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lunedì 8 luglio 2024

PAPA FRANCESCO A TRIESTE PER LA 50ª SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI IN ITALIA 07/07/2024 - Omelia: "La fede sia scandalo in una società anestetizzata dal consumismo" (cronaca/commento, foto, testo e video)

VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO A TRIESTE 
PER LA 50ª SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI IN ITALIA
 
Piazza Unità d'Italia (Trieste)
Domenica, 7 luglio 2024


Il Papa: la fede sia scandalo in una società anestetizzata dal consumismo

Francesco presiede la Messa a Trieste a conclusione della 50.ma Settimana Sociale dei Cattolici in Italia: “Dio si nasconde negli angoli scuri della vita e delle nostre città. L’infinito di Dio si cela nella miseria umana”. Forte l’appello ad impegnarsi insieme per una nuova civiltà di pace e fraternità


Di fronte alle sfide sociali e politiche che ci interpellano c’è bisogno dello scandalo della fede. È l’appello pronunciato da Francesco durante la Messa presieduta in Piazza Unità d’Italia a Trieste a conclusione della 50.ma Settimana Sociale dei Cattolici e concelebrata da 98 presuli e 260 sacerdoti. Presenti circa 8500 fedeli. Con loro anche vescovi e pastori delle chiese serbo-ortodossa, greco-ortodossa e luterana.

L'arrivo di Papa Francesco in Piazza Unità d'Italia a Trieste
 
La fede che mette il dito nelle piaghe della società

Non abbiamo bisogno di una religiosità chiusa in se stessa, che alza lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra, ammonisce, ma di una fede radicata nel Dio fatto uomo, che entra nella storia e risana i cuori spezzati:

È una fede che sveglia le coscienze dal torpore, che mette il dito nelle piaghe della società, che suscita domande sul futuro dell’uomo e della storia; è una fede inquieta, che ci aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo. É, soprattutto, una fede che spiazza i calcoli dell’egoismo umano, che denuncia il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli. Quanti usano la fede per sfruttare la gente? Quella non è fede.

Un momento della celebrazione

Consumismo, cancro del cuore

Il Papa, interrotto da numerosi applausi, chiede scusa a chi lo ascolta quando la potenza dei raggi del sole gli impedisce di leggere speditamente il testo dell'omelia preparata e chiede: "Avete pensato se il consumismo, quell'ansia di sprecare e avere di più, è entrato nel vostro cuore? Il consumismo - prosegue - è una piaga, un cancro che ammala il cuore", rende egoista e fa guardare solo a se stessi.

La profezia della ferialità

Il Santo Padre si sofferma sulle letture proposte dalla liturgia odierna ed esorta ciascuno ad imitare Gesù che “ha vissuto nella propria carne la profezia della ferialità, entrando nella vita e nelle storie quotidiane del popolo”. Tra i suoi compaesani a Nazaret Egli, come i profeti, viene rifiutato, diviene una pietra di inciampo, motivo di scandalo. “Lo scandalo che impedisce a queste persone di riconoscere la presenza di Dio in Gesù è il fatto che Egli è umano”, si è fatto debole “fino a venire nella carne e abbassarsi a lavare i piedi dei discepoli”, ha spiegato il Papa:

Fratelli e sorelle, questo è lo scandalo: una fede fondata su un Dio umano, che si abbassa verso l’umanità, che di essa si prende cura, che si commuove per le nostre ferite, che prende su di sè le nostre stanchezze, che si spezza come pane per noi. Un Dio forte e potente, che sta dalla mia parte e mi soddisfa in tutto è attraente; un Dio debole, che muore sulla croce per amore e chiede anche a me di vincere ogni egoismo e offrire la vita per la salvezza del mondo, è un Dio scomodo.

La Messa in Piazza Unità d'Italia a Trieste

Lo scandalo del Dio fatto uomo

Gesù è stato motivo di scandalo, prosegue il Pontefice, perché “è rimasto fedele alla sua missione, non si è nascosto dietro l’ambiguità, non è sceso a patti con le logiche del potere politico e religioso. Della sua vita ha fatto un’offerta d’amore al Padre”.

