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mercoledì 3 luglio 2024

Intenzione di preghiera per il mese di Luglio 2024: Preghiamo per la pastorale degli infermi. (commento, testo, video e tweet)

Intenzione di preghiera per il mese di Luglio 2024 
Preghiamo per la pastorale degli infermi.

Nel mese di Luglio Papa Francesco chiede di pregare “perché il sacramento dell’Unzione degli infermi doni alle persone che lo ricevono e ai loro cari la forza del Signore, e diventi sempre più per tutti un segno visibile di compassione e di speranza”. 

 Guarda il video

Il testo in italiano del videomessaggio del Papa

Questo mese preghiamo per la pastorale degli infermi.

L’Unzione degli infermi non è un sacramento solo per coloro che sono in punto di morte. No. È importante che questo sia chiaro.

Quando il sacerdote si avvicina a una persona per amministrarle l’Unzione degli infermi, non sta necessariamente aiutandola a congedarsi dalla vita. Pensarla così significa rinunciare a ogni speranza.

È dare per scontato che dopo il sacerdote arriverà il becchino.

Ricordiamo che l'Unzione degli infermi è uno dei “sacramenti di guarigione”, di “cura”, che sana lo spirito.

E quando una persona è molto malata, è consigliabile darle l’Unzione degli infermi. E quando una persona è anziana, è bene che riceva l’Unzione degli infermi.

Preghiamo perché il sacramento dell’Unzione degli infermi doni alle persone che lo ricevono e ai loro cari la forza del Signore, e diventi sempre più per tutti un segno visibile di compassione e di speranza.


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Il conforto, motore della speranza

“Quando il sacerdote si avvicina a una persona per amministrarle l’Unzione degli infermi, non sta necessariamente aiutandola a congedarsi dalla vita. Pensarla così significa rinunciare a ogni speranza. È dare per scontato che dopo il sacerdote arriverà il becchino”, afferma Francesco all’inizio del video.

I sacramenti della Chiesa sono doni; sono le forme in cui Gesù si rende presente per benedire, incoraggiare, accompagnare, consolare. La Chiesa crede e confessa che il sacerdote viene in aiuto amministrando l’Unzione degli infermi, un sacramento che offre conforto a coloro che soffrono di una malattia e ai loro cari.

Un sacramento di dimensione comunitaria

L’invito di Papa Francesco alla preghiera di tutta la Chiesa è un modo per rendere visibile che l’Unzione degli infermi è un sacramento di natura comunitaria e relazionale.

“Nel momento del dolore e della malattia noi non siamo soli: il sacerdote e coloro che sono presenti durante l’Unzione degli infermi rappresentano infatti tutta la comunità cristiana che, come un unico corpo si stringe attorno a chi soffre e ai familiari, alimentando in essi la fede e la speranza, e sostenendoli con la preghiera e il calore fraterno”, ha affermato il Papa a febbraio 2014, davanti a migliaia di fedeli, in un’udienza generale dedicata a questo sacramento.

La vicinanza di Gesù

Questo sacramento assicura la vicinanza di Gesù al dolore di chi è gravemente malato o anziano, il sollievo delle sue sofferenze e il perdono dei suoi peccati, ma non va accostato a un miracolo di guarigione del corpo o alla morte imminente.

L’Unzione degli infermi è, molte volte, il sacramento dimenticato o meno riconosciuto, come aggiunse il Papa proprio in quell’udienza del 2014. Tuttavia, “è Gesù stesso che arriva per sollevare il malato, per dargli forza, per dargli speranza, per aiutarlo; anche per perdonargli i peccati. E questo è bellissimo!”: da qui viene la sua importanza pastorale.

Le immagini che accompagnano le parole di Francesco a corredo dell’intenzione di preghiera di questo mese – girate in due diocesi statunitensi: quella di Allentown, in Pennsylvania, e quella di Los Angeles, in California – evidenziano proprio i contesti differenti in cui il sacramento può essere amministrato. Nel video, realizzato proprio da un team di professionisti dell’arcidiocesi di Los Angeles, si intrecciano infatti due storie apparentemente molto diverse per età e situazione clinica del malato, ma unite dalla grazia del sacramento e dal grande affetto dei cari che si stringono intorno a chi lo riceve.

