Il Papa è arrivato alle 16.35 nell’Aula del Sinodo, per aprire la 71ª Assemnblea della Cei, in corso in Vaticano fino al 24 maggio sul tema: “Quale presenza ecclesiale nell’attuale contesto comunicativo”.
Al suo arrivo, tutti i cardinali e vescovi italiani che partecipano ai lavori di questi giorni si sono alzati in piedi e hanno salutato il Santo Padre con un applauso. Poi è iniziata la preghiera, con il canto del “Veni, creator Spiritus” accompagnato dal suono dell’organo.
Dopo un momento di preghiera, il Card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha salutato il Santo Padre ringraziandolo per il recente dono dei tre nuovi cardinali italiani.
“Le vogliamo dire che lei stasera è a casa sua. Non solo perché siamo in Vaticano – ha spiegato il cardinale – ma soprattuto perché noi la sentiamo padre, la sentiamo fratello, la sentiamo amico, e quindi questa sua presenza ci riempie di gioia e gratitudine”. Bassetti ha cominciato il suo saluto “con un piccolo aneddoto” riguardante la sua vita. “Nel 1979 – ha raccontato – il card. Benelli mi chiamò per affidarmi il Seminario maggiore di Firenze, una cosa molto più grande delle mie poche possibilità. Mi sembrò di sprofondare, e gli ho chiesto: cosa devo fare?”. “A me basta una cosa”, la risposta di Benelli: “Fa in modo che tutte le volte che vengo io mi senta a casa mia”. Infine il presidente della Cei ha ringraziato Papa Francesco “per il dono dei cardinali che lei ha fatto alla Chiesa”. “Ci sentiamo particolarmente fieri dei nostri cardinali”, ha detto Bassetti nominandoli uno ad uno: mons. Angelo De Donatis, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma; mons. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo di L’Aquila; mons. Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato. “Grazie davvero, Padre Santo!”, il saluto prima del discorso a braccio del Papa.
L’intervento di Papa Francesco ha aperto i lavori della 71ª Assemblea Generale della CEI, in Vaticano. Il Papa ha voluto condividere tre preoccupazioni con l’Episcopato italiano, prima di dar loro la parola.
Prima preoccupazione: la crisi delle vocazioni. “È in gioco la nostra paternità – ha detto Francesco -. È il frutto avvelenato della cultura del provvisorio e del relativismo, legata anche al calo delle nascite e agli scandali”. “È triste – ha aggiunto – vedere questa terra fertile e generosa di vocazioni entrare in una sterilità vocazionale senza trovare rimedi efficaci”.
Perché non pensare – ha suggerito – ad una più concreta e generosa condivisione fidei donum anche tra le diocesi italiane? Siete capaci di fare questo?”.
Seconda preoccupazione: povertà evangelica e trasparenza. “La povertà è madre della vita apostolica e muro che la protegge. Senza povertà non c’è servizio. Chi crede non può parlare di povertà e vivere come un faraone, conducendo una vita di lusso o gestendo i beni della Chiesa come fossero i propri”.
“Abbiamo il dovere – ha affermato Francesco – di gestire i beni con esemplarità, attraverso regole chiare e comuni. Nella CEI si è fatto molto in questi anni, ma si può fare ancora di più”.
Terza preoccupazione: riduzione e accorpamento delle diocesi. Papa Francesco ha ricordato di averne parlato già a maggio del 2013. “Si tratta – ha detto – di una esigenza pastorale studiata ed esaminata più volte. Già Paolo VI nel ‘64 e nel ‘66 aveva parlato di numero eccessivo delle diocesi. Un argomento datato e attuale, trascinato per troppo tempo. È ora di fare quello che è possibile fare”.
“Ora lascio a voi la parola – ha concluso il Pontefice – e vi ringrazio per la vostra parresia”.
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Benvenuti in Vaticano. Ma credo che quest’aula [quella del Sinodo] è in Vaticano soltanto quando c’è il Papa, perché è sul territorio italiano. Anche l’Aula Paolo VI… Dicono che è così, non è vero?
Grazie tante della vostra presenza per inaugurare questa giornata di Maria Madre della Chiesa. Noi diciamo dal nostro cuore, tutti insieme: “Monstra te esse matrem”. Sempre: “Monstra te esse matrem”. E’ la preghiera: “Facci sentire che sei la madre”, che non siamo soli, che Tu ci accompagni come madre. E’ la maternità della Chiesa, della Santa Madre Chiesa Gerarchica, che è qui radunata… Ma che sia madre. “Santa Madre Chiesa Gerarchica”, così piaceva dire a Sant’Ignazio [di Loyola]. Che Maria, Madre nostra, ci aiuti affinché la Chiesa sia madre. E – seguendo l’ispirazione dei padri – che anche la nostra anima sia madre. Le tre donne: Maria, la Chiesa e l’anima nostra. Tutte e tre madri. Che la Chiesa sia Madre, che la nostra anima sia Madre.
Vi ringrazio per questo incontro che vorrei fosse un momento di dialogo e di riflessione. Ho pensato, dopo avervi ringraziato per tutto il lavoro che fate – è abbastanza! –, di condividere con voi tre mie preoccupazioni, ma non per “bastonarvi”, no, ma per dire che mi preoccupano queste cose, e voi vedete… E per dare a voi la parola così che mi rivolgiate tutte le domande, le ansie, le critiche – non è peccato criticare il Papa qui! Non è peccato, si può fare – e le ispirazioni che portate nel cuore.
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Al termine del discorso di Papa Francesco è cominciato subito il dibattito a porte chiuse.