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lunedì 31 ottobre 2016

"Amoris Laetitia di Papa Francesco: Un raggio di sole che risplende in questa Chiesa fumosa" prof. Ina Siviglia, teologa (VIDEO)

Prof, Ina Siviglia, teologa
con don Luigi Perrelli direttore
dell'Oratorio Salesiano
 "Amoris Laetitia di Papa Francesco: 
Un raggio di sole che risplende 
in questa Chiesa fumosa"
prof. Ina Siviglia, teologa

Brevi estratti video dell'incontro promosso dalla Famiglia Salesiana presso il teatro dell'Oratorio di Barcellona P.G,
29 ottobre 2016

(Si ringrazia la prof. Grazia Benenati per la concessione delle foto) 



"Dobbiamo creare nella Chiesa una cultura della misericordia inclusiva delle persone che sono più fragili.
A volte il peccato non è altro che l'esito di una fragilità, e io faccio spesso l'apologia della fragilità, perché non venga considerata soltanto un elemento negativo, la fragilità può essere anche il prendere atto dei propri limiti, la fragilità non ti fa montare la testa e ti fa camminare con umiltà, la fragilità invoca l'aiuto degli altri e quindi il sostegno fraterno, non guardiamola solo come ad una debolezza che scivola verso il peccato"
    
...


LA RIFORMA DI PAPA FRANCESCO VUOLE UNA CHIESA IN USCITA, 
MA MA COMPATTA, COMUNITA’ DI FRATELLI CHE VIVONO INSIEME
... Invece di lamentarsi continuamente che le cose vanno male, la Chiesa va male, bisogna assumere la positività di germi di bene che pure ogni giorno noi possiamo vedere in tante cose, bisogna avere occhi per riconoscere i segni della rinascita ed essere capaci di discernere e sostenere quelli che meritano una crescita e una custodia. Perché? Perché lo Spirito è all’opera … non va mai in vacanza .. e quindi bisogna combattere questo senso di passività e di rassegnazione con un nuovo senso di responsabilità.
Ciascuno di noi, un giorno, risponderà per se stesso: “Dov'eri? Cosa hai fatto”?
...
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   Vi consegno tre termini che il  Papa vuole che si approfondiscano:

l) L'accompagnamento per consentire il primato della coscienza;

2) Il discernimento personale e ecclesiale;

3) L'integrazione nel senso di una Chiesa inclusiva


1) ACCOMPAGNARE – IL PRIMATO DELLA COSCIENZA



Papa Francesco chiede cristiani adulti nella fede … Il richiamo alla coscienza è la base su cui il Papa vuole costruire una Chiesa rinnovata, dicendo ai pastori di non sostituirsi alle coscienze dei pastori, ma di formarle e illuminarle, ...sono loro che alla fine devono rispondere delle loro scelte. Questo fondare tutto sulla coscienza dà ai laici una responsabilità forse nuova, forse più grande … che richiede un approfondimento della propria vita verificandola alla luce della Parola di Dio e dell’insegnamento della Chiesa …

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2) IL DISCERNIMENTO PERSONALE E ECCLESIALE
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                        3) L'INTEGRAZIONE NEL SENSO DI UNA CHIESA INCLUSIVA
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31/10/2016 - Lund (Svezia) Storica dichiarazione congiunta che viene firmata da cattolici e luterani (Testo integrale e video)

«Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso
 se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv15,4).

31.10.2016 - Nel corso della celebrazione della Preghiera Ecumenica Comune, nella Cattedrale Luterana di Lund, Papa Francesco e il Vescovo Munib Yunan, Presidente della LWF (Lutheran World Federation) hanno firmato la Dichiarazione congiunta.








Ecco il testo integrale:

«Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv15,4).

Con cuore riconoscente
Con questa Dichiarazione Congiunta, esprimiamo gioiosa gratitudine a Dio per questo momento di preghiera comune nella Cattedrale di Lund, con cui iniziamo l’anno commemorativo del cinquecentesimo anniversario della Riforma. Cinquant’anni di costante e fruttuoso dialogo ecumenico tra cattolici e luterani ci hanno aiutato a superare molte differenze e hanno approfondito la comprensione e la fiducia tra di noi. Al tempo stesso, ci siamo riavvicinati gli uni agli altri tramite il comune servizio al prossimo, spesso in situazioni di sofferenza e di persecuzione. Attraverso il dialogo e la testimonianza condivisa non siamo più estranei. Anzi, abbiamo imparato che ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide.

Dal conflitto alla comunione
Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma, confessiamo e deploriamo davanti a Cristo il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa. Differenze teologiche sono state accompagnate da pregiudizi e conflitti e la religione è stata strumentalizzata per fini politici. La nostra comune fede in Gesù Cristo e il nostro battesimo esigono da noi una conversione quotidiana, grazie alla quale ripudiamo i dissensi e i conflitti storici che ostacolano il ministero della riconciliazione. Mentre il passato non può essere cambiato, la memoria e il modo di fare memoria possono essere trasformati. Preghiamo per la guarigione delle nostre ferite e delle memorie che oscurano la nostra visione gli uni degli altri. Rifiutiamo categoricamente ogni odio e ogni violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione. Oggi ascoltiamo il comando di Dio di mettere da parte ogni conflitto. Riconosciamo che siamo liberati per grazia per camminare verso la comunione a cui Dio continuamente ci chiama.

Il nostro impegno per una testimonianza comune
Mentre superiamo quegli episodi della storia che pesano su di noi, ci impegniamo a testimoniare insieme la grazia misericordiosa di Dio, rivelata in Cristo crocifisso e risorto. Consapevoli che il modo di relazionarci tra di noi incide sulla nostra testimonianza del Vangelo, ci impegniamo a crescere ulteriormente nella comunione radicata nel Battesimo, cercando di rimuovere i rimanenti ostacoli che ci impediscono di raggiungere la piena unità. Cristo desidera che siamo uno, così che il mondo possa credere (cfr Gv 17,21).

Molti membri delle nostre comunità aspirano a ricevere l’Eucaristia ad un’unica mensa, come concreta espressione della piena unità. Facciamo esperienza del dolore di quanti condividono tutta la loro vita, ma non possono condividere la presenza redentrice di Dio alla mensa eucaristica. Riconosciamo la nostra comune responsabilità pastorale di rispondere alla sete e alla fame spirituali del nostro popolo di essere uno in Cristo. Desideriamo ardentemente che questa ferita nel Corpo di Cristo sia sanata. Questo è l’obiettivo dei nostri sforzi ecumenici, che vogliamo far progredire, anche rinnovando il nostro impegno per il dialogo teologico.