L’Unzione degli Infermi alla luce dei Vangeli

Padre Frédéric Fornos S.J., Direttore Internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, sottolinea che, sebbene molti abbiano riscoperto la profondità del sacramento dell’Unzione degli infermi, esso viene ancora spesso inteso come un modo per preparare i malati alla morte. “Lo dice proprio Papa Francesco, ricordando che quando qualcuno è gravemente malato si tende sempre a posticipare il sacramento dell’Unzione degli infermi: c’è un po’ l’idea che dopo il sacerdote arrivino le pompe funebri (Udienza Generale del 26 febbraio 2014). Per questo, Papa Francesco desidera che questo mese possiamo riscoprire tutta la profondità e il vero senso di questo sacramento: non solo come una preparazione alla morte, ma come un sacramento che offre conforto ai malati in tempi di malattia grave, ai loro cari e forza a coloro che li assistono”.

“La persona malata non è sola; con il sacerdote e le persone presenti, è tutta la comunità cristiana che la sostiene con le sue preghiere, nutrendo la sua fede e la sua speranza, e assicurando a lei e alla sua famiglia che non sono soli nella sofferenza. Tutti conosciamo persone malate, preghiamo per loro, e se riteniamo che stiano affrontando una malattia grave – o magari sono anziani in condizioni sempre più precarie – non esitiamo a proporre loro di vivere questo sacramento di consolazione e speranza”, ha concluso Padre Fornos.

Anche nel mese di Luglio l'intenzione di preghiera del Papa è stata divulgata con un tweet


martedì 2 luglio 2024

La strage degli innocenti

La strage degli innocenti


«La memoria non è altro che assuefazione». Quanto valgono, oggi, le parole di Giacomo Leopardi, di fronte alle scene che arrivano dal Mediterraneo: in una settimana, a distanza di poche ore l’uno dall’altro, due naufragi. L’uno a largo di Lampedusa, l’altro davanti alle coste calabresi.

«Mai più», s’era detto nel 2015 davanti all’immagine straziante di Aylan Kurdi, il bimbo di 3 anni trovato morto sulla spiaggia turca di Bodrum mentre scappava dalla guerra in Siria.

E così tante altre volte prima e dopo di lui, ad esempio, pochi mesi fa, dopo la tragedia sulle coste di Cutro: 95 vittime, tra cui 35 minori. Ma alle parole, all’indignazione, alle richieste costanti delle organizzazioni umanitarie che soccorrono i migranti è mancata la concretezza.

E così uomini, donne e bambini che scappano da guerre, violenza e siccità continuano a morire nel tentativo di raggiungere l’Europa: ad oggi stando ai dati di Save the Children, solo nel 2024 sono stati 920 i morti e i dispersi nel Mare Nostrum: più di cinque persone al giorno, oltre 29.800 dal 2014. Adesso, di nuovo.

E per qualche giorno torneranno al centro del discorso – anche politico – i miserabili del mondo, che salpano da terre lontane su barchette precarie e qualche volta arrivano a destinazione, qualche altra vengono salvati – quando visti in tempo – dalla Guardia costiera e dalle Ong. Oppure muoiono affogati o asfissiati, come a Lampedusa e a Roccella: famiglie e bambini, disposti a rischiare – e a perire – per respirare aria di libertà.

Insieme a loro, nel Mediterraneo naufraga anche la tradizione europea di accoglienza e sensibilità per i diritti fondamentali.

Si erge sempre più alta, come scoglio insormontabile, l’incapacità di riflettere con responsabilità sulle gravi sfide e sulle immense risorse di questo spazio globale, denunciando complicità mortali con i trafficanti di armi e di migranti, e di guardare al Mediterraneo come fa papa Francesco, con sguardo lucido e fraterno, pieno di speranza, per amore di Cristo Gesù, nel solco di un cammino profetico, ispirato al Vangelo e al dovere di servire sempre, in stagione e fuori stagione, la dignità di ogni persona.

