Tutte le chiese d'oriente e d'occidente celebrano il 6 di agosto la festa della Trasfigurazione del Signore.
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“Ho visto una grande luce!”. Così, rientrando di corsa in casa la mattina del 6 agosto 1945, una giovane madre giapponese che abitava a un centinaio di chilometri da Hiroshima aveva esclamato abbracciando il suo figlioletto di dieci anni, Kenzaburo Oe, futuro premio Nobel per la letteratura. Aveva fatto la sua tragica comparsa all'orizzonte dell’umanità la bomba atomica. Luce di morte e di devastazione. Eppure il cristiano non può non collegare quella data (il 6 agosto) e quell'esperienza (“una grande luce”) alla festa della Trasfigurazione del Signore che proprio in quella data si celebra a partire dal IV secolo in Oriente e dall’XI in Occidente.
Così il Vangelo secondo Matteo descrive quell'evento indescrivibile: “Gesù fu trasfigurato (letteralmente: “cambiò d’aspetto”) davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni: il suo volto risplendette come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17,2). In questa festa, quasi ignorata o celebrata distrattamente nell'euforia vacanziera che contagia anche molti cristiani, si contempla il volto del “Figlio dell’uomo” radioso di una luce destinata a tutto l’universo, all'umanità intera, perché è la luce della vita divina che in Cristo vuole raggiungere ogni creatura: una luce di vita e di comunione.
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