Preghiamo Dio che cattolici e luterani sappiano testimoniare insieme il Vangelo di Gesù Cristo, invitando l’umanità ad ascoltare e accogliere la buona notizia dell’azione redentrice di Dio. Chiediamo a Dio ispirazione, incoraggiamento e forza affinché possiamo andare avanti insieme nel servizio, difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza. Dio ci chiama ad essere vicini a coloro che aspirano alla dignità, alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione. Oggi, in particolare, noi alziamo le nostre voci per la fine della violenza e dell’estremismo che colpiscono tanti Paesi e comunità, e innumerevoli sorelle e fratelli in Cristo. Esortiamo luterani e cattolici a lavorare insieme per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della persecuzione, e a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti cercano asilo.

Oggi più che mai ci rendiamo conto che il nostro comune servizio nel mondo deve estendersi a tutto il creato, che soffre lo sfruttamento e gli effetti di un’insaziabile avidità. Riconosciamo il diritto delle future generazioni di godere il mondo, opera di Dio, in tutta la sua potenzialità e bellezza. Preghiamo per un cambiamento dei cuori e delle menti che porti ad una amorevole e responsabile cura del creato.

Uno in Cristo
In questa occasione propizia esprimiamo la nostra gratitudine ai fratelli e alle sorelle delle varie Comunioni e Associazioni cristiane mondiali che sono presenti e si uniscono a noi in preghiera. Nel rinnovare il nostro impegno a progredire dal conflitto alla comunione, lo facciamo come membri dell’unico Corpo di Cristo, al quale siamo incorporati per il Battesimo. Invitiamo i nostri compagni di strada nel cammino ecumenico a ricordarci i nostri impegni e ad incoraggiarci. Chiediamo loro di continuare a pregare per noi, di camminare con noi, di sostenerci nell’osservare i religiosi impegni che oggi abbiamo manifestato.

Appello ai cattolici e ai luterani del mondo intero
Facciamo appello a tutte le parrocchie e comunità luterane e cattoliche, perché siano coraggiose e creative, gioiose e piene di speranza nel loro impegno a continuare la grande avventura che ci aspetta. Piuttosto che i conflitti del passato, il dono divino dell’unità tra di noi guiderà la collaborazione e approfondirà la nostra solidarietà. Stringendoci nella fede a Cristo, pregando insieme, ascoltandoci a vicenda, vivendo l’amore di Cristo nelle nostre relazioni, noi, cattolici e luterani, ci apriamo alla potenza di Dio Uno e Trino. Radicati in Cristo e rendendo a Lui testimonianza, rinnoviamo la nostra determinazione ad essere fedeli araldi dell’amore infinito di Dio per tutta l’umanità.

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La cultura dell'incontro di Enzo Bianchi


La cattedrale di Lund (Svezia)

La cultura dell'incontro
di Enzo Bianchi




Cinque secoli sono passati da quel giorno in cui un monaco agostiniano affisse sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg il suo “manifesto” che chiedeva una riforma della vita e della dottrina allora dominante nella chiesa cattolica. Iniziava in quel giorno una “protesta” che aveva come fine il ritorno al vangelo: Martin Lutero – un uomo “morsicato” da Dio e assetato di una salvezza misericordiosa – scoperto che l’amore di Dio non deve mai essere meritato, diventò la voce possente, tesa a ridare il primato alla Scrittura, alla grazia-amore gratuito di Dio e a Cristo, Signore della sua chiesa.

Il bisogno di una riforma della vita della chiesa romana era da decenni avvertito con dolore e manifestato anche da alti rappresentanti della curia romana – quali i cardinali Chieregati, Pole e Contarini – oltre che da molti umanisti come Erasmo e altri testimoni presenti nelle diverse aree europee, tuttavia aveva sempre prevalso una sordità e una mancanza di volontà nel mutare atteggiamenti e costumi, soprattutto nella vita dei prelati e del clero.

E così, a poco a poco, accadde l’irreparabile: lo scisma della cristianità occidentale tra cattolici e protestanti, il dramma più lacerante nella storia della cristianità occidentale perché ben presto la chiesa cattolica si vide privata di molte membra nel Nord Europa. Lutero non prevedeva né voleva quella frattura, ma la sordità di Roma e soprattutto gli interessi della politica dei regnanti portarono in modo accelerato all’elaborazione di due vie cristiane diverse, non nella confessione battesimale trinitaria di Cristo Signore, ma nella forma della chiesa.

Sono passati cinque secoli e non possiamo tacere la tragedia, fatta non solo di scomuniche reciproche, ma anche di guerre, di roghi e di torture che manifestarono come quelle chiese, pur di difendere la propria verità, facessero ricorso a mezzi in contraddizione radicale a quel vangelo che ciascuna di esse professava di voler difendere e conservare puro. Cinque secoli di cammino percorso gli uni senza gli altri, con sviluppi teologici e anche violenze concrete gli uni contro gli altri, con concorrenza missionaria e permanente ostilità, sicché il cristianesimo in occidente appare da allora irrimediabilmente lacerato.

Solo all’inizio del secolo scorso, a motivo degli ostacoli incontrati nella missione delle chiese nei paesi coloniali, dovuti alla divisione, si è cominciato a percepirne lo scandalo. Da allora si è intrapreso un lungo cammino, accelerato per i cattolici dal concilio Vaticano II. E oggi, a che punto siamo nei rapporti tra i cattolici e i “protestanti”, cioè i cristiani nati dalla riforma e distinti in chiese e comunità ecclesiali? Va riconosciuto che papa Francesco, proprio nei confronti dei protestanti ha segnato un atteggiamento nuovo anche rispetto alle proprie posizioni del passato, un atteggiamento peraltro non condiviso da una parte dei cattolici stessi. Non a caso la sua partecipazione alla “commemorazione” della riforma ha posto e pone dei problemi. Se infatti la celebrazione era prevista da anni nel mondo protestante ed è stata preparata anche da un documento redatto da una commissione teologica bilaterale cattolico-luterana che invita a passare “Dal conflitto alla comunione”, ci si è tuttavia interrogati fino allo scorso anno sulla possibilità e l’opportunità che anche la chiesa cattolica partecipasse a tale evento. È infatti pensiero consolidato nel mondo cattolico che i protestanti hanno abbandonato la chiesa cattolica per altre vie e che, di conseguenza, non hanno conservato la tradizione della chiesa universale. Si può festeggiare insieme un evento che è stato inimicizia tra fratelli, rottura, divisione, contraddizione alla volontà dell’unico Signore?

Ma papa Francesco, con la sua capacità di porre gesti profetici, ha manifestato la volontà di prendere parte alla memoria celebrata a Lund in Svezia dove cinquant’anni fa iniziarono i dialoghi di riconciliazione tra chiesa luterana e chiesa cattolica. Alla sua audacia ha risposto l’altrettanto sofferta e coraggiosa decisione della Federazione luterana mondiale di accogliere l’inattesa richiesta e invitare formalmente il papa. E così l’apparentemente impossibile, con papa Francesco è diventato possibile: cattolici e protestanti possono stare insieme davanti al Signore, confessare la fede nella sua qualità di Risorto vivente e salvatore del mondo, ringraziarlo perché ha dato oggi ai suoi discepoli di comprendere insieme che il vangelo ha il primato nella vita di ogni cristiano e che la chiesa abbisogna sempre di essere riformata per essere il corpo di Cristo nella storia.