Ma tra le onde scompare anche una civiltà, giuridica e culturale, basata sulla consapevolezza che non possano esistere né Unione, né euro, né Europa, e tanto meno pace, senza il rispetto dei diritti fondamentali. Perché, a ben pensare, davvero questo è: ogni naufragio è il simbolo di un fallimento collettivo, dell’impotenza – o dell’imperizia – degli Stati nell’opera di tutela della vita umana, nell’assicurare un sostegno ai più deboli.

L’Italia come terra di approdo, cimitero di speranza tradita. Si spegneranno presto i riflettori, almeno fino alla prossima strage degli innocenti.

Valgano ad alimentare la fiammella dell’indignazione le parole scritte da Tesfalid Tesfom, giovane migrante eritreo, naufragato al largo di Lampedusa e sepolto ora nel cimitero di Modica. Nel suo portafogli sono state ritrovate intatte delle poesie scritte durante il viaggio. Una recitava così: «Ora non ho nulla, perché in questa vita nulla ho trovato, se porto pazienza non significa che sono sazio, perché chiunque avrà la sua ricompensa, io e te fratello ne usciremo vittoriosi affidandoci a Dio. Ti prego fratello, prova a comprendermi, chiedo a te perché sei mio fratello, ti prego aiutami, perché non chiedi notizie di me, non sono forse tuo fratello?».
(fonte: Settimana News, articolo di Vincenzo Bertolone 30/06/2024)



lunedì 1 luglio 2024

La teologa che dirige una parrocchia

Una esperienza in Austria
Con stipendio, ferie, pensione

La teologa che dirige una parrocchia


«Il mio lavoro ha un senso». Sabine Meraner, 31 anni, dirige una parrocchia in Austria. Non è un caso isolato. Nei Paesi di lingua tedesca, le teologhe cattoliche possono scegliere tra molte professioni e ministeri ecclesiastici. E più della metà degli studenti di teologia in Germania, Austria e Svizzera tedesca sono donne. Sanno che la Chiesa ha bisogno di loro e le cerca. Anche se oggi sempre meno giovani vogliono studiare teologia e lavorare nelle diocesi.

Jenbach è un comune di 7.500 abitanti in Tirolo, a meno di 70 chilometri dal Brennero. Nella chiesa parrocchiale cattolica di San Wolfgang e San Leonardo, un edificio del primo 500 sul tratto tirolese del Cammino di Santiago, il sole splende dolcemente attraverso le alte e colorate vetrate. All’interno c’è una messa per bambini. Una giovane donna in camice liturgico inizia spiegando che oggi è un giorno di gioia, mentre il vicario parrocchiale indiano celebra l’Eucaristia. C’è felicità nell’aria, i bambini - e alcuni genitori - cantano a squarciagola. Proprio una festa.

Sabine Meraner, la donna in camice, tiene una predica nel suo dialetto tirolese, guarda e parla direttamente ai bambini di 8 anni, descrivendo loro cosa significa incontrare Gesù nel sacramento. In seguito, ogni bambino sale all’altare e riceve l’abito da comunione che indosserà presto per la prima comunione. Mentre Eliah lo riceve con entrambe le mani, la sua sorella maggiore - la chierichetta a fianco alla donna in camice - sorride. «Sono così radiosi, i bambini», dice Sabine Meraner più tardi nella nostra conversazione. «Se si chiede loro, durante la commemorazione del battesimo: Volete questa amicizia con Gesù? E loro ti guardano e dicono felici: “Sì, lo voglio”, mi rendo conto che sono un tassello nella loro vita e posso parlare loro di Gesù. È bello».

