gli stili di vita e di pensiero occidentali. Da ciò derivano grandi beni – penso per esempio ai valori della libertà e della democrazia –, ma anche rischi su cui occorre vigilare, perché la brama del progresso non porti a staccarsi dalle radici. Malta è un meraviglioso “laboratorio di sviluppo organico”, dove progredire non significa tagliare le radici con il passato in nome di una falsa prosperità dettata dal profitto, dai bisogni indotti dal consumismo, oltre che dal diritto di avere qualsiasi diritto. Per uno sviluppo sano, è importante custodire la memoria e tessere con rispetto l’armonia tra le generazioni, senza lasciarsi assorbire da omologazioni artificiali e da colonizzazioni ideologiche, che spesso avvengono, per esempio, nel campo della vita, del principio della vita. Sono colonizzazioni ideologiche che vanno contro il diritto alla vita dal momento del concepimento.

Alla base di una crescita solida c’è la persona umana, il rispetto della vita e della dignità di ogni uomo e di ogni donna. Conosco l’impegno dei maltesi nell’abbracciare e proteggere la vita. Già negli Atti degli Apostoli vi distinguevate per salvare tanta gente. Vi incoraggio a continuare a difendere la vita dall’inizio fino al suo termine naturale, ma anche a custodirla in ogni momento dallo scarto e dalla trascuratezza. Penso specialmente alla dignità dei lavoratori, degli anziani e dei malati. E ai giovani, che rischiano di buttare via il bene immenso che sono, inseguendo miraggi che lasciano dentro tanto vuoto. È quello che provocano il consumismo esasperato, la chiusura alle necessità degli altri e la piaga della droga, che soffoca la libertà creando dipendenza. Proteggiamo la bellezza della vita!

Proseguendo nella rosa dei venti, guardiamo a sud. Da lì giungono tanti fratelli e sorelle in cerca di speranza. Vorrei ringraziare le Autorità e la popolazione per l’accoglienza loro riservata in nome del Vangelo, dell’umanità e del senso di ospitalità tipico dei maltesi. Secondo l’etimologia fenicia, Malta significa “porto sicuro”. Tuttavia, di fronte al crescente afflusso degli ultimi anni, timori e insicurezze hanno generato scoraggiamento e frustrazione. Per ben affrontare la complessa questione migratoria occorre situarla entro prospettive più ampie di tempo e di spazio. Di tempo: il fenomeno migratorio non è una circostanza del momento, ma segna la nostra epoca. Porta con sé i debiti di ingiustizie passate, di tanto sfruttamento, di cambiamenti climatici e di sventurati conflitti di cui si pagano le conseguenze. Dal sud povero e popolato masse di persone si spostano verso il nord più ricco: è un dato di fatto, che non si può respingere con anacronistiche chiusure, perché non vi saranno prosperità e integrazione nell’isolamento. C’è poi da considerare lo spazio: l’allargamento dell’emergenza migratoria – pensiamo ai rifugiati dalla martoriata Ucraina adesso – chiede risposte ampie e condivise. Non possono alcuni Paesi sobbarcarsi l’intero problema nell’indifferenza di altri! E non possono Paesi civili sancire per proprio interesse torbidi accordi con malviventi che schiavizzano le persone. Purtroppo questo succede. Il Mediterraneo ha bisogno di corresponsabilità europea, per diventare nuovamente teatro di solidarietà e non essere l’avamposto di un tragico naufragio di civiltà. Il mare nostrum non può diventare il cimitero più grande dell’Europa.

E a proposito di naufragio, penso a San Paolo, che nel corso della sua ultima traversata nel Mediterraneo giunse su queste coste in modo imprevisto e fu soccorso. Poi, morso da una vipera, fu giudicato un malvivente; poco dopo, invece, venne ritenuto una divinità per non averne subito conseguenze (cfr At 28,3-6). Tra le esagerazioni dei due estremi sfuggiva l’evidenza primaria: Paolo era un uomo, bisognoso di accoglienza. L’umanità viene prima di tutto e premia in tutto: lo insegna questo Paese, la cui storia ha beneficiato del disperato arrivo dell’apostolo naufrago. In nome del Vangelo che egli visse e predicò, allarghiamo il cuore e riscopriamo la bellezza di servire i bisognosi. Continuiamo su questa strada. Mentre oggi, nei confronti di chi attraversa il Mediterraneo in cerca di salvezza, prevalgono il timore e “la narrazione dell’invasione”, e l’obiettivo primario sembra essere la tutela ad ogni costo della propria sicurezza, aiutiamoci a non vedere il migrante come una minaccia e a non cedere alla tentazione di innalzare ponti levatoi e di erigere muri. L’altro non è un virus da cui difendersi, ma una persona da accogliere, e «l’ideale cristiano inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia permanente, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale ci impone» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 88). Non lasciamo che l’indifferenza spenga il sogno di vivere insieme! Certo, accogliere costa fatica e richiede rinunce. Anche per San Paolo fu così: per mettersi in salvo fu prima necessario sacrificare i beni della nave (cfr At 27,38). Ma sono sante le rinunce fatte per un bene più grande, per la vita dell’uomo, che è il tesoro di Dio!

