«Argento e oro non possiedo, ma ciò che ho ti do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazoreo, risorgi e cammina» (Atti 3,1-9)
Pietro, insieme ai suoi fratelli, è testimone di Gesù: evangelizza innanzitutto vivendo, poi parlando e infine facendo come lui. Il testo narra la prima azione del primo Papa: rimette in piedi l’uomo. Programma, suo e della Chiesa, è fare agli altri ciò che Gesù ha fatto a noi.
Lo storpio, ritorto su se stesso, ha perso la stazione eretta, che distingue l’uomo dall’animale. Non vede l’altro in faccia, ma solo dal basso in alto. Incapace di muoversi e mendico professionale, per lui l’altro non esiste: è solo mano che dà. Ma neppure lui esiste: è solo mano che riceve. Lo storpio è simbolo della disumanità di ogni uomo le cui relazioni sono strumentali alla sua stortura, che lo esclude dal tempio e da una vita autentica. Questo malato è specchio del vero male che ci affligge: l’egoismo che ci accartoccia su noi stessi, lasciandoci soli e bisognosi di tutto. Nessuno guarda il povero negli occhi, soprattutto il ricco: fa paura vedere in lui noi stessi se perdiamo ciò che abbiamo.
La Chiesa, come Gesù, vuole guarirci dall’egoismo e darci la libertà di camminare sulla via dell’amore, in comunione con i fratelli e con il Padre.
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