S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
11 novembre 2016
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Lettera d'amore”
L’amore cristiano è sempre «concreto», con tanto di «opere di misericordia», perché ha come unico criterio l’incarnazione di Cristo; per questa ragione non si deve cadere nel seducente «processo» di «intellettualizzare e ideologizzare» che «scarnifica l’amore», arrivando così al «triste spettacolo di un Dio senza Cristo, di un Cristo senza Chiesa e una Chiesa senza popolo». È proprio dal rischio di credere a «un amore da romanzo o telenovela, mondano, filosofico, astratto e soft» che il Papa ha messo in guardia nella messa celebrata venerdì mattina, 11 novembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
Per la sua riflessione, Francesco ha preso le mosse dal passo della seconda lettera di san Giovanni (1,3-9) proposto dalla liturgia: «Sembra — ha fatto notare — una lettera di un innamorato: è il dialogo di amore fra il pastore e la sua sposa, la Chiesa». Un dialogo «tanto delicato, tanto rispettoso», a tal punto che l’apostolo chiama la Chiesa «signora eletta da Dio».
Con questo «titolo pieno d’amore». dunque, «il pastore si rivolge alla Chiesa». E sempre «con tanta delicatezza ricorda che “camminare nell’amore” è il comandamento che abbiamo ricevuto dal Signore».
Si legge, infatti, nella lettera di Giovanni: «E ora prego te, signora, non per darti un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto dal principio, che ci amiamo gli uni e gli altri». È un invito a camminare «nell’amore». Ma è davvero «con tanta mitezza e tanto rispetto» che «il pastore si rivolge alla sua Chiesa, alla sua sposa».
«Di quale amore si tratta?» è la questione posta da Francesco. «Perché questa parola — ha spiegato — oggi è usata, ma sempre è stata usata, per tante cose: questo è amore, questo è amore, questo è amore». Ecco perché occorre capire bene «di quale amore» si tratta. È «l’amore, per esempio, di un romanzo o di una telenovela, perché anche questo si dice che è amore?». Oppure è «l’amore teorico, dei filosofi?».
Nella sua lettera, Giovanni riporta le parole del pastore alla sua sposa per suggerirle di stare attenta. «Sono apparsi nel mondo molti seduttori» che, ha detto il Papa, «propongono un altro amore o un’altra spiegazione dell’amore» e «anche un’altra spiegazione dell’amore cristiano, perché per loro è così».
«Il criterio dell’amore cristiano — ha affermato il Pontefice — è l’incarnazione del Verbo». Giovanni è esplicito a questo proposito: «Sono apparsi, infatti, nel mondo molti seduttori, che non riconoscono Gesù venuto nella carne». E continua: «Ecco il seduttore e l’anticristo!». Del resto, ha spiegato il Papa, «un amore che non riconosce che Gesù è venuto in carne, nella carne, non è l’amore che Dio ci comanda: è un amore mondano, è un amore filosofico, è un amore astratto, è un amore un po’ venuto meno, è un amore soft».
Invece «il criterio dell’amore cristiano è l’incarnazione del Verbo» ha rilanciato Francesco. E «chi dice che l’amore cristiano è un’altra cosa, questo è l’anticristo, che non riconosce che il Verbo è venuto in carne». Proprio «questa è la nostra verità: Dio ha inviato suo Figlio, si è incarnato e ha fatto una vita come noi». Ecco perché si deve «amare come ha amato Gesù; amare come ci ha insegnato Gesù; amare seguendo l’esempio di Gesù; amare, camminando sulla strada di Gesù». E «la strada di Gesù è dare la vita».
Nel passo evangelico di Luca (17, 26-37), ha ricordato il Papa, «Gesù ci ammonisce: chi cercherà di salvare la propria vita la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva». Difatti, «lui ha perso la vita per amore, per ritrovarla nella sua risurrezione». Quindi «l’unica maniera di amare come ha amato Gesù è uscire continuamente dal proprio egoismo e andare al servizio degli altri». Questo ripete con forza anche l’apostolo Giacomo nella sua lettera, «perché l’amore cristiano è un amore concreto, perché è concreta la presenza di Dio in Gesù Cristo, venuto in carne: l’incarnazione del Verbo».