Sabine Meraner ha un entusiasmo per il suo lavoro che è immediatamente contagioso. Eppure i suoi compiti nella comunità sono impegnativi. Se qualcuno ha bisogno di lei, è presente, anche nel suo giorno libero o di notte, «perché credo che sia questo il punto. Quando ci si prende cura di una parrocchia, si tratta delle persone e non dell'edificio». Come curatrice parrocchiale – questo il nome del modello di leadership tramite laici nella sua diocesi di Innsbruck - è responsabile di tutte le questioni pastorali e organizzative della sua parrocchia. «Quando muore qualcuno, vado dalla famiglia e parlo con loro del lutto subito, poi celebro il funerale, insieme al sacerdote o da sola. Benedico i bambini all’inizio dell’anno scolastico, celebro con loro in chiesa il Natale, la Pasqua e le feste principali. Ho le mie responsabilità nella liturgia, mi vengono assegnati i turni di predicazione, preparo anche le grandi funzioni e ne parlo con il vicario, che di solito è a nostra disposizione come sacerdote».

Le decisioni vengono prese insieme al parroco, al vicario, al diacono e al personale a tempo pieno. Come teologa, Sabine Meraner attribuisce grande importanza a questo aspetto. «Grazie a Dio non devo fare tutto da sola, mai potrei farlo. Ma ho la responsabilità finale».

Sabine Meraner è dipendente della Diocesi di Innsbruck. Riceve uno stipendio, gode di ferie e ha diritto a una pensione. Come lei, centinaia di altre donne laureate in teologia lavorano nelle diocesi di Austria, Germania e Svizzera, anche in ruoli di leadership. Le insegnanti di religione continuano a fornire servizi preziosi, ma sono finiti i tempi in cui le teologhe potevano di fatto lavorare solo come insegnanti e, più raramente, come docenti universitarie. Anni fa, la teologa Daniela Engelhard, allora responsabile dell'ufficio di pastorale della Diocesi di Osnabrück, ha stilato un elenco di oltre 50 posizioni aperte a laici e quindi a donne nella Chiesa cattolica: dai servitori dell'altare agli operatori di pastorale per i malati, dai responsabili della liturgia della parola ai giudici diocesani. La maggior parte delle teologhe cattoliche oggi in servizio nella Chiesa lavora nelle parrocchie come referenti pastorali. Nessuna diocesi di lingua tedesca può oggi fare a meno di queste donne, sostiene Stephanie Feder dell'Associazione Hildegardis, un'organizzazione cattolica tedesca di quasi 120 anni che promuove gli studi femminili e mira ad aumentare il numero di donne negli impegnativi ruoli ecclesiastici con un programma di mentoring molto apprezzato. Secondo i rapporti unanimi provenienti dai tre Paesi, le teologhe non hanno più problemi di vedersi accettate in ambito pastorale. In Svizzera, i teologi laici, comprese le donne, lavorano da tempo alla guida delle parrocchie, in alcuni casi anche in coppie di teologi sposati che condividono la posizione. Sono affiancati da un sacerdote, come richiede il diritto canonico.

E negli ultimi anni si è sviluppato di più in termini di leadership condivisa. Sotto il cardinale Reinhard Marx, l’arcidiocesi di Monaco-Frisinga, una delle più grandi in ambito tedesco, ha una doppia leadership composta dal vicario generale e da un capo ufficio donna (che però è un avvocato). Il seminario della Diocesi di Innsbruck è guidato insieme da un rettore, cioè un sacerdote, e da una giovane teologa esperta. Sia la Caritas Germania che la Caritas Austria hanno per la prima volta delle donne alla guida. In entrambi i Paesi, i vescovi si sono impegnati a portare un maggior numero di donne qualificate nelle posizioni di leadership della Chiesa, gli austriaci persino tramite una quota rosa. La vicinanza all'altare e all'ambone delle donne varia da diocesi a diocesi. In alcune, alla guida della parrocchia è legato l’incarico di predicazione, in altre il vescovo lo concede caso per caso. Nella diocesi di Linz, nota per le sue innovazioni, l’abate del monastero di S. Floriano ha chiamato una teologa a predicare alla grande funzione del 4 maggio 2022 per San Floriano, patrono della diocesi. Più o meno nello stesso periodo, in Germania, il primo vescovo - Franz-Josef Overbeck di Essen - autorizzò alcune teologhe del ministero pastorale ad amministrare il battesimo ai bambini, in modo che le famiglie non dovessero aspettare troppo a lungo la disponibilità di un sacerdote o diacono.