...

Le diffidenze reciproche ancora esistono e sono sovente alimentate ed espresse soprattutto dove e quando si accende un conflitto di etiche. Per molti aspetti, infatti, il fossato tra cattolici e protestanti si è fatto più profondo in questi anni, proprio sui temi della morale sessuale. Ma nell’approfondimento della fede ci sono stati passi significativi di profonda convergenza su alcune verità, come la giustificazione attraverso la fede, cioè il riconoscimento che Dio rende giusto il peccatore gratuitamente, per l’abbondanza del suo amore che non va mai meritato. Questo, unitamente alla forza dirompente dell’ “ecumenismo del sangue”, cioè la testimonianza offerta dai martiri di ogni chiesa, ha reso possibile ciò che fino a pochi decenni fa pareva utopia: il volto di Dio testimoniato insieme dai cristiani risplende di luce evangelica, meno deformato dalle antiche rivalità tra confessioni contrapposte.

In ogni caso papa Francesco pratica testardamente la cultura dell’incontro, del dialogo, della vicinanza concreta all’altro e li rinnova ogni giorno in questo mondo sempre più segnato da scontri, distanze, innalzamenti di muri, esclusione del diverso.



ECCO PERCHÈ DOVREMMO DIRE GRAZIE A MARTIN LUTERO di Giovanni Ferrò



ECCO PERCHÈ DOVREMMO DIRE GRAZIE A MARTIN LUTERO


Papa Francesco vola in Svezia per l'apertura delle celebrazioni del 500° anniversario della Riforma. L'analisi di Giovanni Ferrò sulle pagine di Jesus.

A cinquecento anni di distanza dall’affissione delle 95 tesi di Lutero sul portone della chiesa del castello di Wittenberg, ci sono molti motivi per i quali l’intera ecumene cristiana dovrebbe non soltanto riconciliarsi con la memoria degli eventi che portarono alla nascita delle Chiese protestanti, ma anche ringraziare i padri della Riforma per ciò che, con il loro insegnamento, hanno ricordato a tutti i cristiani. Senza la Riforma, ad esempio, probabilmente i cattolici non avrebbero re-imparato ad amare e studiare la Parola di Dio; il ruolo dei laici, forse, non sarebbe stato valorizzato; e chissà se il fondamento stesso della nostra fede, Gesù Cristo crocifisso, sarebbe stato ripulito da tante incrostazioni devozionali accumulatesi nel tempo.

In fondo, il fatto che papa Francesco abbia accettato volentieri l’invito a celebrare ecumenicamente quell’anniversario il 31 ottobre prossimo a Lund, in Svezia, implica anche questo riconoscimento: che Lutero, Calvino e gli altri non erano poi «cinghiali» che devastavano «la vigna del Signore», come scriveva papa Alessandro VI nella bolla di scomunica contro il monaco tedesco, ma credenti appassionati del Vangelo, che denunciavano corruzione ed esasperazioni dogmatiche nella Chiesa del tempo. 

Nonostante il cammino sia ancora lungo, oggi viviamo un tempo propizio per una nuova comprensione reciproca e una sincera fraternità ecumenica. Ma che farne di questo momento di grazia? Ho l’impressione che abbracci ecclesiastici e intese tra teologi non possano più bastare. In un mondo post-secolare, in cui a contendersi lo scenario pubblico sono una visione totalmente areligiosa del mondo e una opposta di tipo integralista, i credenti che si richiamano al Vangelo di Gesù Cristo saranno sempre più una piccola minoranza. Il rischio è che il timore di perdere influenza o di scomparire terrorizzi le comunità cristiane, spingendole verso forme di neoidentitarismo aggressivo. Lo spirito di amicizia e l’ascolto delle ragioni dell’altro, allora, possono servire anche a questo: apprendere, gli uni dagli altri, i modi nuovi per vivere felicemente il comandamento della nuda testimonianza cristiana anche in un tempo di evangelica fragilità.


"Lo sguardo di Gesù va oltre i peccati e i pregiudizi" Papa Francesco - Angelus del 30 ottobre 2016

"Lo sguardo di Gesù 
va oltre i peccati e i pregiudizi"

Papa Francesco 

Angelus del 30 ottobre 2016






Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di oggi ci presenta un fatto accaduto a Gerico, quando Gesù giunse in città e fu accolto dalla folla (cfr Lc 19,1-10). A Gerico viveva Zaccheo, il capo dei “pubblicani”, cioè degli esattori delle tasse. Zaccheo era un ricco collaboratore degli odiati occupanti romani, uno sfruttatore del suo popolo. Anche lui, per curiosità, voleva vedere Gesù, ma la sua condizione di pubblico peccatore non gli permetteva di avvicinarsi al Maestro; per di più, era piccolo di statura, e per questo sale su un albero di sicomoro, lungo la strada dove Gesù doveva passare.

Quando arriva vicino a quell’albero, Gesù alza lo sguardo e gli dice: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (v. 5). Possiamo immaginare lo stupore di Zaccheo! Ma perché Gesù dice «devo fermarmi a casa tua»? Di quale dovere si tratta? Sappiamo che il suo dovere supremo è attuare il disegno del Padre su tutta l’umanità, che si compie a Gerusalemme con la sua condanna a morte, la crocifissione e, al terzo giorno, la risurrezione. E’ il disegno di salvezza della misericordia del Padre. E in questo disegno c’è anche la salvezza di Zaccheo, un uomo disonesto e disprezzato da tutti, e perciò bisognoso di convertirsi. Infatti il Vangelo dice che, quando Gesù lo chiamò, «tutti mormoravano: “E’ entrato in casa di un peccatore!”» (v. 7). Il popolo vede in lui un furfante, che si è arricchito sulla pelle del prossimo. E se Gesù avesse detto: “Scendi, tu, sfruttatore, traditore del popolo! Vieni a parlare con me per regolare i conti!”. Di sicuro il popolo avrebbe fatto un applauso. Invece incominciarono a mormorare: “Gesù va a casa di lui, del peccatore, dello sfruttatore”.

Gesù, guidato dalla misericordia, cercava proprio lui. E quando entra in casa di Zaccheo dice: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (vv. 9-10). Lo sguardo di Gesù va oltre i peccati e i pregiudizi. E questo è importante! Dobbiamo impararlo. Lo sguardo di Gesù va oltre i peccati e i pregiudizi; vede la persona con gli occhi di Dio, che non si ferma al male passato, ma intravede il bene futuro; Gesù non si rassegna alle chiusure, ma apre sempre, sempre apre nuovi spazi di vita; non si ferma alle apparenze, ma guarda il cuore. E qui ha guardato il cuore ferito di quest’uomo: ferito dal peccato della cupidigia, da tante cose brutte che aveva fatto questo Zaccheo. Guarda quel cuore ferito e va lì.