Tornando alla lettera di Giovanni, il Pontefice ha ripetuto anche le parole con cui il pastore «ammonisce bene» la “signora”: «Fate attenzione a voi stessi per non rovinare quello che abbiamo costruito e per ricevere una ricompensa piena». È un invito a prestare attenzione, con un passo in più: «Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi invece rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio». Dunque, ha spiegato il Papa, «il Verbo è venuto in carne, ma voi siete anche dentro una incarnazione, fra virgolette, nella comunità, nella Chiesa, perché chi va oltre questa dottrina della carne, chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non possiede Dio». E «questo andare oltre è un mistero: è uscire dal mistero dell’incarnazione del Verbo, dal mistero della Chiesa, perché la Chiesa è la comunità attorno alla presenza di Cristo, che va oltre».
Francesco ha fatto riferimento alla parola greca «proagon», che è «tanto forte», per indicare «chi va, chi cammina oltre». E «da lì — ha proseguito — nascono tutte le ideologie sull’amore, le ideologie sulla Chiesa, le ideologie che tolgono alla Chiesa la carne di Cristo». Ma proprio «queste ideologie scarnificano la Chiesa». Portano a dire: «sì, io sono cattolico; sì sono cristiano; io amo tutto il mondo di un amore universale». Ma «è tanto etereo». Invece «un amore è sempre dentro, concreto, e non oltre questa dottrina dell’incarnazione del Verbo».
«La vita della Chiesa, l’appartenenza alla Chiesa — ha affermato il Pontefice — è sempre dentro, va oltre, esce dalla Chiesa». E così «chi vuole amore non come ama Cristo la sua sposa, la Chiesa, con la propria carne e dando la vita, ama ideologicamente: non ama con tutto il corpo e con tutta l’anima». E «questo modo di fare delle teorie, delle ideologie, anche delle proposte di religiosità che tolgono la carne al Cristo, che tolgono la carne alla Chiesa, vanno oltre e rovinano la comunità, rovinano la Chiesa». Non si deve «mai andare oltre il seno della madre, della santa madre Chiesa gerarchica».
La lettera di Giovanni ne rivela l’amore per la Chiesa, in particolare proprio quando fa presente che «se incominciamo a teorizzare sull’amore, sul camminare nell’amore fuori dalla Chiesa, fuori dall’incarnazione del Verbo — ha spiegato il Papa — arriveremo a una realtà tanto frequente nella storia della Chiesa, anche ai nostri giorni: arriveremo alla trasformazione di quello che vuole Dio, che ha voluto con l’incarnazione del Verbo; arriveremo a un Dio senza Cristo, a un Cristo senza Chiesa e a una Chiesa senza popolo». E «tutto in questo processo di scarnificare la Chiesa».
Prima di riprendere la celebrazione, Francesco ha chiesto di pregare «il Signore perché il nostro camminare nell’amore mai — mai! — faccia di noi un amore astratto». E perché l’amore sia invece «concreto, con le opere di misericordia», per toccare «la carne di Cristo lì, di Cristo incarnato». È «per questo che il diacono Lorenzo ha detto che i poveri sono il tesoro della Chiesa, perché sono la carne sofferente di Cristo».
Al Signore, ha concluso il Papa, «chiediamo questa grazia di non andare oltre e non entrare in questo processo, che forse seduce tanta gente, di intellettualizzare, di ideologizzare questo amore, scarnificando la Chiesa, scarnificando l’amore cristiano». E «non arrivare al triste spettacolo di un Dio senza Cristo, di un Cristo senza Chiesa e una Chiesa senza popolo».
(fonte: L'Osservatore Romano)
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