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martedì 11 novembre 2014

Cappellani militari con stellette o senza stellette?

Cappellani militari 
con stellette o senza stellette?

Non lontano dal Palazzo del Quirinale, a due passi da piazza Venezia. L’Ordinariato militare è nel cuore di Roma, con affaccio sui Fori traianei. Uno spettacolo che unisce insieme la memoria e la bellezza. Ma anche il silenzio e la preghiera: quello delle suore, per esempio, che nella chiesa principale dell’Ordinariato, intitolata a Santa Caterina a Magnanapoli e nella chiesa del Sudario pregano per la pace con l’adorazione eucaristica perpetua, fortemente voluta da monsignor Santo Marcianò, da un anno esatto nuovo ordinario militare per l’Italia.

- Il Papa ha detto che «la guerra è follia». Come si conciliano armi e preghiera?«L’omelia di papa
Francesco a Redipuglia ha scosso tutti, ha toccato i cuori, ha rafforzato e ravvivato, nel mondo militare, l’urgenza della pace. Il tema della guerra, come quello della pace, che sta tanto a cuore alla Chiesa, non si può affrontare compiutamente senza riservare un’adeguata attenzione al mondo militare. Si tratta di una sfida difficile ma anche di una sfida preziosissima, in particolare per noi sacerdoti che a questo mondo siamo inviati. Il beato don Carlo Gnocchi, cappellano militare durante la guerra, e al fianco degli alpini anche nella campagna di Russia, sostiene che esiste un’armonia tra il mondo delle armi e il mondo dello spirito perché la guerra, prima di essere un problema di carattere economico o politico, è un “disordine morale”; anche papa Francesco nell’omelia ha chiarito che, prima delle ideologie che muovono le guerre, “c’è la passione, c’è l’impulso distorto”. Il ricorso al mondo dello spirito è essenziale per umanizzare la persona, per educarla alla pace, evitando che si fermi al livello del materialismo, dell’edonismo, degli impulsi. La guerra, come la pace, nasce nel cuore dell’uomo».

- Qual è in questo senso la missione dei cappellani?
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Armi e preghiera. Dopo l’intervista realizzata da Famiglia Cristiana a monsignor Santo Marcianò, in cui l'ordinario militare descrive natura della missione e attività sue e dei 166 cappellani che fanno riferimento a lui, interviene don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace nato in Francia nel 1945 e da sempre molto attivo anche in Italia (nelle sue fila si sono impegnati, tra gli altri, monsignor Luigi Bettazzi e don Tonino Bello).

«Di certo l’argomento è molto delicato», esordisce don Sacco. «Per prima cosa va ricordato che la posizione di Pax Christi è quella del 1997, uscita dal convegno alla Casa della pace di Firenze. Pilastro della nostra riflessione non è tanto schierarsi contro i cappellani, ci macherebbe, sono nostri fratelli nella comune fede e, per chi di noi è presbitero, sono nostri fratelli anche nel sacerdozio, ma contro la struttura della guerra e la struttura militare. Mi chiedo: perché i cappellani devono esere così coinvolti in questa struttura? Noi sosteniamo l’importanza di non essere coinvolti, travolti, embedded, arruolati con le stellette e lo stipendio. Se il problema pastorale dei militari resta vivo ancora oggi, perché in questo caso l’impegno pastorale viene svolto da chi ha gradi e ruoli, che nel mondo militare sono necessariamente così importanti? L’ordinariato sostiene che chi svolge l’impegno pastorale da cappellano militare lo fa da dentro la struttura militare, citando l’esempio degli insegnanti di religione. Ma un conto è inserirsi in una struttura educativa come la scuola e un altro è essere inseriti a pieno titolo in una struttura che fa la guerra. Si cita anche l’esempio di don Gnocchi, ma oggi è sotto gli occhi di tutti che la guerra non è più come quella dei tempi di don Gnocchi. Innanzitutto perché non abbiamo più un esercito di leva; oggi siamo a livello di esercito professionale, ben pagato, soprattutto se lo si fa all’estero. E poi, sono cambiate anche le guerre: dov’è il nemico che ci attacca? È forse Gheddafi, o l’Iraq, o l’Afghanistan?».
 
In pratica, essendo cambiato moltissimo rispetto al passato, ecco che voi sostenete una revisione della figura del cappellano militare… «Il vero nodo è la struttura di guerra di cui si fa parte che, per usare parole di Giovanni Paolo II, è una “struttura di peccato”. Ma potrei ancher citare le parole che pochi giorni fa ha detto papa Francesco, quando ha nominato sistemi economici che hanno bisogno di fare la guerra per sussistere e continuare a vivere. E allora la domanda è: il cappellano militare cosa fa in tutto questo? Io credo che dovrebbe annunciare il Vangelo e quindi toccare la coscienza della persona. Di fronte a tutti i giudizi sulle guerre e sulle armi c’è la parola che viene dal Vangelo: non uccidere. E allora, di fronte all’ordine del pilota che deve andare su un aereo a colpire un obiettivo, l’educazione alla coscienza qual è? Quella di obbedire a un ordine o quello della coscienza che dice: io non devo uccidere?».
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«Come segno positivo e alternativo alla scelta militare», conclude don Renato Sacco, «ricordo cheanche Pax Christi aderisce alla campagna che proprio oggi lanciamo a livello nazionale:una raccolta di firme a favore di una legge per una difesa civile non armata e nonviolenta. (www.difesacivilenonviolenta.org)».