«I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido d’angoscia». Così scriveva Paolo VI nell'enciclica Populorum Progressio del 1967. A più di quarant’anni di distanza, torna ad alzarsi, con rinnovato vigore, la voce del Papa. Stavolta è Benedetto XVI che, nel discorso tenuto ieri alla Fao, rilancia: «È urgente un modello di sviluppo che consideri non solo l’ampiezza economica dei bisogni o l’affidabilità tecnica delle strategie da perseguire, ma anche la dimensione umana di ogni iniziativa e sia capace di realizzare un’autentica fraternità, facendo leva sul richiamo etico a "dar da mangiare agli affamati" che appartiene al sentimento di compassione e di umanità iscritto nel cuore di ogni persona».
Leggi tutto: Noi il problema noi la soluzione Non "possiamo tacere": "il cibo è diventato oggetto di speculazione", "milioni di bambini" non hanno da mangiare, "sono condannati a morte precoce, a un ritardo nel loro sviluppo fisico e psichico o costretti a forme di sfruttamento pur di ricevere un minimo di nutrimento". Il Papa si appella ai governi e agli organismi internazionali e chiede alla comunità internazionale di passare dalle parole ai fatti, di uscire dalla logica delle "emergenze", di agire concretamente per uno "sviluppo solidale". Non si morirebbe di fame, ha ammonito, se l'"agire sociale" non fosse vittima della stessa logica di "egoismo" di cui sono vittime le persone.
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