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martedì 16 luglio 2024

A UN ANNO DALLA MORTE DI MONS. LUIGI BETTAZZI - Il ricordo di “Una Chiesa a più voci” - Quel che resta di un sogno (postfazione di mons. Giovanni Richiuti al libro di Alberto Chiara "Luigi Bettazzi, un vescovo alla sinistra di Dio")

A UN ANNO DALLA MORTE DI MONS. LUIGI BETTAZZI

Come amici e simpatizzanti di “Una Chiesa a più voci” e a nome di quanti lo hanno conosciuto e seguito quale Pastore, facciamo memoria del carissimo Mons. Luigi Bettazzi che, in questi giorni, un anno fa, ci insegnava come si può serenamente e consapevolmente affrontare la malattia e la morte che giunse prima dell’alba del 16 luglio, memoria della Madonna del Carmelo.


«Il 16 luglio 2023 monsignor Luigi Bettazzi ha abbracciato quel Dio in cui ha creduto anima e corpo, senza mai chiuderlo in chiesa, tra candele che si consumano e profumo d’incenso, ma facendolo camminare sulle strade polverose dei diritti, della giustizia, della pace. A un anno dalla sua morte proviamo a scriverne la biografia. Una sfida. Appassionato pastore d’anime, scrittore insonne, don Luigi ha collezionato incontri d’ogni genere e scritto migliaia di pagine. Nei capitoli che seguono offriamo il tanto che abbiamo scoperto da Treviso a Bologna, da Ivrea a Molfetta, sostando a lungo nel Castello di Albiano, sua ultima dimora, graffiata dal tempo e dunque dimessa, nonostante il nome altisonante». Così Alberto Chiara introduce alla lettura di questa biografia, che è una continua riscoperta non solo dell’uomo, sacerdote e pastore Luigi Bettazzi, ma anche delle sue relazioni, in un mondo che, a distanza di un anno dalla sua scomparsa, rivela la sua storia e le sue parole ancora più importanti e profetiche: l’impegno per una Chiesa attenta alla contemporaneità e per una pace che è continuamente offesa, fanno di Bettazzi una voce che, oggi soprattutto, non deve tacere ed essere dimenticata.

Di seguito la postfazione di mons. Giovanni Richiuti, Presidente di Pax Christi:

Quel che resta di un sogno

Caro don Luigi, fratello vescovo,

a un anno di distanza dal nostro ultimo saluto terreno, mi permetto di ricorrere a un genere letterario che usavi spesso, la lettera aperta, per ragionare con te su ciò che resta di un sogno, il tuo: un sogno colorato di fede, amore e libertà, come recitava il sottotitolo di uno tra i tuoi libri più recenti.

Partiamo dal fondo o, meglio, dal “principio” e esattamente da quelle parole del profeta Gioele: “… i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni…” (Gl 3,1). Alla fine, l’hai spuntata perché tu non hai mai smesso di avere visioni e di far sogni. Infatti la “guerra giusta” non c’è più. O meglio: i conflitti continuano a insanguinare la terra., semmai si sono tragicamente moltiplicati (il 7 ottobre 2023 s’è nuovamente incendiato il Medio Oriente) ma non si può più premere il grilletto arruolando Dio nelle proprie. Visioni e sogni sono diventati realtà. Il magistero ha cancellato ogni possibile giustificazione.

