S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
15 novembre 2016
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Cosa pensa un tiepido”
È il confronto con un Signore «forte», che rimprovera aspramente — anche se sempre per amore — quello proposto da Papa Francesco nell’omelia della messa celebrata a Santa Marta martedì 15 novembre. È l’immagine, suggerita dalla liturgia, di Gesù «che sta davanti a noi», e lo fa «per rimproverarci, perché ci ama, o per invitarci o per farsi invitare».
Il rimprovero è quello che si trova nel libro dell’Apocalisse (3, 1-6.14-22) e che il Signore rivolge ai cristiani della Chiesa di Laodicea. Si tratta — ha spiegato il Pontefice — dell’«esempio di una Chiesa», ma che si ritrova «dappertutto». Si può infatti applicare a tutti «quei cristiani che non sono né freddi, né caldi: sono tiepidi. Sono acque tranquille, sempre». Al Signore che li rimprovera, costoro chiedono: «Ma perché mi rimproveri, Signore? Io non sono cattivo».
«Magari — ha commentato il Papa — fossi cattivo! Questo è peggio. Sei morto». E infatti il Signore usa parole forti: «Perché sei così acqua tranquilla, che non si muove, poiché sei tiepido, sto per vomitarti dalla mia bocca». È, ha fatto notare Francesco, la situazione che si ritrova quando «il tepore entra nella Chiesa, in una comunità, in una famiglia cristiana» e si sente dire: «No, no, tutto tranquillo, qui tutto bene, siamo credenti, facciamo le cose bene»; quando cioè tutto è «inamidato» e «senza consistenza» e «alla prima pioggia si scioglie».
Ma, si è chiesto il Papa, «cosa pensa un tiepido» per meritarsi tanta durezza? Lo si legge nel brano della Scrittura: «pensa di essere ricco». Infatti è sicuro: «Mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla. Sono tranquillo». È vittima, cioè, di «quella tranquillità che inganna». Ma, ha messo in guardia il Pontefice, «quando nell’anima di una Chiesa, di una famiglia, di una comunità, di una persona, sempre tutto è tranquillo, lì non c’è Dio. Stiamo attenti, a non camminare così nella vita cristiana». Infatti, ha aggiunto il Papa parafrasando il brano dell’Apocalisse: «Tu dici: “sono ricco”», ma «non sai di essere un infelice? Un miserabile, un povero cieco e nudo?”». Sono, ha commentato, «tre begli schiaffi, per risvegliare quell’anima tiepida, addormentata nel tepore». E a chi lamenta: «Ma, io non faccio male a nessuno, sto tranquillo», si può ricordare: «Neppure fai del bene!».
La risposta del Signore è dura, «sembra un insulto»; ma egli «lo fa per amore». Infatti poco dopo si legge: «Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo». E si aggiunge anche un consiglio: quello «di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco». Vale a dire: scoprire un’altra ricchezza, «quella che posso darti io. Non quella ricchezza dell’anima che tu credi di avere perché sei buono, fai tutte le cose bene, tutto tranquillo»; ma appunto «un’altra ricchezza, quella che viene da Dio, che sempre porta una croce, sempre porta tempesta, sempre porta qualche inquietudine nell’anima».
Il successivo consiglio è poi quello «di comperare abiti bianchi, per vestirti, perché non appaia la tua vergognosa nudità». Del resto i tiepidi, ha spiegato in proposito il Papa, «non si accorgono di essere nudi, come la favola del re nudo dove è un bambino a dirgli: “Ma, il re è nudo!”». Addirittura il Signore suggerisce di comprare un collirio per «ungere gli occhi e recuperare la vista e poter vedere»: i tiepidi infatti — ha detto Francesco — «perdono la capacità di contemplazione, la capacità di vedere le grandi e belle cose di Dio».
Quindi il Signore sta davanti al tiepido e gli dice: «Svegliati, correggiti!». Lo fa «per aiutarci a convertirci». Ma Dio, ha proseguito il Pontefice, è presente anche «in un’altra maniera: sta per invitarci». Si legge ancora nell’Apocalisse: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me». È importante, ha chiarito il Papa, «quella capacità di sentire quando il Signore bussa alla nostra porta, perché vuole darci qualcosa di buono, vuole entrare da noi». Purtroppo ci sono cristiani «che non si accorgono quando bussa il Signore. Ogni rumore è lo stesso per loro». E non si accorgono del Signore che bussa e dice: «Sono io, non avere paura. E voglio entrare, stare con te, fare cena con te. Cioè, fare festa, consolarti. Non con la consolazione del tepore, quella che non serve; ma con la consolazione della fecondità, di farti andare avanti, di dare vita agli altri. Apri».
Infine, il Signore vuole anche «farsi invitare». Come nell’episodio di Zaccheo riportato nel Vangelo di Luca (19, 1-10): il pubblicano di Gerico «sente quella curiosità, una curiosità che viene dalla grazia», che «è stata seminata dallo Spirito Santo» e porta a dire: «io voglio vedere il Signore». L’iniziativa — ha avvertito il Pontefice — «viene dallo Spirito». Perciò il Signore «alza gli occhi e dice: “Ma, vieni, invitami a casa tua!”».
Dio, quindi, «sempre sta con amore: o per correggerci o per invitarci a cena o per farsi invitare. Sta per dirci: “Svegliati”. Sta per dirci: “Apri”. Sta per dirci: “Scendi”. Ma sempre è lui». Da qui l’invito conclusivo, affinché ogni cristiano si interroghi: «Io so distinguere nel mio cuore quando il Signore mi dice “svegliati”? Quando mi dice “apri”? E quando mi dice “scendi”?».
(fonte: L'Osservatore Romano)
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