Il «grande motore» della vita cristiana è «l’amore»; perciò occorre fare attenzione ai diversi ostacoli che si possono incontrare nella vita quotidiana e che «impediscono la nostra risposta alla chiamata dell’amore». Così il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson ha sintetizzato il contenuto del messaggio di Papa Francesco per la quaresima. Intervenendo alla conferenza di presentazione del messaggio, tenutasi nella Sala stampa della Santa Sede la mattina di martedì 6 febbraio, il prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale ha brevemente illustrato il documento e la sua articolazione.
In particolare ha evidenziato come Francesco metta in guardia l’uomo contemporaneo dai «falsi profeti» e indichi l’importanza dei tradizionali strumenti della preghiera, del digiuno e dell’elemosina.
Con il porporato hanno partecipato alla conferenza stampa monsignor Krzysztof Marcjanowicz, officiale del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e Natalia Peiró, segretaria generale della Caritas Spagna. Il prelato ha illustrato l’iniziativa “24 ore per il Signore”, ricordata anche dal Papa al termine del messaggio. Si tratta, ha spiegato, di un appuntamento organizzato ormai da cinque anni per iniziativa del dicastero e che prevede, nelle diocesi di tutto il mondo, una giornata di apertura continuativa di alcune chiese con l’invito a celebrare il sacramento della riconciliazione in un contesto di adorazione eucaristica. Una formula semplice, ha aggiunto monsignor Marcjanowicz, che però si è mostrata capace di rispondere alla sete di misericordia delle persone. Il motto scelto per quest’anno è preso dal salmo 130: «Presso di te è il perdono».
Peiró ha parlato a nome di tutti i volontari di Caritas spagnola che hanno aiutato circa tre milioni di persone nell’ultimo anno. Ha fatto riferimento sia a quanti sono testimoni di gratuità nei riguardi degli altri, sia a quanti incontrano difficoltà nella vita e chiedono il rispetto dei loro diritti. La Caritas con i suoi volontari e le sue volontarie e con quanti vi lavorano, ha detto Peiró, è l’espressione della gioia nella verità di chi lotta contro l’ingiustizia e si ribella contro la diseguaglianza. La vera priorità dell’annuncio del Regno passa per la condivisione della gioia e della beatitudine, ma anche delle difficoltà e delle incertezze delle donne e degli uomini del nostro tempo.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, il cardinale Turkson è entrato nel dettaglio del messaggio e ha sottolineato la forza con cui Papa Francesco mette in guardia dal «dilagare delle iniquità»: un discorso, ha spiegato, che a volte ha a che fare con le attitudini sociali, altre volte anche con le scelte politiche dei vari paesi. Rientrano in tale discorso le diverse risposte al problema dei migranti: «c’è chi è portato a “stare al balcone” e a non sentirsi coinvolto», oppure c’è chi si abbandona a forme di chiusura o addirittura di violenza. E sul tema della violenza, il porporato ha tenuto a specificare quanto sia importante svegliare le coscienze: «il Papa — ha detto — parla di vari tipi di violenza. Non solo di guerra o di violenza fisica». È violenza, infatti, «tutto ciò che mette in discussione e colpisce la dignità umana».
(fonte: L'Osservatore Romano, 6-7 febbraio 2018)
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2018
«Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12)
Cari fratelli e sorelle,
ancora una volta ci viene incontro la Pasqua del Signore! Per prepararci ad essa la Provvidenza di Dio ci offre ogni anno la Quaresima, «segno sacramentale della nostra conversione»,[1] che annuncia e realizza la possibilità di tornare al Signore con tutto il cuore e con tutta la vita.
Anche quest’anno, con il presente messaggio, desidero aiutare tutta la Chiesa a vivere con gioia e verità in questo tempo di grazia; e lo faccio lasciandomi ispirare da un’espressione di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà» (24,12).
Questa frase si trova nel discorso che riguarda la fine dei tempi e che è ambientato a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, proprio dove avrà inizio la passione del Signore. Rispondendo a una domanda dei discepoli, Gesù annuncia una grande tribolazione e descrive la situazione in cui potrebbe trovarsi la comunità dei credenti: di fronte ad eventi dolorosi, alcuni falsi profeti inganneranno molti, tanto da minacciare di spegnere nei cuori la carità che è il centro di tutto il Vangelo.