A volte noi cerchiamo di correggere o convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto. L’atteggiamento di Gesù con Zaccheo ci indica un’altra strada: quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che Dio continua a vedere malgrado tutto, malgrado tutti i suoi sbagli. Questo può provocare una sorpresa positiva, che intenerisce il cuore e spinge la persona a tirare fuori il buono che ha in sé. È il dare fiducia alle persone che le fa crescere e cambiare. Così si comporta Dio con tutti noi: non è bloccato dal nostro peccato, ma lo supera con l’amore e ci fa sentire la nostalgia del bene. Tutti abbiamo sentito questa nostalgia del bene dopo uno sbaglio. E così fa il nostro Padre Dio, così fa Gesù. Non esiste una persona che non ha qualcosa di buono. E questo guarda Dio per tirarla fuori dal male.

La Vergine Maria ci aiuti a vedere il buono che c’è nelle persone che incontriamo ogni giorno, affinché tutti siano incoraggiati a far emergere l’immagine di Dio impressa nel loro cuore. E così possiamo gioire per le sorprese della misericordia di Dio! Il nostro Dio, che è il Dio delle sorprese!

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Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,
ieri, a Madrid, sono stati proclamati Beati José Antón Gómez, Antolín Pablos Villanueva, Juan Rafael Mariano Alcocer Martínez e Luis Vidaurrázaga Gonzáles, martiri, uccisi in Spagna nel secolo scorso, durante la persecuzione contro la Chiesa. Erano sacerdoti Benedettini. Lodiamo il Signore e affidiamo alla loro intercessione i fratelli e le sorelle che purtroppo ancora oggi, in varie parti del mondo, sono perseguitati per la fede in Cristo.

Esprimo la mia vicinanza alle popolazioni dell’Italia Centrale colpite dal terremoto. Anche questa mattina c’è stata una forte scossa. Prego per i feriti e per le famiglie che hanno subito maggiori danni, come pure per il personale impegnato nei soccorsi e nell’assistenza. Il Signore Risorto dia loro forza e la Madonna li custodisca.

Saluto con affetto tutti i pellegrini dell’Italia e di vari Paesi, in particolare quelli provenienti da Ljubliana (Slovenia) e da Sligo (Irlanda). Saluto i partecipanti al pellegrinaggio mondiale degli acconciatori ed estetisti, la Federazione Nazionale Cortei e Giochi storici, i gruppi giovanili di Petosino, Pogliano Milanese, Carugate e Padova. Saluto anche i pellegrini dell’UNITALSI della Sardegna.

Nei prossimi due giorni compirò un Viaggio apostolico in Svezia, in occasione della commemorazione della Riforma, che vedrà cattolici e luterani raccolti insieme nel ricordo e nella preghiera. Chiedo a tutti voi di pregare affinché questo viaggio sia una nuova tappa nel cammino di fraternità verso la piena comunione.

Vi auguro una buona domenica - c’è un bel sole… - e una buona festa di Tutti i Santi. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

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domenica 30 ottobre 2016

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - XXXI Domenica T.O. - / C






Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)





Preghiera dei Fedeli

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 48/2015-2016 (C) di Santino Coppolino


'Un cuore che ascolta - lev shomea'

"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino


Vangelo: 
Lc 19,1-10



Questo brano, unitamente alla parabola del Buon samaritano (10,25-37) e a tutto il capitolo 15 del Vangelo di Luca , può essere considerato un "Vangelo nel Vangelo". In Zaccheo infatti vediamo realizzata ancora una volta quella salvezza che sembra impossibile agli occhi degli uomini, ma non agli occhi di Dio, che si attua attraverso l'amore misericordioso di Gesù. Zaccheo (" il puro " opp. "Dio fa memoria") è cifra di quanti sono ritenuti dalla religione persone insalvabili, senza possibilità alcuna di redenzione. Non così però per il Padre, il quale "provvede il cibo anche ai piccoli del corvo che gridano" (Sal 147,9), animali immondi per eccellenza. Zaccheo è figura di quella Gerico inespugnabile le cui mura però crollarono al suono delle trombe, simbolo della voce di Dio; allo stesso modo crollano le false sicurezze del capo dei pubblicani dopo essere stato convocato e visitato da Gesù e avere ascoltato la sua Parola. Il Signore non teme di contaminarsi, lo abbiamo già visto in tante altre occasioni, egli si ferma a casa di Zaccheo perché "deve", perché questo è il progetto del Padre, perché "nessuno dei suoi figli vada perduto"(Gv 17,12) . "Nessun uomo infatti può ormai essere dichiarato impuro (cf. At 10,15), perché il Padre lo ha purificato con il sangue del suo Figlio "(cit.). La risposta di Zaccheo è esemplare, ci insegna cosa significa concretamente rispondere all'amore del Signore ; egli realizza realmente nella sua vita il "che cosa fare per ereditare la vita eterna"(10,25ss). In lui si attua quel radicale cambiamento di mentalità, quella "metanòia" che lo condurrà a fare giustizia, la vera Tzedaqà, a liberarsi di quella satanica zavorra che lo schiaccia così tanto in basso da impedirgli di "vedere Gesù"
Adesso può finalmente contemplare il volto del Signore ponendosi alla sua sequela verso Gerusalemme, proprio ora che ha conosciuto quanto grande è la misericordia del Padre verso la sua persona, può finalmente cominciare un nuovo cammino per giungere "alla misura della statura della pienezza di Cristo "(Ef 4,13).


sabato 29 ottobre 2016

"Quando Gesù si autoinvita alla nostra tavola" di p. Ermes Ronchi - XXXI Domenica Tempo Ordinario - anno C

Quando Gesù si autoinvita alla nostra tavola

Commento
XXXI Domenica Tempo Ordinario (Anno C)

Letture: Sapienza 11,22-12,2; Salmo 144; 2 Tessalonicesi 1,11-2,2; Luca 19,1-10

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. (...) 