L’infinito di Dio nella miseria umana

Un esempio per ogni cristiano, chiamato a testimoniare il Regno di Dio in ogni luogo di vita, anche in quelli oscuri, descritti da Umberto Saba nella poesia “Città vecchia”, citata dal Vescovo di Roma:

Non dimentichiamolo: Dio si nasconde negli angoli scuri della vita e delle nostre città, la sua presenza si svela proprio nei volti scavati dalla sofferenza e laddove sembra trionfare il degrado. L’infinito di Dio si cela nella miseria umana, il Signore si agita e si rende presenza amica proprio nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati e degli scartati.

Papa Francesco accarezza un bambino al suo arrivo in Piazza Unità d'Italia a Trieste

Vivere come fratelli tutti

Non per le piccole cose, ma per il male che dilaga, per la vita umiliata, per le problematiche del lavoro, le sofferenze dei migranti, le ingiustizie, la condizione dei carcerati, per tutte “le situazioni in cui la vita viene abbrutita, ferita e uccisa” e che non vogliamo guardare perchè "abbiamo paura di trovare Cristo": per questo, dovremmo scandalizzarci secondo Francesco, che da Trieste, crocevia europeo di popoli e culture, esorta tutti a credere in una nuova civiltà fondata su pace e fraternità:

A questa Chiesa triestina vorrei dire: avanti! Continuate a impegnarvi in prima linea per diffondere il Vangelo della speranza, specialmente verso coloro che arrivano dalla rotta balcanica e verso tutti coloro che, nel corpo o nello spirito, hanno bisogno di essere incoraggiati e consolati. Impegniamoci insieme: perché riscoprendoci amati dal Padre possiamo vivere come fratelli tutti. Tutti fratelli con quel sorriso dell'accoglienza e della pace dell'anima.

Nella consapevolezza di essere un’unica famiglia, la “famiglia di Dio”, il vescovo di Trieste Enrico Trevisi ha rivolto al Papa il suo saluto: “Hvala”. Perché “Dio parla e capisce tutte le lingue”. “Siamo una famiglia, una città che si è costruita attraverso l’apporto di tante culture e di tanti popoli ma anche di tante sofferenze e violenze: e noi vogliamo raccogliere la sfida di essere un laboratorio di pace e di dialogo anche per altre terre che ancora sono attraversate da tensioni e guerre”, ha detto il presule ricordando l’esempio di tre martiri: l’italiano Francesco Bonifacio, il croato Mirolslav Bulešić, lo sloveno Lojze Grozdè. Il vescovo ha donato al Pontefice una riproduzione della Madonna della salute tanto cara ai triestini, affidandogli la benedizione per gli ultimi, i malati, gli emarginati, i migranti, i carcerati e le carcerate che – ha ricordato - “hanno contribuito a realizzare i due mosaici” dell’altare.

Francesco ha ringraziato monsignor Trevisi per aver non solo presentato la realtà della sua diocesi, ma anche per aver chiamato per nome i tanti fedeli che la costituiscono.:

Ho voluto ringraziare l’Arcivescovo, per tante cose, ma soprattutto per una: che non ha “parlato” dei malati … Li ha nominati! Li conosce per nome! E questo è un esempio, perché la carità è concreta, l’amore è concreto. Ogni persona, sana o malata, grande o piccola, ogni persona ha una dignità. La dignità si fa vedere con il nome e lui conosce il nome. Molto bello.
(fonte: vatican News, articolo di Paolo Ondarza 07/07/2024)

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OMELIA DEL SANTO PADRE 


Per ridestare la speranza dei cuori affranti e sostenere le fatiche del cammino, Dio sempre ha suscitato profeti in mezzo al suo popolo. Eppure, come racconta la Prima Lettura di oggi narrandoci le vicende di Ezechiele, essi hanno trovato spesso un popolo ribelle, «figli testardi e dal cuore indurito» (Ez 2,4), e sono stati rifiutati.

