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venerdì 23 ottobre 2015

Parresia di un monaco - A colloquio con Enzo Bianchi di Luigi Guglielmoni

Parresia di un monaco 
A colloquio con Enzo Bianchi 
di Luigi Guglielmoni


pubblicato da 
"SETTIMANA" n 36 2015


Molti i temi affrontati in questo colloquio: dal sovraffollamento di appuntamenti ecclesiali alla crisi della vita religiosa e delle vocazioni presbiterali, dal tema giubilare della “misericordia” al prossimo convegno ecclesiale nazionale di Firenze. Lucide e puntuali le analisi e le risposte. Lo straordinario impatto della figura e dell’azione di papa Francesco.

Enzo Bianchi, 72 anni, laico, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose, è noto per le sue conferenze, i suoi articoli e i suoi libri. Prima papa Benedetto e ora papa Francesco lo hanno convocato in importanti eventi e organismi di Chiesa. Gli abbiamo sottoposto alcune domande.

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L’invecchiamento del clero e la scarsità di vocazioni nei seminari, la crescente presenza di clero di altri paesi e l’avvio delle unità pastorali, i cambiamenti sociali e culturali… ripropongono la centralità della preparazione spirituale-culturale-pastorale dei futuri presbiteri e della formazione permanente degli attuali pastori.

Sì, mancano i preti, e le vocazioni, almeno nelle regioni del nord e del centro Italia (come nel mio Piemonte), sono crollate e ormai rarissime: ci sono diocesi che non ordinano più nemmeno un presbitero all’anno! Vi è poi un problema di qualità dei candidati, non solo dal punto di vista culturale e intellettuale ma soprattutto di umanità. A causa dell’angoscia pastorale dettata dalla mancanza di presbiteri, si ordinano troppo facilmente candidati che non hanno una postura di saldezza, una capacità di discernimento, una maturità umana, a volte neppure una capacità di parola, tutti doni essenziali per essere pastori nel popolo di Dio. È vero che l’attuale società mostra molte fragilità, ma si faccia attenzione: i candidati sono presi dalla società, ma poi occorre farli crescere, prepararli e, alla fine, compiere un discernimento assolutamente necessario. In caso contrario, avremo una Chiesa con un numero considerevole di pastori senza qualità umana per stare in medio populi Dei, pastori funzionari con indole impiegatizia, e a volte pastori affetti da un pericoloso narcisismo clericale.

Qui occorre una svolta. Ripeto, innanzitutto in termini di discernimento dei candidati, poi nella loro preparazione integrale, umana e cristiana. Occorre, inoltre, fortemente incoraggiare e dare forma a vite comuni di presbiteri, non forgiate sul modello monastico ma compatibili con una vita pastorale, in mezzo al gregge. Troppi presbiteri sono soli e ciò li induce spesso a compensazioni affettive che li pongono in gravi e patologiche contraddizioni con la vocazione e gli impegni assunti davanti alla Chiesa. Si arrivi poi alla convinzione dell’importanza di una formazione continua, lungo tutta la vita, perché occorre non smettere mai di cercare, studiare e pensare in un lavoro non solipsistico ma fatto “insieme”, in una situazione sinodale, con il vescovo, gli altri presbiteri e l’intera comunità cristiana.
La vita del presbitero, pur nella necessità di portare la croce dietro al Signore Gesù, deve essere una vita umanamente bella, una vita buona, segnata dal bene, e una vita che conosca la beatitudine, dunque beata.

Papa Francesco viene sempre più percepito come il “parroco del mondo”. In alcune interviste e articoli, lei pare preoccupato della notevole popolarità del papa. Ce ne può spiegare il motivo?

Papa Francesco è un grande dono del Signore alla Chiesa cattolica e alle altre Chiese, perché si è fatto semplicemente voce del Vangelo con parrhesía, convinzione, simpatia verso l’umanità. In realtà, la sua parola si mostra, ogni giorno di più, dotata di una teologia vera, profonda, per nulla debole, anche se semplice nella formulazione, in modo che tutti possano ascoltarla e comprenderla. Ogni giorno incontro gente che mi dice con semplicità: “Siamo contenti che ci sia papa Francesco!”. Si tratta di donne e uomini cattolici, ma anche di cristiani non cattolici e sovente di persone che si definiscono non religiose. Devo riconoscere che ascolto critiche al papa più negli ambienti clericali che tra i non praticanti…

La sua notorietà lo ha reso un leader mondiale, soprattutto dopo il suo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti. Sembra che tutti possano fare riferimento a lui. Ma io mi sento di dire che, anche se questa approvazione è buona, non si deve essere sicuri che ciò possa continuare. La folla, come ci ricorda anche il Vangelo, muta repentinamente il suo atteggiamento! Oggi ci sono molti adulatori del papa, che millantano rapporti con lui, lo esaltano in pubblico e lo denigrano in privato. E poi molti, pur di conservare la posizione e il posto che avevano nella Chiesa prima di Francesco, con ipocrisia si proclamano fedeli a un papa che dice esattamente il contrario di quello che essi dicevano e imponevano agli altri, a costo di censurare voci diverse dalla loro. È uno degli spettacoli più tristi: mancanza di libertà nel cristiano, mancanza di parrhesía, di franchezza e di coerenza, mancanza di una postura che obbedisca in primo luogo alla parola di Dio, e quindi alla coscienza dove essa si rivela.

Io vado dicendo che, se il papa continua per questa strada, in cui dà il primato al Vangelo, si troverà presto di fronte a un’opposizione, perché le potenze demoniache si scatenano con più forza quando nella vita di un cristiano appare la croce di Cristo. Non può essere diversamente perché – come ha affermato Gesù – «non c’è discepolo che sia più del maestro» (Mt 10,24; Lc 6,40), non c’è vero cristiano che non segua Gesù fino al rigetto, all’opposizione, alla persecuzione.
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