I falsi profeti
Ascoltiamo questo brano e chiediamoci: quali forme assumono i falsi profeti?
Essi sono come “incantatori di serpenti”, ossia approfittano delle emozioni umane per rendere schiave le persone e portarle dove vogliono loro. Quanti figli di Dio sono suggestionati dalle lusinghe del piacere di pochi istanti, che viene scambiato per felicità! Quanti uomini e donne vivono come incantati dall’illusione del denaro, che li rende in realtà schiavi del profitto o di interessi meschini! Quanti vivono pensando di bastare a se stessi e cadono preda della solitudine!
Altri falsi profeti sono quei “ciarlatani” che offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze, rimedi che si rivelano però completamente inefficaci: a quanti giovani è offerto il falso rimedio della droga, di relazioni “usa e getta”, di guadagni facili ma disonesti! Quanti ancora sono irretiti in una vita completamente virtuale, in cui i rapporti sembrano più semplici e veloci per rivelarsi poi drammaticamente privi di senso! Questi truffatori, che offrono cose senza valore, tolgono invece ciò che è più prezioso come la dignità, la libertà e la capacità di amare. E’ l’inganno della vanità, che ci porta a fare la figura dei pavoni… per cadere poi nel ridicolo; e dal ridicolo non si torna indietro. Non fa meraviglia: da sempre il demonio, che è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), presenta il male come bene e il falso come vero, per confondere il cuore dell’uomo. Ognuno di noi, perciò, è chiamato a discernere nel suo cuore ed esaminare se è minacciato dalle menzogne di questi falsi profeti. Occorre imparare a non fermarsi a livello immediato, superficiale, ma riconoscere ciò che lascia dentro di noi un’impronta buona e più duratura, perché viene da Dio e vale veramente per il nostro bene.
Un cuore freddo
Dante Alighieri, nella sua descrizione dell’inferno, immagina il diavolo seduto su un trono di ghiaccio;[2] egli abita nel gelo dell’amore soffocato. Chiediamoci allora: come si raffredda in noi la carità? Quali sono i segnali che ci indicano che in noi l’amore rischia di spegnersi?
Ciò che spegne la carità è anzitutto l’avidità per il denaro, «radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10); ad essa segue il rifiuto di Dio e dunque di trovare consolazione in Lui, preferendo la nostra desolazione al conforto della sua Parola e dei Sacramenti.[3] Tutto ciò si tramuta in violenza che si volge contro coloro che sono ritenuti una minaccia alle nostre “certezze”: il bambino non ancora nato, l’anziano malato, l’ospite di passaggio, lo straniero, ma anche il prossimo che non corrisponde alle nostre attese.
Anche il creato è testimone silenzioso di questo raffreddamento della carità: la terra è avvelenata da rifiuti gettati per incuria e interesse; i mari, anch’essi inquinati, devono purtroppo ricoprire i resti di tanti naufraghi delle migrazioni forzate; i cieli – che nel disegno di Dio cantano la sua gloria – sono solcati da macchine che fanno piovere strumenti di morte.
L’amore si raffredda anche nelle nostre comunità: nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho cercato di descrivere i segni più evidenti di questa mancanza di amore. Essi sono: l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la tentazione di isolarsi e di impegnarsi in continue guerre fratricide, la mentalità mondana che induce ad occuparsi solo di ciò che è apparente, riducendo in tal modo l’ardore missionario.[4]
Cosa fare?
Se vediamo nel nostro intimo e attorno a noi i segnali appena descritti, ecco che la Chiesa, nostra madre e maestra, assieme alla medicina, a volte amara, della verità, ci offre in questo tempo di Quaresima il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno.
Dedicando più tempo alla preghiera, permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi,[5] per cercare finalmente la consolazione in Dio. Egli è nostro Padre e vuole per noi la vita.
