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lunedì 31 dicembre 2012

"Il campo da arare" di Filippo Russo

Il campo da arare 
di Filippo Russo 

Non so perché, ma a me, ogni fine anno, vengono sempre in mente i versi di una poesia di Eugenio Montale, Fine del ‘68: “…Tra poche ore sarà notte e l’anno/ finirà tra esplosioni di spumanti/ e di petardi. Forse di bombe o peggio,/ ma non qui dove sto. Se uno muore/ non importa a nessuno purché sia/sconosciuto e lontano”. 
Versi che mi sembrano attuali anche quarantaquattro anni dopo, qualunque sia, oggi, la realtà da prendere in considerazione: a livello planetario, nazionale o locale. 
Di questo 2012, infatti, si potrebbero dire le stesse cose già dette in passato e provare le stesse dolorose sensazioni: in qualche angolo del mondo si spara, si lanciano bombe per difesa o offesa, per conquistare la libertà o soffocarla, e ci sono case rase al suolo, bambini che muoiono, mamme che piangono, giovani donne mortificate, vecchi inebetiti, uomini adulti vittime e carnefici. 
E dal mare di Sicilia abbiamo ancora visto arrivare nell’isola barconi carichi di disperati (e tanti erano morti durante il viaggio), molti dei quali sono stati poi sfruttati nelle campagne, emarginati nelle grandi città, costretti, anche nelle piccole nostre comunità, ad ingrossare la schiera di quanti faticano a tirare avanti la vita e li vediamo, con rassegnazione dolore e dignità, offrire una rosa nei locali, sciorinare la modesta mercanzia sulla bancarella, allungare lo strofinaccio sul vetro della macchina… 
E poi ci sono i giovani...

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