Hai fatto in tempo a leggere l’enciclica Fratelli tutti, del 3 ottobre 2020. Preso atto come «la guerra non sia un fantasma del passato, ma sia diventata una minaccia costante» (256), a nome della Chiesa papa Francesco, anche lui sognatore e visionario, ha affermato con decisione che «non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!» (258)

Se non eri ancora nato quando, il 1° agosto 1917, Benedetto XV definì la Prima guerra mondiale un’«inutile strage», eri già seminarista allorché Pio XII, il 24 agosto 1939, cercò inutilmente di far ragionare le Cancellerie: «Nulla è perduto con la pace, tutto può essere perduto con la guerra». E ti mancavano quattro mesi a diventare vescovo ausiliare di Bologna quando l’11 aprile 1963 un altro sognatore e visionario, Giovanni XXIII, inviava “alla Chiesa e alle donne e agli uomini di buona volontà” la Pacem in terris: «in questo nostro tempo che si gloria per l’energia atomica, è irrazionale (“alienum est a ratione”) pensare che la guerra possa ancora essere il mezzo per riparare i diritti violati». C’eri infine anche tu lì, in San Pietro, il 7 dicembre 1965, vigilia della chiusura del Vaticano II, tra quanti approvarono la Costituzione Gaudium et spes che dichiara perentoria: «…questo Sacrosanto Concilio, facendo proprie le condanne della guerra totale, già pronunciate dai recenti Sommi Pontefici, dichiara: Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato» (80).

Ci hai lasciato in eredità la tenacia con cui hai contributo a far maturare nella Chiesa una coscienza nuova, che ci sintetizzavi con la Gaudium et spes: «La pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi al solo rendere stabile l’equilibrio delle forze contrastanti, nè è effetto di una dispotica dominazione, ma essa viene con tutta esattezza definita opera della giustizia>> e con la Popolorum progressio, del 26 marzo 1967: «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace».

Sai, ricordavamo te e queste citazioni il 20 e il 21 aprile 2024, a Ciampino (Roma), durante l’annuale Assemblea Nazionale di Pax Christi Italia svoltasi senza averti fisicamente con noi. La passione per la pace e per la nonviolenza, una passione da coltivare anche a costo di finire isolati dai potenti, ma capiti e incoraggiati da piccoli, umili ed emarginati: ecco quello che resta del tuo sogno, ci siamo detti. Una passione oggi più necessaria che mai in un tempo, per la Chiesa e il mondo, che sembra aver perso la capacità di “avere visioni e far sogni” preferendo un realismo disperato e drammatico. Una passione da affinare, come ci hai insegnato tu, non inginocchiandoci davanti a nessuno se non di fronte al Crocifisso. Ci hai dimostrato che è possibile trasformare quelle citazioni in pensieri, parole e opere perché hai vivificato quelle parole con la Parola, quella con la “P” maiuscola perché Parola di Dio.

Purtroppo «nell’aria c’è odore di zolfo»: i giorni tragici che stiamo vivendo ci fanno rivivere quanto già scriveva nel 1991 don Tonino Bello, tuo successore come presidente di Pax Christi Italia. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il massacro di ebrei avvenuto il 7 ottobre 2023, la risposta spietata e genocida con l’occupazione della Striscia di Gaza, senza dimenticare Afghanistan, Yemen, Myanmar, Siria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Somalia e tanti altri calvari ancora. Il primo anniversario della tua morte si celebra con un pianeta in fiamme.

E con arsenali sempre più pieni. Lo sai che nel 2023 la spesa militare mondiale ha raggiunto il record storico di 2.443 miliardi di dollari[1] con una crescita del 6.8% (circa 200 miliardi di dollari) rispetto al 2022? Il solo incremento sfiora il totale dall’aiuto pubblico allo sviluppo mondiale, stimato, sempre nel 2023, a meno di 224 miliardi di dollari[2]. La (triste) classifica rimane pressoché inalterata se confrontata con quella dell’anno precedente. Gli Usa sono al primo posto seguiti da Cina, Russia, India, Arabia Saudita, Regno Unito e Germania. All’ottavo posto risulta l’Ucraina (era undicesima nel 2022). Al nono c’è la Francia. Al decimo compare il Giappone. L’Italia figura in dodicesima posizione. Stabile. Ma la cosa non ci conforta. Perché leggiamo che la voglia matta di riempire hangar, magazzini e moli ha contagiato anche Roma. I mass media ci dicono che il nostro Paese intende acquistare tra i 100 e i 200 carri armati Leopard 2, con un costo superiore ai 4 miliardi di euro[3], e che il 2024 dovrebbe essere l’anno in cui viene consegnata ufficialmente la portaeromobili Trieste[4], la terza nave del genere dopo la Garibaldi e la Cavour. Sono soltanto due esempi.

