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mercoledì 3 agosto 2011

Bose, ovvero la pratica della bellezza

Visita al monastero ai piedi delle Alpi fondato nel 1965 da Enzo Bianchi. Un luogo di incontri tra le fedi del mondo e rifugio per anime inquiete dove si impara il compito primario della vita: seguire un canone di armonia

Fin dall’inizio mi guardo in giro: Enzo Bianchi, il Priore, dov’è? Intanto il monaco che mi è venuto a prendere alla stazione, e che poi corre veloce in auto tra le risaie per portarmi quassù, è lo stesso che rivedo in cucina a pulire i piatti, mentre più tardi sarà a pulire le aiuole e ancora dopo in chiesa a cantare e a pregare (letteralmente: pregare cantando) con gli altri.
Tutti fanno tutto a Bose. È la regola. Monaci e monache sono un’ottantina, e qualsiasi cosa facciano, e di cose ne fanno un sacco, la loro faccia, il loro sguardo non cambia. E’ una specie di concentrazione dinamica. La perfetta rotazione dei compiti e dei lavori fa di questo luogo una meraviglia. Tutto è luminoso e ordinatissimo. Il significato dell’espressione «prendersi cura» qui appare in un nitore di cristallo e svela la segreta connessione che (qualche volta!) c’è tra l’etico e l’estetico.

Per saperne di più:
Visita il sito Monastero di Bose

Vedi anche il nostro precedente post:

Enzo Bianchi: Una vita da priore