Nel segno della preghiera e della gratitudine si chiude l’anno della vita consacrata, apertosi il 30 novembre 2014. Papa Francesco presiede nella basilica vaticana la celebrazione eucaristica nel pomeriggio del 2 febbraio, festa della presentazione del Signore, insieme con migliaia di consacrati e consacrate che celebrano la loro giornata mondiale.
In una intervista il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, traccia un bilancio e indica gli orizzonti di questo anno.
Alle ore 17.30 della Festa della Presentazione del Signore e Giornata della Vita Consacrata, il Santo Padre Francesco ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la celebrazione della Santa Messa con i Membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica in occasione del Giubileo della Vita Consacrata e a conclusione dell’Anno della Vita Consacrata.
Hanno concelebrato con il Santo Padre sacerdoti appartenenti a Ordini, Congregazioni e Istituti religiosi.
Hanno concelebrato con il Santo Padre sacerdoti appartenenti a Ordini, Congregazioni e Istituti religiosi.
Il rito si è aperto con la benedizione delle candele e la processione ed è proseguito con la celebrazione eucaristica, il Papa ha tenuto l’omelia che riportiamo di seguito:
Omelia del Santo Padre
Davanti al nostro sguardo c’è un fatto semplice, umile e grande: Gesù è portato da Maria e Giuseppe al tempio di Gerusalemme. E’ un bambino come tanti, come tutti, ma è unico: è l’Unigenito venuto per tutti. Questo Bambino ci ha portato la misericordia e la tenerezza di Dio: Gesù è il volto della Misericordia del Padre. È questa l’icona che il Vangelo ci offre al termine dell’Anno della Vita Consacrata, un anno vissuto con tanto entusiasmo. Esso, come un fiume, ora confluisce nel mare della misericordia, in questo immenso mistero di amore che stiamo sperimentando con il Giubileo straordinario.
La festa odierna, soprattutto nell’Oriente, viene chiamata festa dell’incontro. In effetti, nel Vangelo che è stato proclamato, vediamo diversi incontri (cfr Lc 2,22-40). Nel tempio Gesù viene incontro a noi e noi andiamo incontro a Lui. Contempliamo l’incontro con il vecchio Simeone, che rappresenta l’attesa fedele di Israele e l’esultanza del cuore per il compimento delle antiche promesse. Ammiriamo anche l’incontro con l’anziana profetessa Anna, che, nel vedere il Bambino, esulta di gioia e loda Dio. Simeone ed Anna sono l’attesa e la profezia, Gesù è la novità e il compimento: Egli si presenta a noi come la perenne sorpresa di Dio; in questo Bambino nato per tutti si incontrano il passato, fatto di memoria e di promessa, e il futuro, pieno di speranza.
Possiamo vedere in questo l’inizio della vita consacrata. I consacrati e le consacrate sono chiamati innanzitutto ad essere uomini e donne dell’incontro. La vocazione, infatti, non prende le mosse da un nostro progetto pensato “a tavolino”, ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita. Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. Chi vive questo incontro diventa testimone e rende possibile l’incontro per gli altri; e si fa anche promotore della cultura dell’incontro, evitando l’autoreferenzialità che ci fa rimanere chiusi in noi stessi.
Il brano della Lettera agli Ebrei, che abbiamo ascoltato, ci ricorda che Gesù stesso, per farsi incontro a noi, non ha esitato a condividere la nostra condizione umana: «Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe» (v. 14). Gesù non ci ha salvati “dall’esterno”, non è rimasto fuori dal nostro dramma, ma ha voluto condividere la nostra vita. I consacrati e le consacrate sono chiamati ad essere segno concreto e profetico di questa vicinanza di Dio, di questacondivisione con la condizione di fragilità, di peccato e di ferite dell’uomo del nostro tempo. Tutte le forme di vita consacrata, ognuna secondo le sue caratteristiche, sono chiamate ad essere in stato permanente di missione, condividendo «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono».