La situazione attuale, insomma, è sempre più drammatica, con scelte “muscolari”, che non paiono ispirate all’articolo 11 della Costituzione, vera e prima “eccellenza” del nostro paese: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo»). Ed è in corso, caro fratello vescovo Luigi, un dibattito tra tanti esegeti di questo articolo 11 tendente a rendere insignificanti queste parole dei padri e delle madri costituenti. A Ciampino, al termine dei lavori della nostra assemblea nazionale, abbiamo individuato quattro temi che richiedono vigilanza e mobilitazione[5]: 1) La follia del riarmo con la prospettiva di arrivare in Italia al 2/% del Pil per le spese militari; 2) il tentativo in atto da parte dei mercanti di morte di affossare definitivamente la legge 185/90 sul commercio delle armi, nata restrittiva, ma, di strappo in strappo, diventata sempre più opaca e aggirabile; 3) la non adesione dell’Italia al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari; 4) l’idea, furbescamente ventilata, di una legione straniera all’italiana, per concedere la cittadinanza ai migranti che si arruolano e sono disposti a combattere per l’Italia

Avremmo bisogno di un’Onu lucida, tempestiva e coesa; invece è paralizzata dai veti incrociati. Avremmo bisogno di un’Europa davvero unita, fedele all’ispirazione dialogica, altruista e pacifica dei suoi padri fondatori: Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Joseph Beck, Paul-Henri Spaak, Altiero Spinelli. Invece abbiamo un’Europa che ha deciso di indossare la divisa e imbracciare il fucile. Il 5 marzo 2024 la Commissione Ue ha pubblicato il Programma per l’industria della difesa europea[6]. In quel piano ci sono diversi obiettivi: aumentare le spese per la sicurezza, mettere in comune le risorse degli Stati nazionali, ricostruire l’industria bellica, espandere un sistema di commesse unificate superando la frammentazione nazionale degli acquisti di materiale. Altro che quanto ebbe a dire a questo proposito + don Tonino Bello: “…le armi non si producono, non si vendono e non si comprano!”.

Di recente, un acuto analista, Federico Rampini, ha riassunto lucidamente il pensiero di chi ritiene tuttora valido l’antico motto latino «si vis pacem, para bellum», se vuoi la pace prepara la guerra. «I buchi nei dispositivi di sicurezza europei sono enormi già oggi» ha osservato Rampini sul Corriere della sera[7] del 21 marzo 2024, «diventerebbero insostenibili nell’ipotesi di un ritiro dell’America dalla Nato, o comunque di un minore impegno degli Stati Uniti. Mentre Putin è riuscito nel suo obiettivo di trasformare la Russia in un’“economia di guerra” e dirottare risorse verso le produzioni di armi, l’Europa per aiutare l’Ucraina ha svuotato i propri arsenali e la produzione non regge il passo. Quello scenario evocato sopra, di una Nato senza americani costretta a fronteggiare un attacco russo alla Polonia o alla Lituania, richiederebbe 400 miliardi di euro di investimenti nella difesa secondo la stima dell’International Institute for Strategic Studies (è lo stesso think tank ad avere calcolato i vent’anni di tempo necessari, ai ritmi attuali)». E tu continuavi a ripetere che la NATO non aveva più ragioni di esistere in una prospettiva di percorrere strade diverse per sperare in un futuro in cui finalmente veniva a realizzarsi il sogno del profeta Isaia: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci”… (Is 2,4).