Gesù passando alzò lo sguardo. Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre di essere guardato. Il cercatore si accorge di essere cercato: Zaccheo, scendi, oggi devo fermarmi a casa tua. Il nome proprio, prima di tutto. La misericordia è tenerezza che chiama ognuno per nome.
Non dice: Zaccheo, scendi e cambia vita; scendi e andiamo a pregare... Se avesse detto così, non sarebbe successo nulla: quelle parole Zaccheo le aveva già sentite da tutti i pii farisei della città. Zaccheo prima incontra, poi si converte.
Da Gesù nessuna richiesta di confessare o espiare il peccato, come del resto non accade mai nel Vangelo; quello che Gesù dichiara è il suo bisogno di stare con lui: “devo venire a casa tua. Devo, lo desidero, ho bisogno di entrare nel tuo mondo. Non ti voglio portare nel mio mondo, come un qualsiasi predicatore fondamentalista; voglio entrare io nel tuo, parlare con il tuo linguaggio piano e semplice”.
E non pone nessuna condizione all'incontro, perché la misericordia fa così: previene, anticipa, precede. Non pone nessuna clausola, apre sentieri, insegna respiri e orizzonti. È lo scandalo della misericordia incondizionata.
Devo venire a casa tua. Ma poi non basta. Non solo a casa tua, ma alla tua tavola. La tavola che è il luogo dell'amicizia, dove si fa e si rifà la vita, dove ci si nutre gli uni degli altri, dove l'amicizia si rallegra di sguardi e si rafforza di intese; che stabilisce legami, unisce i commensali...
Quelle tavole attorno alle quali Gesù riunisce i peccatori sono lo specchio e la frontiera avanzata del suo programma messianico.
Dio alla mia tavola, come un familiare, intimo come una persona cara, un Dio alla portata di tutti.
Ecco il metodo sconcertante di Gesù: cambia i peccatori mangiando con loro, cioè condividendo cibo e vita; non cala prediche dall'alto del pulpito, ma si ferma ad altezza di occhi, a millimetro di sguardi. Ammonisce senza averne l'aria, con la sorpresa dell'amicizia, che ripara le vite in frantumi.
Zaccheo reagisce alla presenza di Gesù cambiando segno alla sua vita, facendo quello che il maestro non gli aveva neppure chiesto, facendo più di quello che la Legge imponeva: ecco qui, Signore, la metà dei miei beni per i poveri; e se ho rubato, restituisco quattro volte tanto.
Qual è il motore di questa trasformazione? Lo sbalordimento per la misericordia, una impensata, immeritata, non richiesta misericordia; lo stupore per l'amicizia. Gesù non ha elencato gli errori di Zaccheo, non l'ha giudicato, non ha puntato il dito. Ha offerto se stesso in amicizia, gli ha dato credito, un credito totale e immeritato.
Il peccatore si scopre amato. Amato senza meriti, senza un perché. Semplicemente amato. E allora rinasce.


"Il discernimento" a cura di p. Alberto Neglia, ocarm (VIDEO INTEGRALE)

"Il discernimento" 
a cura di p. Alberto Neglia,
 ocarm 

(VIDEO INTEGRALE)


I MERCOLEDÌ DELLA SPIRITUALITÀ - 2016 
promossi dalla
 Fraternità Carmelitana
 di Barcellona Pozzo di Gotto


 DISCERNIMENTO E RESPONSABILITÀ 
“Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono” 
(1Ts 5,21) 




Mercoledì 26 ottobre - IL DISCERNIMENTO

«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2).

Viene il momento nella vita di ognuno di noi in cui siamo chiamati a prendere delle decisioni. È un momento importante, è una esperienza in cui l’uomo è chiamato a prendere coscienza della propria maturità. Martin Heidegger afferma: «L’uomo definisce se stesso nella sua esistenza attraverso le sue decisioni e le sue azioni». 

Quando questo accade, facciamo tutti l’esperienza di come sia difficile scegliere e decidere di imboccare una strada piuttosto che un’altra, anche se abbiamo un’età avanzata. Questo avviene perché non siamo stati educati ad affrontare la vita e ad assumerci la responsabilità delle scelte. Altri lo hanno fatto per noi: genitori, educatori, confessori, il clientelismo politico. Quanto infantilismo permane e quanta dipendenza. Che, poi, è una dipendenza reciproca, non solo di chi non si assume la responsabilità di scegliere, ma anche di chi sceglie per l’altro, perché nel momento in cui non è più consultato si domanda: ma io chi sono?! Quanti ruoli artificiosi del prete nella chiesa: pare che senza di lui non si possa fare niente, non si possa decidere, i fedeli rimangono eterni minorenni!

So bene che non è facile scegliere, ma questo non ci autorizza a delegare agli altri le nostre scelte per paura di sbagliare o – perché no? – per una dose di pigrizia che alberga in noi. 

Le decisioni dovrebbero essere frutto di un discernimento, ma discernere non è un’arte che si improvvisa: va preparata con cura, è aiutata, oltre che da buone letture, da persone fidate ed esperte, si matura al sole della grazia di Dio e all’ombra dei propri errori. 

La capacità di discernere cresce nella misura in cui si matura umanamente e nella fede, nell’uomo interiore.

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"Il fondamento della nostra vita è Gesù che prega per noi" Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

"Il fondamento della nostra vita è Gesù che prega per noi" 

Papa Francesco 




S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, 
Vaticano
28 ottobre 2016
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.



Gesù continua a pregare per ogni uomo: è questo «il fondamento della Chiesa» e anche la chiave per comprenderne la missione e il mistero. Lo ha affermato Francesco nella messa celebrata venerdì mattina, 28 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta.

«Cosa è la Chiesa?»: precisamente a questa domanda rispondono «le due letture della liturgia della parola di oggi» che «sono un annuncio, anche una catechesi sulla Chiesa», ha spiegato il Papa riferendosi alla lettera agli Efesini (2, 19-22) e al passo evangelico di Luca (6, 12-19). Infatti «Paolo ci fa capire che noi siamo concittadini dei santi — la Chiesa ci dà questa cittadinanza — e che siamo tutti in una costruzione ben ordinata per essere tempio santo del Signore: edificati insieme sul fondamento degli apostoli, dei profeti; e la pietra d’angolo, è lo stesso Gesù». Egli «è il fondamento della Chiesa», ricorda Paolo.

«Nel Vangelo di Luca — ha proseguito il Pontefice — abbiamo visto la Chiesa in attività, in azione: Gesù che prega, che sceglie gli apostoli, che dà il nome a ognuno, che guarisce l’anima e il corpo e che era fra i discepoli, e anche tutta quella folla che cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti». Proprio «questo è la Chiesa, quello che Paolo ci insegna è questo in azione». L’apostolo afferma che «la pietra d’angolo è lo stesso Gesù»; e difatti «senza Gesù non c’è Chiesa: lui è il fondamento della Chiesa».

Francesco ha fatto notare che «il Vangelo incomincia con una cosa che ci fa riflettere: “Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio”». E «poi viene tutto l’altro: la gente, la scelta dei discepoli, le guarigioni, scaccia i demoni». Dunque «la pietra d’angolo è Gesù, sì: ma Gesù che prega». E «Gesù prega: ha pregato e continua a pregare per la Chiesa». Dunque «la pietra d’angolo della Chiesa è il Signore davanti al Padre che intercede per noi, che prega per noi: noi preghiamo lui, ma il fondamento è lui che prega per noi».

