... Si può ancora parlare di peccato? Se lo chiedete all’ormai milione emezzo di musulmani che vivono in Italia, vi risponderanno di sì e qualcuno potrebbe addirittura intrattenervi sulla classificazione delle colpe, non del tutto assente nel Corano...
Di contro, molte persone di fede non sanno più bene che cosa sia il peccato, o almeno ne vedono i contorni sfumati. Abbiamo chiesto a Gianantonio Borgonovo, biblista di primo piano, direttore della Biblioteca ambrosiana e canonico del Duomo di Milano: «È ancora possibile parlare di peccato?», lui ha risposto: «Sì, fintanto che si ammette dal punto di vista della fede la possibilità di una rivelazione, perché il peccato è opporsi a una legge rivelata. Oggi si è creata molta confusione nel linguaggio, giacché parlare di peccato significa riferirsi a un comandamento. Se si toglie questo aspetto, il peccato non c’è. La persona umana nella sua finitudine sperimenta l’insuccesso, la deviazione, la trasgressione, la colpa, ma tutto questo diventa peccato solo in un rapporto con Dio e con la Sua parola». Né va dimenticata la confessione. Ancora diffusa nel mondo cattolico, non certo come alcuni decenni fa, molti non la praticano pur accostandosi all’eucarestia. Borgonovo nota: «La confessione nella situazione attuale, dove l’uomo più che in precedenza si sente oppresso, accerchiato, aggredito, rischia di diventare molte volte non un sacramento ma un dialogo psicologico»...
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Domenica scorsa su «la Lettura» del «Corriere della Sera» Armando Torno ha proposto una riflessione il cui titolo affermava: «La fine del peccato». La prima reazione che ho avuto è che una notizia come questa celasse una vera e propria tragedia. Purtroppo non sono finiti i peccati, ma quel che sembra estinguersi è la coscienza del peccato. Per questo ho sentito l'urgenza di una mia, seppure limitata, riflessione.
A volte non siamo consapevoli delle conseguenze drammatiche di situazioni che possono sembrarci normali. In verità, se si cancella la coscienza del peccato, si aboliscono i confini di bene e male. E non avremmo, per fare un esempio, quell'indimenticabile grido di Giovanni Paolo II ad Agrigento contro i mafiosi che dovranno rispondere a Dio del «peccato di mafia» (e, si badi bene, non è questione solo di legalità o illegalità!). Il peccato rimanda sempre al rapporto con Dio. Non si tratta infatti dell'infrazione a una legge, ma di una ferita - grave o meno grave - al disegno della creazione.
Il peccato è una questione d'amore e obbedienza...
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