C’è, infine, il vento proveniente da est, che spesso soffia all’aurora. Omero lo chiamava “Euro” (Odissea V,379.423). Ma proprio dall’est Europa, dall’Oriente dove sorge prima la luce, sono giunte le tenebre della guerra. Pensavamo che invasioni di altri Paesi, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche fossero ricordi oscuri di un passato lontano. Ma il vento gelido della guerra, che porta solo morte, distruzione e odio, si è abbattuto con prepotenza sulla vita di tanti e sulle giornate di tutti. E mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà. Ora, nella notte della guerra che è calata sull’umanità, per favore, non facciamo svanire il sogno della pace.

Malta, che brilla di luce nel cuore del Mediterraneo, può ispirarci, perché è urgente ridare bellezza al volto dell’uomo, sfigurato dalla guerra. Una bella statua mediterranea risalente a secoli prima di Cristo raffigura la pace, Irene, come una donna che ha in braccio Pluto, la ricchezza. Ricorda che la pace genera benessere e la guerra solo povertà. E fa pensare il fatto che nella statua pace e ricchezza siano raffigurate come una mamma che tiene in braccio un bimbo. La tenerezza delle madri, che danno al mondo la vita, e la presenza delle donne sono l’alternativa vera alla logica scellerata del potere, che porta alla guerra. Di compassione e di cura abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi, che si nutrono di parole d’odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo, della gente comune.

Più di sessant’anni fa, a un mondo minacciato dalla distruzione, dove a dettare legge erano le contrapposizioni ideologiche e la ferrea logica degli schieramenti, dal bacino mediterraneo si levò una voce controcorrente, che all’esaltazione della propria parte oppose un sussulto profetico in nome della fraternità universale. Era la voce di Giorgio La Pira, che disse: «La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi» (Intervento al Congresso Mediterraneo della Cultura, 19 febbraio 1960). Sono parole attuali; possiamo ripeterle perché hanno una grande attualità. Quanto ci serve una “misura umana” davanti all’aggressività infantile e distruttiva che ci minaccia, di fronte al rischio di una “guerra fredda allargata” che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni! Quell’“infantilismo”, purtroppo, non è sparito. Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri. Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace. Ci siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi. Ed è triste vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza. E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche.

Ma la soluzione alle crisi di ciascuno è prendersi cura di quelle di tutti, perché i problemi globali richiedono soluzioni globali. Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato, ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno! E gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione.

Guardando ancora ad est, vorrei infine rivolgere un pensiero al vicino Medio Oriente, che si riflette nella lingua di questo Paese, la quale si armonizza con altre, quasi a ricordare la capacità dei maltesi di generare benefiche convivenze, in una sorta di convivialità delle differenze. Di questo ha bisogno il Medio Oriente: il Libano, la Siria, lo Yemen e altri contesti dilaniati da problemi e violenza. Malta, cuore del Mediterraneo, continui a far pulsare il battito della speranza, la cura per la vita, l’accoglienza dell’altro, l’anelito di pace, con l’aiuto di Dio, il cui nome è pace.

Dio benedica Malta e Gozo!


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Al termine del discorso Francesco, il presidente Vella e il premier Abela con le consorti, i cardinali del seguito papale Pietro Parolin (Segretario di Stato) e Mario Grech (maltese, segretario generale del Sinodo), l’arcivescovo di Malta Charles J. Scicluna e il vescovo di Gozo Anthony Teuma si affacciano dal balcone del Palazzo del Gran Maestro per salutare la folla festante che grida "Viva il Papa!". Quindi il Pontefice si trasferisce in nunziatura, per pranzare in privato.