Anche Gesù fa la stessa esperienza dei profeti. Ritorna a Nazaret, la sua patria, in mezzo alla gente con cui è cresciuto, eppure non viene riconosciuto, viene addirittura rifiutato: «venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11). Il Vangelo ci dice che Gesù «era per loro motivo di scandalo» (Mc 6,3), ma la parola “scandalo” non si riferisce a qualcosa di osceno o di indecente secondo l’uso che ne facciamo noi oggi; scandalo significa “una pietra di inciampo”, cioè un ostacolo, un impedimento, qualcosa che ti blocca e ti impedisce di andare oltre. Chiediamoci: qual è l’ostacolo che impedisce di credere a Gesù?

Ascoltando i discorsi dei suoi compaesani, vediamo che si fermano solo alla sua storia terrena, alla sua provenienza familiare e, perciò, non riescono a spiegarsi come dal figlio di Giuseppe il falegname, cioè da una persona comune, possa uscire tanta sapienza e perfino la capacità di compiere prodigi. Lo scandalo, allora, è l’umanità di Gesù. L’ostacolo che impedisce a queste persone di riconoscere la presenza di Dio in Gesù è il fatto che Egli è umano, è semplicemente figlio di Giuseppe il carpentiere: come può Dio, onnipotente, rivelarsi nella fragilità della carne di un uomo? Come può un Dio onnipotente e forte, che ha creato la terra e ha liberato il suo popolo dalla schiavitù, come può farsi debole fino a venire nella carne e abbassarsi a lavare i piedi dei discepoli? È questo lo scandalo.

Fratelli e sorelle, una fede fondata su un Dio umano, che si abbassa verso l’umanità, che di essa si prende cura, che si commuove per le nostre ferite, che prende su di sè le nostre stanchezze, che si spezza come pane per noi. Un Dio forte e potente, che sta dalla mia parte e mi soddisfa in tutto è attraente; un Dio debole, un Dio che muore sulla croce per amore e chiede anche a me di vincere ogni egoismo e offrire la vita per la salvezza del mondo; e questo, fratelli e sorelle, è uno scandalo.

Eppure, mettendoci davanti al Signore Gesù e posando lo sguardo sulle sfide che ci interpellano, sulle tante problematiche sociali e politiche discusse anche in questa Settimana Sociale, sulla vita concreta della nostra gente e sulle sue fatiche, possiamo dire che oggi abbiamo bisogno proprio di questo scandalo. Abbiamo bisogno dello scandalo della fede. Non abbiamo bisogno di una religiosità chiusa in se stessa, che alza lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra e celebra liturgie nel tempio dimenticandosi però della polvere che scorre sulle nostre strade. Ci serve, invece, lo scandalo della fede, - abbiamo bisogno dello scandalo della fede - una fede radicata nel Dio che si è fatto uomo e, perciò, una fede umana, una fede di carne, che entra nella storia, che accarezza la vita della gente, che risana i cuori spezzati, che diventa lievito di speranza e germe di un mondo nuovo. È una fede che sveglia le coscienze dal torpore, che mette il dito nelle piaghe, nelle piaghe della società – ce ne sono tante –, una fede che suscita domande sul futuro dell’uomo e della storia; è una fede inquieta, e noi abbiamo bisogno di vivere una vita inquieta, una fede che si muova da cuore a cuore, una fede che riceva da fuori le problematiche della società, una fede inquieta che aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo. E su questo mi fermo un po'… Si dice che la società nostra è un po' anestetizzata e stordita dal consumismo: avete pensato, voi, se il consumismo è entrato nel vostro cuore? Quell’ansia di avere, di avere cose, di averne di più, quell’ansia di sprecare i soldi. Il consumismo è una piaga, è un cancro: ti ammala il cuore, ti fa egoista, ti fa guardare solo te stesso. Fratelli e sorelle, soprattutto, abbiamo bisogno di una fede che spiazza i calcoli dell’egoismo umano, che denuncia il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli. E quanti, quanti – lo sappiamo – usano la fede per sfruttare la gente. Quello non è la fede.

