Il 22 novembre David Maria Turoldo compie cent’anni: si è assentato quando ne aveva 75 e dico che tra i cristiani d’Italia che partirono in quella stagione egli è uno dei più presenti tra noi.
Con i canti che facciamo in chiesa, con le poesie sempre ripubblicate, con il suo «apparecchio alla morte» che ha fatto e fa scuola. Alcune delle battaglie alle quali teneva di più, legate alla Chiesa dei poveri, tornano attuali con Francesco.
Il papa, la scorsa Quaresima, ha chiamato a predicare gli esercizi alla curia padre Ermes Ronchi, servita come Turoldo e suo discepolo (cf. Regno-att. 8,2016,242). Se leggete il libretto delle meditazioni che ha svolto, Le nude domande del Vangelo (San Paolo), trovate nove riferimenti a Turoldo, che non sono solo una «pubblicità per la ditta», come dice di sé Bergoglio quando cita Ignazio di Loyola.
Impossibile amarti impunemente
Eccone tre di progressivo scavo: «Cristo ucciso dalle nostre mestissime omelie»; «La religione è quando fai Dio a tua misura; la fede è quando fai te stesso a misura di Dio»; «Impossibile amarti impunemente».
Né manca nell’antologia turoldiana proposta al papa da Ronchi – che è poeta anche lui – una delle laudi mariane di colui che si era detto «poeta della grande Madre»: «La tua prima parola, Maria, / ti chiediamo di accogliere in cuore, / come sia possibile ancora / concepire pur noi il suo Verbo».
Padre Ermes ha infine evocato ai curiali il cuore del capolavoro di Turoldo poeta, «A stento il nulla», che è nella raccolta Canti ultimi (Garzanti 1991): «No, credere a Pasqua non è / giusta fede: / troppo bello sei a Pasqua! / Fede vera / è al venerdì santo».
Quando i Canti ultimi erano in stampa andai a intervistare Turoldo per il Corriere della sera e gli chiesi un’anticipazione per la terza pagina del quotidiano milanese; lui scelse appunto quel testo che pubblicammo il 25 settembre 1991, quattro mesi prima della sua morte. Salutandomi insisteva: «Mi raccomando: Canti ultimi, non Ultimi canti».
Non capitemi male: non sono un turoldiano. Era un maestro di tutte le retoriche, ma nella malattia trovò la misura per dire in una lingua comprensibile il suo avvicinamento cristiano alla morte. Questo è stato un dono per tutti.
...
Sono felice d’aver conosciuto padre David. D’averlo avuto fratello nell’esperienza del dolore. Di pregare con le sue parole, con le quali si fa voce del popolo in festa, come amava dire.
Leggi tutto: Turoldo ha cent'anni - Ancora canta con noi di Luigi Accattoli
A pochi giorni dal centenario della nascita di David Maria Turoldo, un ricordo del sacerdote e poeta friulano che il cardinale Gianfranco Ravasi, quando era Superiore arcivescovile del Seminario di Milano, incontrava settimanalmente in Brianza, non lontano da Sotto il Monte dove Turoldo viveva. "Ogni domenica pomeriggio - ricorda ai nostri microfoni Ravasi - Turoldo veniva da me e da lì è iniziato un lungo dialogo fatto non solo di confidenze personali ma anche e soprattutto di vere e proprie analisi di lavoro. Ne è nata una amicizia e sintonia spirituale forte sebbene, e forse proprio perché, le identità erano molto diverse".