Il Vangelo ci dice anche che «il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui» (v. 33). Giuseppe e Maria custodiscono lo stupore per questo incontro pieno di luce e di speranza per tutti i popoli. E anche noi, come cristiani e come persone consacrate, siamo custodi dello stupore. Uno stupore che chiede di essere sempre rinnovato; guai all’abitudine nella vita spirituale; guai a cristallizzare i nostri carismi in una dottrina astratta: i carismi dei fondatori – come ho detto altre volte – non sono da sigillare in bottiglia, non sono pezzi da museo. I nostri fondatori sono stati mossi dallo Spirito e non hanno avuto paura di sporcarsi le mani con la vita quotidiana, con i problemi della gente, percorrendo con coraggio le periferie geografiche ed esistenziali. Non si sono fermati davanti agli ostacoli e alle incomprensioni degli altri, perché hanno mantenuto nel cuore lo stupore per l’incontro con Cristo. Non hanno addomesticato la grazia del Vangelo; hanno avuto sempre nel cuore una sana inquietudine per il Signore, un desiderio struggente di portarlo agli altri, come hanno fatto Maria e Giuseppe nel tempio. Anche noi siamo chiamati oggi a compiere scelte profetiche e coraggiose.
Infine, dalla festa di oggi impariamo a vivere la gratitudine per l’incontro con Gesù e per il dono della vocazione alla vita consacrata. Ringraziare, rendimento di grazie: Eucaristia. Com’è bello quando incontriamo il volto felice di persone consacrate, magari già avanti negli anni come Simeone o Anna, contente e piene di gratitudine per la propria vocazione. Questa è una parola che può sintetizzare tutto quello che abbiamo vissuto in questo Anno della Vita Consacrata: gratitudine per il dono dello Spirito Santo, che sempre anima la Chiesa attraverso i diversi carismi.
Il Vangelo si conclude con questa espressione: «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui» (v. 40). Possa il Signore Gesù, per la materna intercessione di Maria, crescere in noi, e aumentare in ciascuno il desiderio dell’incontro, la custodia dello stupore e la gioia della gratitudine. Allora altri saranno attratti dalla sua luce, e potranno incontrare la misericordia del Padre.
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Il Pontefice, dopo aver concluso la messa , è uscito dalla Basilica di San Pietro per salutare i tantissimi fedeli che hanno seguito la celebrazione dall’esterno, attraverso i megaschermi e ha detto:
Cari fratelli e sorelle consacrati, grazie tante! Avete partecipato all’Eucaristia con un po’ di freschetto! Ma il cuore arde!
Grazie per finire così, tutti insieme, quest’Anno della Vita Consacrata. E andate avanti! Ognuno di noi ha un posto, ha un lavoro nella Chiesa. Per favore, non dimenticate la prima vocazione, la prima chiamata. Fate memoria! E con quell’amore con cui siete stati chiamati, oggi il Signore continua a chiamarvi. Non abbassare, non abbassare quella bellezza, quello stupore della prima chiamata. E poi continuare a lavorare. E’ bello! Continuare. Sempre c’è qualcosa da fare. La cosa principale è pregare. Il “midollo” della vita consacrata è la preghiera: pregare! E così invecchiare, ma invecchiare come il buon vino!
Vi dico una cosa. A me piace tanto quanto trovo quelle religiose o quei religiosi anziani, ma con gli occhi brillanti, perché hanno il fuoco della vita spirituale acceso. Non si è spento, non si è spento quel fuoco! Andate avanti oggi, ogni giorno, e continuate a lavorare e guardare al domani con speranza, chiedendo sempre al Signore che ci mandi nuove vocazioni, così la nostra opera di consacrazione potrà andare avanti. La memoria: non dimenticatevi della prima chiamata! Il lavoro di tutti i giorni, e poi la speranza di andare avanti e seminare bene. Che gli altri che vengono dietro di noi possano ricevere l’eredità che noi lasceremo loro.
Adesso preghiamo la Madonna.
Ave Maria…
[Benedizione]
Buona serata e pregate per me!
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