La legislatura nata dal voto dell’8 e 9 giugno 2024 sarà una legislatura in cui l’Europa rischia di giocarsi l’anima e non solo l’architettura politico-istituzionale o la stabilità socio-economica. Davvero impossibile sognare una “convivialità delle differenze”? Le differenze sono ostacoli e non motivi di reciproco arricchimento? Davvero i contenziosi vanno risolti facendo tuonare i cannoni? Davvero la pace non va osata? Davvero la nonviolenza è moneta fuori corso? Domande alle quali tu avresti ancora una volta dato risposte scomode ma rassicuranti e nel quale la tua voce, ancorchè inascoltata, come quella di tutti i profeti, avrebbe fatto fiorire il deserto.

Anche in questo 2024 papa Francesco non fa che ripeterci che la guerra è follia, che senza giustizia non c'è pace, che bisogna promuovere la legalità e il bene comune. Con questo spirito Jorge Mario Bergoglio ha voluto inserire una tappa all’Arena di pace, nel viaggio a Verona previsto sabato 18 maggio 2024. Guardando quella gente preparare l’incontro, ascoltando impegni, testimonianze e progetti, ho capito che il tuo sogno è ancora un sogno condiviso e che la Chiesa, in compagnia delle donne e degli uomini di buona volontà, sarà capace di ascoltare l’invito, sempre vivo e attuale, partito dal cuore e dalla bocca di + don Tonino: “In piedi, costruttori di pace!”

Grazie, don Luigi! 

+ Giovanni Richiuti
Presidente di Pax Christi e vescovo emerito di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti

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[1] https://www.sipri.org/sites/default/files/2024-04/2404_fs_milex_2023.pdf
[2] https://retepacedisarmo.org/2024/il-mondo-aumenta-le-spese-militari-e-il-pericolo-di-guerra-2-443-miliardi-di-dollari-nel-2023-serve-disarmo-per-salvare-persone-e-pianeta/
[3] https://www.repubblica.it/esteri/2023/07/13/news/leopard_2_esercito_italiano-407595957/
[4] https://www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziario-online/Pagine/20231016_Allestimento_LHD_Vieste_Arsenale_Triestino.aspx
[5] https://www.paxchristi.it/?p=25335
[6] https://commission.europa.eu/news/first-ever-european-defence-industrial-strategy-enhance-europes-readiness-and-security-2024-03-05_it
[7] https://www.corriere.it/oriente-occidente-federico-rampini/24_marzo_21/europa-disarmata-2dbc3d9e-e78f-11ee-a95a-09971739e78f.shtml?refresh_ce
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Così lo immaginiamo e riconoscenti facciamo memoria dell’Amico Luigi, eternamente impegnato a rallegrare gli innumerevoli personaggi famosi o umili e poveri che nel corso della sua lunga vita ha saputo ascoltare, confortare, incoraggiare e accogliere, e che ora sono con Lui commensali del Padre con cui ha sempre coltivato un rapporto filiale.

Siamo stati onorati e ci riteniamo fortunati per aver potuto averlo come ospite narrante delle 4 Costituzioni di quel Concilio Vaticano II, di cui andava fiero e di cui era rimasto l’ultimo testimone e l’unica voce vivente. Con noi ha banchettato, con noi ha celebrato l’Eucarestia, con noi ha condiviso serate-dibattito sui temi più diversi, con noi e per Lui ha suonato e cantato la giovane Federica Zanardo, entrambi appassionati di pianoforte, per festeggiarne i compleanni. Infinitamente grazie, sempre vivo tra noi.
(fonte: Una Chiesa a più voci 14-07-2024)

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Un libro per ricordare monsignor Bettazzi, costruttore di pace

A un anno dalla morte il giornalista Alberto Chiara pubblica il libro "Luigi Bettazzi, un vescovo alla sinistra di Dio"

Profetico e ironico, sempre accanto ai poveri e costruttore di pace. E ancora scrittore instancabile e promotore di giustizia sociale. Sono le caratteristiche di Lugi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e ultimo padre conciliare, che emergono nel libro del giornalista Alberto Chiara. ...