di Armando Matteo
Recensione di Aldo Pintor
Oggi qualunque morte ci appare prematura perché nella nostra cultura occidentale che ormai si è imposta sull'intero pianeta è stato completamente rimosso qualunque riferimento al fatto che la nostra vita terrena è in ogni caso destinata alla conclusione. Infatti solo la prospettiva della sua fine ci fa affrontare le diverse fasi della vita nella loro pienezza, assumendocene tutta la responsabilità. Il sentire odierno nella nostra società consumistica e stupidamente giovanilistica, è ben riassunto dal titolo dell'ultimo libro di don Armando Matteo: “Tutti muoiono troppo giovani” (Ed. Rubbettino, p. 106, € 10,00). Questa frase che il nostro prete calabrese ha posto come titolo della sua ultima fatica la dice lunga su quanto l'aumento della vita media stia cambiando le nostre aspettative, e di quanto la fede delle persone sia influenzata dagli sconvolgimenti che in questi decenni hanno interessato le società post moderne. Dallo studio di Armando Matteo condotto con il rigore del sociologo ma anche con l'accorato sentire del pastore di anime (l'autore è un sacerdote) apprendiamo come nell'Italia contemporanea venga rifiutato sempre di più lo “status” di adulti con la conseguente sparizione delle persone mature che sono “educatori, ponti allenatori e poeti” per dirla come l'autore, e ci si sente obbligati a sentirsi sempre giovani. Un punto di questo libro particolarmente significativo è quello che descrive la convinzione diffusa che l'allungarsi della vita umana possa consentire a ciascuno di vivere non una sola ma più esistenze. Siccome in questo modo si è perennemente giovani, si può in qualunque momento continuamente ricominciare a vivere da capo e quindi oggigiorno si è costantemente dei praticanti di tutto, e non c'è mai nulla di permanente. Pertanto quando inesorabilmente sopraggiunge la morte per chiunque, sembra che quella persona avesse ancora da fare molte altre esperienze e da iniziare molti altri progetti. Così ogni morte ci appare prematura. Certamente in questo sta uno dei motivi per cui oggi gli impegni a vita appaiono impraticabili con la conseguenza del proliferare delle separazioni, la crisi dei matrimoni e la denatalità incombente su questo occidente fintamente sazio che grida di disperazione. I motivi di tutti questi fenomeni che stanno uccidendo la nostra società stanno proprio qui e non nell'introduzione di leggi che favoriscono determinate condotte. Se ogni scelta è sempre momentanea, se impera la morale di soddisfatti o rimborsati, se un'altra vita è sempre possibile e tutto può mutare tranne il nostro egocentrismo allora si interrompe ogni fecondo stimolo a ritrovare se stessi e a rinnovare ciò che ci lega alla nostra umanità e ai nostri fratelli. Il cammino della vita ormai prevede che gli altri non siano più i nostri compagni di viaggio ma solo delle comparse temporanee. Così si snatura profondamente quei fatti positivi che sono la crescita e il diventare adulti assumendo le responsabilità così la vita finisce per apparire non solo troppo breve, ma anche un cammino che si percorre irrimediabilmente in solitudine.