di mons. Renato Boccardo
Possedere è legittimo. Il problema inizia quando il danaro e i beni posseggono noi. O ci ossessionano. Il denaro che lo spilorcio accumula senza sosta è destinato ad essere conservato, a non essere mai speso: «Se spendo il denaro - dice - viene meno il mio potere e non posso più consolarmi nella certezza che quanto ho accumulato mi servirà in qualsiasi momento».
La Scrittura considera l’avarizia un grave peccato. Il denaro infatti sfida Dio, giacché ne occupa il posto: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6, 24), dice Gesù. Se noi fossimo davvero liberi nei confronti del danaro, ci risulterebbe così difficile pagare le imposte o le contravvenzioni?
CHE COS’È L’AVARIZIA?
Come l’orgoglioso, il lussorioso ed il goloso, anche l’avaro è definito peccatore e vizioso non perché ama un qualche bene di questo mondo, ma perché il suo amore per questo bene è smisurato. Massimo il Confessore spiega che il peccato inizia non con il possesso del denaro, ma con il suo “cattivo uso”, quando cioè il danaro cessa di essere un mezzo e diventa un fine (cf Centurie sulla carità, III, 4) . «Io sono ciò che ho», ripete di sé l’avaro, e pone nell’avere la radice del suo essere. Di ogni realtà egli cerca il dominio esclusivo, economicamente quantificabile, e non un gioioso godimento.