«Gesù sempre ha pregato per i suoi» ha affermato il Pontefice. «Nell’ultima cena — ha ricordato — ha pregato per i discepoli e chiedeva al Padre: “custodisci questi nella verità, accompagnali e non solo prego per questi, ma anche per quelli che verranno”». Inoltre, ha spiegato il Papa, «Gesù prega prima di fare qualche miracolo: pensiamo alla risurrezione di Lazzaro» quando «prega il Padre: “Grazie, Padre”».

Anche «sul monte degli Ulivi Gesù prega; sulla croce, finisce pregando: la sua vita finì in preghiera». E «questa è la nostra sicurezza, questo è il nostro fondamento, questa è la nostra pietra d’angolo: Gesù che prega per noi, Gesù che prega per me». Perciò «ognuno di noi può dire: “sono sicuro, sono sicura che Gesù prega per me, è davanti al Padre e mi nomina”». Ecco, dunque, «la pietra d’angolo della Chiesa: Gesù in preghiera».

In questa prospettiva Francesco ha riproposto il passo evangelico, «prima della Passione, quando Gesù si rivolge a Pietro con quell’avvertimento che è come l’eco del primo capitolo del libro di Giobbe: “Pietro, Pietro, Satana ha ottenuto il permesso di passarvi al vaglio come il grano, ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede». Ed «è bello» pensare — ha affermato il Papa — che le parole che Gesù dice a Pietro «le dice a te, a me e a tutti: “Io ho pregato per te, io prego per te, io adesso sto pregando per te”». E «quando viene sull’altare, lui viene a intercedere, a pregare per noi, come sulla croce». Questo «ci dà una grande sicurezza: io appartengo a questa comunità, salda perché ha come pietra d’angolo Gesù, ma Gesù che prega per me, che prega per noi».

In conclusione Francesco ha invitato a «riflettere su questo mistero della Chiesa: siamo tutti come una costruzione, ma il fondamento è Gesù, è Gesù che prega per noi. è Gesù che prega per me»

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venerdì 28 ottobre 2016

MIGRANTI - LA VERGOGNA DI GORINO E L'ITALIA CHE ACCOGLIE

MIGRANTI 
LA VERGOGNA DI GORINO 
E L'ITALIA CHE ACCOGLIE

Sono 400 i rifugiati siriani che grazie al progetto ecumenico dei "Corridoi Umanitari" hanno trovato ospitalità in Italia; una buona pratica e un esempio ad oggi unico e pilota, ma auspichiamo, replicabile. Andrea Riccardi ha definito i corridoi umanitari "una protesta civile e non violenta contro l'inaccoglienza e l'indifferenza".Il progetto non chiede e non usufruisce di finanziamenti dello Stato ma viene finanziato dai promotori che sono: Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e la Comunità di Sant’Egidio,  e sostenuto dalla Tavola valdese.

Il 24 ottobre 2016 sono atterrati all’aeroporto di Fiumicino 72 rifugiati grazie ai Corridoi umanitari”. Domani all’alba ne arriveranno altri 56 e dunque saranno 400 le persone giunte in Italia fino ad oggi con un regolare volo di linea e munite di visto umanitario, grazie al progetto pilota in Italia e in Europa dei «Corridoi umanitari» promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), dalla Comunità di Sant’Egidio e sostenuto dalla Tavola valdese.

In conferenza stampa, all’aeroporto romano, per accogliere gli ospiti siriani giunti dal Libano si sono dati appuntamento il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il fondatore della Comunità di sant’Egidio Andrea Riccardi, il presidente della Fcei, pastore Luca Maria Negro, Filippo Bubbico, viceministro degli Interni e la responsabile dell’Otto per mille valdese Susanna Pietra.

«Pochi giorni fa è nata a Torino la prima figlia dei “Corridoi umanitari” e si chiama Shamsa, “raggio di sole” nata da una coppia di siriani arrivata dal Libano a Fiumicino, tra i primi arrivi, e dove ora ci troviamo – ha dichiarato stamane a Riforma.it il presidente della Fcei, pastore Luca Maria Negro – per questo nuovo arrivo di profughi grazie al progetto ecumenico dei Corridoi; una buona pratica e un esempio ad oggi unico e pilota, ma auspichiamo, replicabile. Shamsa è un “raggio di sole” nel buio di una guerra che continua a mietere vittime in tanti, troppi paesi; un “raggio di sole” nella tempesta delle tragedie che continuano a perpetrarsi nel “mare nostrum”. Con gli arrivi di oggi e di domani saranno 400 i soggetti vulnerabili strappati al racket dei trafficanti e che, grazie ai Corridoi umanitari, hanno intrapreso un percorso di integrazione che ha già visto alcuni rifugiati trovare lavoro o iscriversi all’università». «Quattrocento sono una goccia nell’oceano – ha detto ancora il pastore Negro – per questo, come promotori dell’iniziativa insieme alla Comunità di Sant’Egidio e alla Tavola valdese, non ci stanchiamo di chiedere alle chiese sorelle all’estero di tentare di replicare il progetto. Oggi siamo lieti di annunciare che sono in corso trattative avanzate sia in Francia e in Olanda, mentre in Germania e in Svizzera è stato dimostrato vivo interesse per l’iniziativa. Un grazie voglio rivolgerlo a tutti coloro che hanno sempre sostenuto l’iniziativa: dal Governo italiano alle associazioni alle comunità che, ovunque, nei luoghi in cui i nostri rifugiati sono accolti, si prodigano per sostenere e facilitare il processo di integrazione».

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Per approfondire:
-L'arrivo del 24 ottobre 2016 dei profughi siriani con i corridoi umanitari

Cosa sono i Corridoi Umanitari?



IL RIFIUTO DI GORINO

Migranti e profughi: 
Volti e storie di chi fugge dall'Isis
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Migranti: Italia spaccata tra chi li accoglie e chi li rifiuta. 
Il commento di Eraldo Affinati
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Gorino e il Natale che non c'è
di Marco Pappalardo


Se Gesù lo hai avuto a due passi - negli occhi di quelle ragazze e nel battito di quel bimbo nel grembo - e non lo hai riconosciuto, come pensi di riconoscerlo nella celebrazione 
del Natale in cui non lo vedi?





Perché festeggiare quest'anno il Natale nella frazione di Gorino? O meglio, perché dovrebbero festeggiarlo le centinaia di persone - se cristiane (perché il dubbio è lecito!) - che non hanno voluto accogliere un gruppetto di ragazze migranti di cui una incinta? Penso che anche il buon Babbo Natale avrebbe problemi a passare da quelle parti!