Se oggi le teologhe sono sempre più visibili nei ministeri della Chiesa, molti fattori hanno avuto un ruolo importante. Si pensi alla carenza di sacerdoti, ma anche alla relativa ricchezza delle chiese locali in Germania, Austria e Svizzera. «Siamo una delle poche aree al mondo in cui la Chiesa ha i mezzi per impiegare molto personale cosiddetto laico, perché gli stipendi devono essere abbastanza alti da mantenere una famiglia», spiega Arnd Bünker, direttore dell'Istituto svizzero di sociologia pastorale di San Gallo. In altri Paesi, le diocesi non possono permettersi di assumere teologi laici, anche se fossero aperte alle nuove forme di pastorale che ciò comporterebbe. Per questo motivo le giovani decidono raramente di studiare teologia: non potrebbero guadagnarsi da vivere. Di conseguenza, la teologia rischia di rimanere una sorta di scienza segreta, rilevante e accessibile solo ai sacerdoti.

Il fatto che sempre meno giovani studino teologia è un problema anche per la Chiesa nei Paesi di lingua tedesca. È vero che oltre la metà degli studenti di teologia sono donne, ma l’interesse per questa materia diminuisce di anno in anno tra gli uomini e le donne. Questo non è dovuto alle prospettive di carriera: «La Chiesa li sta reclutando anche prima della laurea, sia per l'insegnamento che per la parrocchia o per altri settori della cura pastorale», osserva Gabriele Eder-Cakl, direttrice dell’Istituto pastorale austriaco della Conferenza episcopale di Vienna. A suo avviso, lo studio della teologia rimane molto attraente perché insegna una solida conoscenza della fede e il discernimento. Tuttavia, aggiunge, questo riflette anche l’insoddisfazione delle giovani cattoliche per il fatto che la loro Chiesa le esclude dal ministero sacramentale vero e proprio - il ministero sacerdotale.

Sabine Meraner di Jenbach non si sente chiamata a fare il sacerdote. Quando qualcuno la chiama scherzosamente «signora parroco», lo fa in modo riconoscente, ma a lei non piace lo stesso, racconta Sabine. «Allora chiarisco: il sacerdozio è una vocazione a sé stante. Io sono una curatrice parrocchiale. Non è un “mezzo prete”, ma un ministero con una propria vocazione». E vuole che i giovani ai quali è così felice di servire lo sentano. Vuole essere lei stessa un modello, rendendo tangibile la sua gioia e il suo entusiasmo per questo ministero laicale. «Annunciare Gesù agli altri, confortare chi è in lutto, tutto ciò che ne consegue. Sono incontri in cui si fa il bene. Posso dire con orgoglio: il mio lavoro ha un senso».
(fonte: DONNE CHIESA MONDO, articolo di Gudrun Sailer giugno 2024)

Papa Francesco: «Dio è uno che ti prende per mano e ti rialza, uno che si lascia toccare dal tuo dolore e ti tocca per guarirti e ridonarti la vita. Egli non discrimina nessuno perché ama tutti.» Angelus del 30 giugno 2024 (Testo e video)

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 30 giugno 2024



Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Il Vangelo della liturgia odierna ci racconta due miracoli che sembrano essere intrecciati fra loro. Mentre Gesù va a casa di Giairo, uno dei capi della sinagoga, perché la sua figlioletta è gravemente malata, lungo la strada una donna emorroissa gli tocca il mantello e Lui si ferma per guarirla. Nel frattempo, annunciano che la figlia di Giairo è morta, ma Gesù non si ferma, arriva nella casa, va nella camera della fanciulla, la prende per mano e la rialza, riportandola in vita (Mc 5,21-43). Due miracoli, uno di guarigione e un altro di risurrezione.

