Uno può trovare tutti i sinonimi che vuole, ma io un posto del genere lo chiamo carcere. Un posto, voglio dire, con grate alte una decina di metri, e 27 telecamere che vigilano 24 ore al giorno, e soldati dell’esercito a controllare i monitor, e poliziotti a darsi il cambio con carabinieri e Guardia di Finanza. Anzi, il carcere è un po’ meglio, perché almeno a Rebibbia le cooperative sociali ti fanno lavorare, i volontari ti portano libri, il cappellano ti sta ad ascoltare, e se ti va bene trovi pure un bigliardino per fare una partita ogni tanto. Qui, al Cie di Ponte Galeria, non si può: le stecche del calcio balilla sono di ferro e dunque potenziali armi, i libri sono materiale infiammabile e dunque potenziali torce. E poco conta che le camere non abbiano sbarre alle finestre: le sbarre sono dieci metri più in là, alla fine del cortiletto che divide un complesso dall’altro.
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Sono peggiori delle carceri e dentro ci sono persone che non hanno fatto niente di male. Dunque vanno chiusi e va rimossa la censura imposta su tutti i centri per migranti dal ministro dell'Interno Roberto Maroni che li ha vietati alla stampa. E' questo il messaggio che arriva dalla mobilitazione "LasciateCIEntrare 1"con manifestazioni davanti a 13 centri in tutt'Italia, di cui la maggior parte sono luoghi di detenzione ma ci sono anche Cara e centri di prima accoglienza.
«Un monumento alla distruzione della Costituzione, un treno deragliato con esseri umani a bordo». La definizione dei Cie (centri di identificazione ed espulsione) è di Furio Colombo, a capo del Comitato per i diritti umani della Camera, che con altri parlamentari (Rosa Villeco Calipari, Andrea Sarubbi, Vincenzo Vita e Livia Turco del Pd, Pancho Pardi dell’Idv) sono entrati ieri mattina a Ponte Galeria, alle porte di Roma, per una visita di quasi 3 ore in uno dei più grandi centri di identificazione d’Italia.
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... Ma i giornalisti e le giornaliste davanti ai Cie fanno capire anche che la cronaca non è soltanto, necessariamente, quella dei delitti privati raccontati fino al dettaglio estremo: Meredith e Amanda, Sarah e zio Michele, Melania e Salvatore. Hanno assunto come metro professionale quello della rilevanza sociale, del valore pubblico di certi fatti, magari sfidando le leggi dell’audience e della tiratura. Così facendo, rendono un servizio non solo alla credibilità dell’informazione, ma persino alla credibilità delle istituzioni italiane. Perché Maroni, impedendo gli ingressi, si è assunto la grave responsabilità di far pensare che in quei luoghi vietati siano brutalmente calpestati i diritti di migliaia di esseri umani. Chi chiede di entrare ha davvero a cuore, senza alcuna retorica, il prestigio dell’Italia.
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