L’esercizio dell’elemosina ci libera dall’avidità e ci aiuta a scoprire che l’altro è mio fratello: ciò che ho non è mai solo mio. Come vorrei che l’elemosina si tramutasse per tutti in un vero e proprio stile di vita! Come vorrei che, in quanto cristiani, seguissimo l’esempio degli Apostoli e vedessimo nella possibilità di condividere con gli altri i nostri beni una testimonianza concreta della comunione che viviamo nella Chiesa. A questo proposito faccio mia l’esortazione di san Paolo, quando invitava i Corinti alla colletta per la comunità di Gerusalemme: «Si tratta di cosa vantaggiosa per voi» (2 Cor 8,10). Questo vale in modo speciale nella Quaresima, durante la quale molti organismi raccolgono collette a favore di Chiese e popolazioni in difficoltà. Ma come vorrei che anche nei nostri rapporti quotidiani, davanti a ogni fratello che ci chiede un aiuto, noi pensassimo che lì c’è un appello della divina Provvidenza: ogni elemosina è un’occasione per prendere parte alla Provvidenza di Dio verso i suoi figli; e se Egli oggi si serve di me per aiutare un fratello, come domani non provvederà anche alle mie necessità, Lui che non si lascia vincere in generosità?[6]
Il digiuno, infine, toglie forza alla nostra violenza, ci disarma, e costituisce un’importante occasione di crescita. Da una parte, ci permette di sperimentare ciò che provano quanti mancano anche dello stretto necessario e conoscono i morsi quotidiani dalla fame; dall’altra, esprime la condizione del nostro spirito, affamato di bontà e assetato della vita di Dio. Il digiuno ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo, ridesta la volontà di obbedire a Dio che, solo, sazia la nostra fame.
Vorrei che la mia voce giungesse al di là dei confini della Chiesa Cattolica, per raggiungere tutti voi, uomini e donne di buona volontà, aperti all’ascolto di Dio. Se come noi siete afflitti dal dilagare dell’iniquità nel mondo, se vi preoccupa il gelo che paralizza i cuori e le azioni, se vedete venire meno il senso di comune umanità, unitevi a noi per invocare insieme Dio, per digiunare insieme e insieme a noi donare quanto potete per aiutare i fratelli!
Il fuoco della Pasqua
Invito soprattutto i membri della Chiesa a intraprendere con zelo il cammino della Quaresima, sorretti dall’elemosina, dal digiuno e dalla preghiera. Se a volte la carità sembra spegnersi in tanti cuori, essa non lo è nel cuore di Dio! Egli ci dona sempre nuove occasioni affinché possiamo ricominciare ad amare.
Una occasione propizia sarà anche quest’anno l’iniziativa “24 ore per il Signore”, che invita a celebrare il Sacramento della Riconciliazione in un contesto di adorazione eucaristica. Nel 2018 essa si svolgerà venerdì 9 e sabato 10 marzo, ispirandosi alle parole del Salmo 130,4: «Presso di te è il perdono». In ogni diocesi, almeno una chiesa rimarrà aperta per 24 ore consecutive, offrendo la possibilità della preghiera di adorazione e della Confessione sacramentale.
Nella notte di Pasqua rivivremo il suggestivo rito dell’accensione del cero pasquale: attinta dal “fuoco nuovo”, la luce a poco a poco scaccerà il buio e rischiarerà l’assemblea liturgica. «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito»,[7] affinché tutti possiamo rivivere l’esperienza dei discepoli di Emmaus: ascoltare la parola del Signore e nutrirci del Pane eucaristico consentirà al nostro cuore di tornare ad ardere di fede, speranza e carità.
Vi benedico di cuore e prego per voi. Non dimenticatevi di pregare per me.
Dal Vaticano, 1 novembre 2017
Solennità di Tutti i Santi
Francesco
[1] Messale Romano, I Dom. di Quaresima, Orazione Colletta.
[2] «Lo ’mperador del doloroso regno / da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia» (Inferno XXXIV, 28-29).
[3] «E’ curioso, ma tante volte abbiamo paura della consolazione, di essere consolati. Anzi, ci sentiamo più sicuri nella tristezza e nella desolazione. Sapete perché? Perché nella tristezza ci sentiamo quasi protagonisti. Invece nella consolazione è lo Spirito Santo il protagonista» (Angelus, 7 dicembre 2014).
[4] Nn. 76-109.
[7] Messale Romano, Veglia Pasquale, Lucernario.