Queste due guarigioni sono raccontate in un unico episodio. Entrambe avvengono attraverso il contatto fisico. Infatti, la donna tocca il mantello di Gesù e Gesù prende per mano la fanciulla. Per quale motivo è importante questo “toccare”? Perché queste due donne – una perché ha perdite di sangue e l’altra perché morta – sono considerate impure e quindi con loro non può esserci un contatto fisico. E invece Gesù si lascia toccare e non ha paura di toccare. Gesù si lascia toccare e non ha paura di toccare. Prima ancora della guarigione fisica, Egli mette in crisi una concezione religiosa sbagliata, secondo cui Dio separa i puri da una parte e gli impuri dall’altra. Invece, Dio non fa questa separazione, perché tutti siamo suoi figli, e l’impurità non deriva da cibi, malattie, e nemmeno dalla morte, ma l’impurità viene da un cuore impuro.

Impariamo questo: davanti alle sofferenze del corpo e dello spirito, alle ferite dell’anima, alle situazioni che ci schiacciano, e anche davanti al peccato, Dio non ci tiene a distanza, Dio non si vergogna di noi, Dio non ci giudica; al contrario, Egli si avvicina per farsi toccare e per toccarci, e sempre ci rialza dalla morte. Sempre ci prende per mano per dirci: figlia, figlio, alzati! (cfr Mc 5,41), cammina, vai avanti! “Signore sono peccatore” – “Vai avanti, io mi sono fatto peccato per te, per salvarti” – “Ma tu Signore, non sei peccatore” – “No, ma io ho subito tutte le conseguenze del peccato per salvarti”. È bello questo!

Fissiamo nel cuore questa immagine che Gesù ci consegna: Dio è uno che ti prende per mano e ti rialza, uno che si lascia toccare dal tuo dolore e ti tocca per guarirti e ridonarti la vita. Egli non discrimina nessuno perché ama tutti.

E allora possiamo chiederci: noi crediamo che Dio è così? Ci lasciamo toccare dal Signore, dalla sua Parola, dal suo amore? Entriamo in relazione con i fratelli offrendo loro una mano per rialzarsi, oppure ci teniamo a distanza ed etichettiamo le persone in base ai nostri gusti e alle nostre preferenze? Noi etichettiamo le persone. Vi faccio una domanda: Dio, il Signore Gesù, etichetta le persone? Ognuno si risponda. Dio etichetta le persone? E io, vivo continuamente etichettando le persone?

Fratelli e sorelle, guardiamo al cuore di Dio, perché la Chiesa e la società non escludano, non escludano nessuno, non trattino nessuno da “impuro”, perché ciascuno, con la propria storia, sia accolto e amato senza etichette, senza pregiudizi, sia amato senza aggettivi.

Preghiamo la Vergine Santa: Lei che è Madre della tenerezza, interceda per noi e per il mondo intero.

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Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

saluto tutti voi, romani e pellegrini di diversi Paesi!

Saluto in particolare i bambini del Circolo missionario “Misyjna Jutrzenka” di Skoczów, in Polonia; e i fedeli della California e del Costa Rica.

Saluto le suore Figlie della Chiesa, che in questi giorni, assieme a un gruppo di laici, hanno vissuto un pellegrinaggio sui passi della loro fondatrice, la Venerabile Maria Oliva Bonaldo. E saluto i ragazzi di Gonzaga, presso Mantova.

Oggi si ricordano i Protomartiri romani. Anche noi viviamo in un tempo di martirio, ancor più dei primi secoli. In varie parti del mondo tanti nostri fratelli e sorelle subiscono discriminazione e persecuzione a causa della fede, fecondando così la Chiesa. Altri poi affrontano un martirio “coi guanti bianchi”. Sosteniamoli e lasciamoci ispirare dalla loro testimonianza di amore per Cristo.

In questo ultimo giorno di giugno, imploriamo il Sacro Cuore di Gesù di toccare i cuori di quanti vogliono la guerra, perché si convertano a progetti di dialogo e di pace.

Fratelli e sorelle, non dimentichiamo la martoriata Ucraina, Palestina, Israele, Myanmar e tanti altri luoghi dove si soffre tanto a causa della guerra!

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci! Grazie.

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