Che fare? Se io fossi il parroco della zona, farei trovare la notte e il giorno di Natale le barricate davanti all'ingresso, permettendo l'entrata solo a chi non ha fatto resistenza all'accoglienza, tranne che non siano stati complici nel silenzio o nell'indifferenza. Certo, prima di farlo, approfitterei dell'Avvento per dare l'opportunità - a chi lo volesse - di riconciliarsi, chiedere perdono e fare gesti concreti di riparazione. Chi restasse della propria idea di esclusione, lo escluderei dalle celebrazioni natalizie persino rischiando di avere la chiesa vuota!

"Mancanza di misericordia nei confronti delle pecorelle smarrite", tuonerà qualcuno. Tutto il contrario! È proprio la misericordia mancata nei confronti di quelle donne e del nascituro che "cancella" il Natale e c'è un fondamento in questo che oserei definire "teologico": se non accogliamo Gesù che viene nel prossimo, povero, umile, esule, solo, non può esserci il Natale, poiché Gesù lo abbiamo già tenuto lontano da noi e dal nostro paesello. Non sarebbe il parroco a "cancellare" il Natale, ma le persone stesse che a Gesù hanno voltato le spalle.

La misericordia non è una teoria o una buona intenzione, e quest'anno giubilare ce lo ha fatto vivere in tutti i modi; così come il fatto concreto che, se non sono capace di essere misericordioso, quasi certamente non sarò capace di ricevere misericordia, nel senso che non comprenderò un gesto o un segno neppure se fosse il Papa in persona a farlo nei miei confronti. È la storia di Lazzaro e del ricco epulone mutatis mutandis: se Gesù lo hai avuto a due passi - negli occhi di quelle ragazze e nel battito di quel bimbo nel grembo - e non lo hai riconosciuto, come pensi di riconoscerlo nella celebrazione del Natale in cui non lo vedi?

Gesù è più grande del nostro peccato? Certamente! Gesù ci conosce nell'intimo? Sicuramente! Chi siamo noi per giudicare? Verissimo! "Chi è senza peccato scagli la prima pietra"? Evangelico! Ma soprattutto: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». 

Chi salverà il Natale a Gorino? Cercasi qualcuno che interceda come Abramo davanti a Sodoma; cercasi almeno dieci giusti!

P.S. Onde evitare commenti del tipo "bisogna vivere le cose per parlarne o scriverne", mi permetto una piccola nota personale per contestualizzare e non certo per vanagloria: vivo in Sicilia, a Catania; da giornalista ho visto i migranti morti sulla spiaggia e tanti altri sbarcare al porto; da insegnante conduco gli studenti nei centri di accoglienza per conoscerli e confrontarsi; da volontario li incontro per strada nelle serate settimanali di servizio per le sorelle e fratelli senza dimora.
(Fonte: Vino Nuovo)



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Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto



... Questa domenica Gesù vuole continuare questo tema della preghiera, ma vuole in un certo senso aiutarci a comprendere meglio perché bisogna fare la fatica di salire e stare davanti a Dio; per cambiare Lui, no, perché il Signore non cambia con le nostre moine...; la preghiera deve cambiare noi, salire, perché pregare è un po' come salire... e alzare la nostra vita verso Dio è permettere che il Signore possa penetrare dentro di noi, guardarci dentro, illuminare la nostra esistenza, le nostre contraddizioni; la preghiera ha questo compito ... 
Paolo può dire a Timoteo e lo dice anche a noi: quello che vale nella vita è amare alla misura di Gesù, con Lui, fidandoci di Lui si può amare... ogni giorno avvertiamo la durezza di questo mondo... eppure dentro questo mondo Paolo dice: tu, da cristiano impara ad amare e trova forza nella preghiera, non ti stancare di amare; questo è il programma che il Signore ci dà. Intanto facciamo esercizio nella nostra casa, non stanchiamoci di amare nella nostra casa, impariamo da lì e poi allarghiamo e cerchiamo di fare in modo che il nostro cuore non si chiuda, ma trovi davvero questa apertura. 
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"Oggi Dio continua a piangere — con lacrime di padre e di madre — davanti alle calamità, alle guerre scatenate per adorare il dio denaro, a tanti innocenti uccisi dalle bombe, a un’umanità che sembra non volere la pace" Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

Oggi Dio continua a piangere — con lacrime di padre e di madre — davanti alle calamità, 
alle guerre scatenate per adorare il dio denaro, 
a tanti innocenti uccisi dalle bombe, 
a un’umanità che sembra non volere la pace

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
27 ottobre 2016
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.






È un forte invito alla conversione quello rilanciato da Francesco nella messa celebrata giovedì mattina, 27 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta. Un invito che il Pontefice ha motivato ricordando che Dio si è fatto uomo proprio per piangere con e per i sui figli.

Nel passo del Vangelo di Luca (13, 31-35) proposto dalla liturgia, ha spiegato il Papa, «sembra che Gesù avesse perso la pazienza e usa anche parole forti: non è un insulto ma non è fare un complimento dire “volpe” a una persona». Per la precisione dice ai farisei che gli hanno parlato di Erode: «Andate a dire a quella volpe». Ma già «in altre occasioni Gesù ha parlato duro»: ad esempio, ha detto «generazione perversa e adultera». E ha chiamato i discepoli «duri di cuore» e «stolti». Luca riporta le parole con cui Gesù fa un vero e proprio «riassunto di quello che dovrà accadere: “è necessario che io prosegua il mio cammino perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”». In pratica il Signore «dice quello che succederà, si prepara a morire».

Ma «poi subito Gesù cambia i toni», ha evidenziato Francesco. «Dopo questo scoppio tanto forte», infatti, «cambia tono e guarda il suo popolo, guarda la città di Gerusalemme: “Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te!”». Egli guarda «la Gerusalemme chiusa, che non ha sempre ricevuto i messaggeri del Padre». E «il cuore di Gesù incomincia a parlare con tenerezza: “Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia i suoi pulcini!”», Ecco «la tenerezza di Dio, la tenerezza di Gesù». Quel giorno egli «pianse su Gerusalemme». Ma «quel pianto di Gesù — ha spiegato il Papa — non è il pianto dell’amico davanti alla tomba di Lazzaro. Quello è il pianto di un amico davanti alla morte dell’altro»; invece «questo è il pianto di un padre che piange, è Dio Padre che piange qui nella persona di Gesù».

«Qualcuno ha detto che Dio si è fatto uomo per poter piangere quello che avevano fatto i suoi figli» ha affermato il Pontefice. E così «il pianto davanti alla tomba di Lazzaro è il pianto dell’amico». Ma quello che racconta Luca «è il pianto del Padre». A questo proposito Francesco ha voluto riproporre anche l’atteggiamento del «padre del figliol prodigo, quando il figlio più piccolo gli ha chiesto i soldi dell’eredità e se ne è andato via». E «quel padre è sicuro, non è andato dai suoi vicini a dire: “guarda cosa mi è accaduto, ma questo povero disgraziato cosa mi ha fatto, io maledico questo figlio!”. No, non ha fatto questo». Invece, ha detto il Papa, «sono sicuro» che quel padre «se ne è andato a piangere da solo».