Un poeta di questa città, descrivendo in una lirica il suo abituale ritorno a casa di sera, afferma di attraversare una via un po' oscura, un luogo di degrado dove gli uomini e le merci del porto sono “detriti”, cioè scarti dell’umanità; eppure proprio qui – egli scrive – così, cito: «io ritrovo, passando, l’infinito nell’umiltà», perché la prostituta e il marinaio, la donna che litiga e il soldato, «sono tutte creature della vita e del dolore; s’agita in esse, come in me, il Signore» (U. Saba, «Città vecchia», in Il canzoniere (1900-1954) Edizione definitiva, Torino, Einaudi, 1961). Questo, non dimentichiamolo: Dio si nasconde negli angoli scuri della vita della nostra città, avete pensato a questo? Agli angoli oscuri nella vita della nostra città? La sua presenza si svela proprio nei volti scavati dalla sofferenza e laddove sembra trionfare il degrado. L’infinito di Dio si cela nella miseria umana, il Signore si agita e si rende presente, e si rende una presenza amica proprio nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati, degli scartati. Lì si manifesta il Signore. E noi, che talvolta ci scandalizziamo inutilmente di tante piccole cose, faremmo bene invece a chiederci: perché dinanzi al male che dilaga, alla vita che viene umiliata, alle problematiche del lavoro, alle sofferenze dei migranti, non ci scandalizziamo? Perché restiamo apatici e indifferenti alle ingiustizie del mondo? Perché non prendiamo a cuore la situazione dei carcerati, che anche da questa città di Trieste si leva come un grido di angoscia? Perché non contempliamo le miserie, il dolore, lo scarto di tanta gente nella città? Abbiamo paura, abbiamo paura di trovare Cristo, lì.

Carissimi, Gesù ha vissuto nella propria carne la profezia della ferialità, entrando nella vita e nelle storie quotidiane del popolo, manifestando la compassione dentro le vicende, e ha manifestato l’essere Dio, che è compassionevole. E per questo, qualcuno si è scandalizzato di Lui, è diventato un ostacolo, è stato rifiutato fino ad essere processato e condannato; eppure, Egli è rimasto fedele alla sua missione, non si è nascosto dietro l’ambiguità, non è sceso a patti con le logiche del potere politico e religioso. Della sua vita ha fatto un’offerta d’amore al Padre. Così anche noi cristiani: siamo chiamati a essere profeti, testimoni del Regno di Dio, in tutte le situazioni che viviamo, in ogni luogo che abitiamo.

Fratelli e sorelle, da questa città di Trieste, affacciata sull’Europa, crocevia di popoli e culture, terra di frontiera, alimentiamo il sogno di una nuova civiltà fondata sulla pace e sulla fraternità; per favore, non scandalizziamoci di Gesù ma, al contrario, indigniamoci per tutte quelle situazioni in cui la vita viene abbruttita, ferita, uccisa; portiamo la profezia del Vangelo nella nostra carne, con le nostre scelte prima ancora che con le parole. Quella coerenza fra le scelte e le parole. E a questa Chiesa triestina vorrei dire: avanti! Avanti! Continuate a impegnarvi in prima linea per diffondere il Vangelo della speranza, specialmente verso coloro che arrivano dalla rotta balcanica e verso tutti coloro che, nel corpo o nello spirito, hanno bisogno di essere incoraggiati e consolati. Impegniamoci insieme: perché riscoprendoci amati dal Padre possiamo vivere come fratelli tutti. Tutti fratelli, con quel sorriso dell’accoglienza e della pace dell’anima. Grazie.

Guarda il video dell'omelia

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Parole di ringraziamento al termine della Celebrazione Eucaristica del Vescovo di Trieste
S.E. Mons. Enrico Trevisi

Carissimo Papa Francesco,
mi faccio interprete di questa grande assemblea per dirLe grazie: attraverso di Lei abbiamo gustato l’essere parte della grande famiglia di Dio, l’essere partecipi del grande disegno del Padre che ci vuole tutti fratelli e sorelle. A nome di tutta la Chiesa di Trieste: grazie, hvala. Dio parla e capisce tutte le lingue, non solo l’italiano e lo sloveno, siamo noi a dover imparare la lingua dell’amore di Dio, che è Cristo Gesù.
Noi siamo la famiglia di Dio, smo Božja družina. ...