È vero, il Vangelo non rivela questo particolare — ha proseguito Francesco — però racconta «che quando il figlio tornò vide il padre da lontano: questo significa che il padre continuamente saliva sul terrazzo a guardare il cammino per vedere se il figlio tornava». E «un padre che fa questo è un padre che vive nel pianto, aspettando che il figlio torni». Proprio questo è «il pianto di Dio Padre; e con questo pianto il Padre ricrea nel suo Figlio tutta la creazione».

«Quando Gesù andava con la croce al Calvario — ha ricordato il Pontefice — le pie donne piangevano e ha detto loro: “No, non piangete su di me, piangete per i vostri figli”». È il «pianto di padre e di madre che Dio anche oggi continua a fare: anche oggi davanti alle calamità, alle guerre che si fanno per adorare il dio denaro, a tanti innocenti uccisi dalle bombe che gettano giù gli adoratori dell’idolo denaro». E così «anche oggi il Padre piange, anche oggi dice: “Gerusalemme, Gerusalemme, figlioli miei, cosa state facendo?”». E «lo dice alle vittime poverette e anche ai trafficanti delle armi e a tutti quelli che vendono la vita della gente».

In conclusione Francesco ha suggerito di «pensare che il nostro Padre Dio si è fatto uomo per poter piangere. E ci farà bene pensare che nostro Padre Dio oggi piange: piange per questa umanità che non finisce di capire la pace che lui ci offre, la pace dell’amore».



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giovedì 27 ottobre 2016

IL TERREMOTO - Esperienza di fragilità e limite che dovrebbe farci capire cosa conta veramente - Scosse di Tonio Dell'Olio - La solidarietà di Papa Francesco

IL TERREMOTO - Esperienza di fragilità e limite 
che dovrebbe farci capire cosa conta veramente
Scosse
di Tonio Dell'Olio




Qualunque tema scelga di commentare e diffondere oggi si arena irrimediabilmente nelle sensazioni di impotenza mista a paura vissute ancora una volta ieri sera con le scosse del terremoto. Esperienza di fragilità e limite. Di rassegnazione e assoggettamento. Sentimenti e sensazioni che però alimentano la solidarietà e l’amicizia. Telefonate e messaggi di amici preoccupati. No stop di notiziari alla faticosa ricerca di informazioni dettagliate e aggiornate. Sguardi, prima ancora che considerazioni e commenti, dei vicini di casa. E mi chiedo se ha senso attendere un evento tanto distruttivo per disseppellire i legami umani più profondi e più belli. Se non valga la pena impegnarsi a rendere ordinario e quotidiano ciò che abbiamo relegato all’eccezionalità. Stamattina incontro altri sguardi che spesso cercano nel vuoto una risposta o chiedono semplicemente di raccontare quel frammento di tempo. Dov’erano, con chi, cos’hanno provato, come hanno reagito… regolare la respirazione e riprendere a fare cose. Ma con una luce nuova sulle persone che la vita ti lascia incontrare.
(Fonte: Mosaico dei giorni del 27 ottobre 2016)

Papa vicino ai terremotati del Centro Italia


“Sono vicino con la preghiera alle persone colpite dal nuovo terremoto nel Centro Italia”. 
Così sull’account Twitter @Pontifex, Papa Francesco partecipa alla sofferenza delle popolazioni nuovamente toccate dal sisma. Dopo il terremoto del 24 agosto, ieri la terra ha tremato alle 19.10 con magnitudo 5,4, poi alle 21.18, con una scossa del 5,9, quindi alle 23.42, magnitudo 4,6. L’epicentro è stato localizzato tra Castelsantangelo sul Nera, Visso e Ussita, nelle Marche, e Preci, in Umbria. Stamani, poco dopo le 10.30, nuova scossa del 4,4 nella stessa zona.



COSA FARE IN CASO DI TERREMOTO



XV Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico 27 ottobre 2016 25 muharram 1438 - «Misericordia, diritti: presupposti per un dialogo costruttivo».

XV Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico
27 ottobre 2016
25 muharram 1438

Appello ai cristiani e ai musulmani




«Misericordia, diritti: 
presupposti per un dialogo costruttivo»

Tutto è iniziato l’11 settembre del 2001, di cui nei giorni scorsi si è celebrato il quindicesimo anniversario. Quindici anni da quei tragici attentati di New York e Washington che furono usati per dare inizio a quella che oggi oramai tutti riconoscono essere la terza guerra mondiale, sia pure a pezzi (come la chiama papa Francesco). Da allora il rumore della guerra è diventato una costante della vita delle nostre comunità e che ha già provocato alcuni milioni di morti, decine di milioni di profughi e immense distruzioni.
Ma quei giorni furono usati anche per rilanciare il dialogo tra le religioni e l’impegno per la pace. Mentre veniva dispiegata la più grande macchina da guerra che la storia abbia mai registrato, compresi potenti media che hanno soffiato sul fuoco dell’odio e hanno diffuso l’idea della “guerra di religione”, dal basso, uomini e donne di pace, teologi, giornalisti, studiosi, associazioni, lanciarono con un appello l’idea di una Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico che, da allora, è diventata un appuntamento fisso della nostra vita sociale, coinvolgendo singoli, comunità religiose, e istituzioni a tutti i livelli, dai comuni alla Presidenza della Repubblica.
Siamo così giunti alla nostra XV edizione, che si terrà, anche quest’anno, il prossimo 27 ottobre 2016, con un’iniziativa centrale a Roma e centinaia di iniziative in tantissimi comuni d’Italia. Il tema è: «Misericordia, diritti: presupposti per un dialogo costruttivo».
Negli ultimi anni abbiamo anche registrato un moltiplicarsi di iniziative di dialogo come reazione agli attentati che nel 2015 e 2016 sono avvenuti in alcuni paesi europei. Dal male può nascere il bene, come è accaduto a fine luglio dopo la brutale uccisione in Francia di padre Jacques Hamel. Dopo quell’omicidio, e grazie alle coraggiose prese di posizione di Papa Francesco, appare sempre più evidente che la religione con la guerra in corso non c’entra nulla e che è sempre più necessario rafforzare il dialogo fra le religioni.
Invitiamo perciò tutti gli amici della pace a moltiplicare i loro sforzi e a dar vita, il prossimo 27 ottobre, a un gran numero di iniziative che mettano al centro i temi della “misericordia e dei diritti”, che sono i “presupposti per un dialogo costruttivo”.
Con un fraterno saluto di pace, shalom, salaam

Il Comitato Promotore nazionale della Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico
Comunicato stampa del 12-09-2016

Per approfondire: