“I preti devono crescere
nella capacità di discernere"
Papa Francesco
La Civiltà Cattolica ha pubblicato la trascrizione del dialogo tra Papa Francesco e 28 gesuiti polacchi che l’hanno incontrato nel pomeriggio dello 30 luglio 2016 a Cracovia. Il Papa ha risposto anche ad alcune domande sui giovani, le Università dei Gesuiti e alcuni ricordi personali
Il suo messaggio arriva al cuore dei giovani. Come fa a parlare loro così efficacemente? Potrebbe darci qualche consiglio per lavorare con i giovani?
Quando parlo, devo guardare la gente negli occhi. Non è possibile guardare gli occhi di tutti, ma io guardo gli occhi di questo, di questo, di questo… e tutti si sentono guardati. È qualcosa che mi viene spontaneo. Così faccio con i giovani. Ma poi i giovani, quando parli con loro, fanno domande… Oggi a pranzo, mi hanno fatto alcune domande… Mi hanno persino chiesto come mi confesso! Loro non hanno pudore. Fanno domande dirette. E a un giovane bisogna sempre rispondere con la verità. Oggi a pranzo a un certo punto siamo arrivati a parlare della confessione. Una giovane mi ha chiesto: «Lei come si confessa?». E ha cominciato a parlarmi di sé. Mi ha detto: «Nel mio Paese ci sono stati scandali legati ai preti, e noi non abbiamo il coraggio di confessarci con il tal prete che ha vissuto questi scandali. Non ce la faccio». Vedete: ti dicono la verità, a volte ti rimproverano…
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Ecco: bisogna essere diretti, diretti con la verità.
Qual è il ruolo dell’Università dei gesuiti?
Una Università retta dai gesuiti deve puntare a una formazione globale e non solamente intellettuale, una formazione di tutto l’uomo. Infatti se l’Università diviene semplicemente una accademia di nozioni o una «fabbrica» di professionisti, o nella sua struttura prevale una mentalità centrata sugli affari, allora è davvero fuori strada. Noi abbiamo in mano gli Esercizi. Ecco la sfida: portare l’Università sulla strada degli Esercizi. Questo significa rischiare sulla verità e non sulle «verità chiuse» che nessuno discute. La verità dell’incontro con le persone è aperta e richiede di lasciarsi interpellare davvero dalla realtà. E l’Università dei gesuiti deve essere coinvolta anche nella vita reale della Chiesa e della Nazione: anche questa è realtà, infatti. Una particolare attenzione deve essere sempre data agli emarginati, alla difesa di coloro che hanno più bisogno di essere protetti. E questo — sia chiaro — non è essere comunisti: è semplicemente essere davvero coinvolti con la realtà. In questo caso, in particolare una Università dei gesuiti deve essere pienamente coinvolta con la realtà esprimendo il pensiero sociale della Chiesa. Il pensiero liberista, che sposta l’uomo dal centro e ha messo al centro il denaro, non è il nostro. La dottrina della Chiesa è chiara e bisogna andare avanti in questo senso.
Come mai si è fatto gesuita?
Quando sono entrato in seminario, avevo già una vocazione religiosa. Ma a quel tempo il mio confessore era anti-gesuita. Mi piacevano pure i domenicani e la loro vita intellettuale. Poi mi sono ammalato, ho dovuto subire un intervento chirurgico al polmone. In seguito ...
In questo gruppo ci sono alcuni preti appena ordinati. Ha consigli per il loro futuro?
Tu sai: il futuro è di Dio. Il massimo che noi possiamo fare sono i futuribili. E i futuribili sono tutti del cattivo spirito! Un consiglio: il sacerdozio è una grazia davvero grande; il tuo sacerdozio come gesuita sia bagnato della spiritualità che tu hai vissuto fino ad ora: la spiritualità del Suscipe di sant’Ignazio (1).
[In questo momento l’incontro sembra terminare con la consegna al Pontefice di doni da parte di alcuni gesuiti che hanno seguito i giovani legati alla spiritualità ignaziana, che sono venuti da tutto il mondo alla GMG. Francesco però desidera aggiungere una raccomandazione, e tutti si siedono nuovamente]
Voglio aggiungere adesso una cosa. Vi chiedo di lavorare con i seminaristi. Soprattutto date loro quello che noi abbiamo ricevuto dagli Esercizi: la saggezza del discernimento.
La Chiesa oggi ha bisogno di crescere nella capacità di discernimento spirituale. Alcuni piani di formazione sacerdotale corrono il pericolo di educare alla luce di idee troppo chiare e distinte, e quindi di agire con limiti e criteri definiti rigidamente a priori, e che prescindono dalle situazioni concrete: «Si deve fare questo, non si deve fare questo…». E quindi i seminaristi, diventati sacerdoti, si trovano in difficoltà nell’accompagnare la vita di tanti giovani e adulti. Perché molti chiedono: «Questo si può o non si può?». Tutto qui. E molta gente esce dal confessionale delusa. Non perché il sacerdote sia cattivo, ma perché il sacerdote non ha la capacità di discernere le situazioni, di accompagnare nel discernimento autentico. Non ha avuto la formazione necessaria. Oggi la Chiesa ha bisogno di crescere nel discernimento, nella capacità di discernere. E soprattutto i sacerdoti ne hanno davvero bisogno per il loro ministero. Per questo occorre insegnare ai seminaristi e ai sacerdoti in formazione: loro abitualmente riceveranno le confidenze della coscienza dei fedeli. La direzione spirituale non è un carisma solamente sacerdotale, ma anche laicale, è vero. Ma, ripeto, bisogna insegnare questo soprattutto ai sacerdoti, aiutarli alla luce degli Esercizi nella dinamica del discernimento pastorale, che rispetta il diritto, ma sa andare oltre. Questo è un compito importante per la Compagnia. Mi ha colpito tanto un pensiero del padre Hugo Rahner (2). Lui pensava chiaro e scriveva chiaro! Hugo diceva che il gesuita dovrebbe essere un uomo dal fiuto del soprannaturale, cioè dovrebbe essere dotato di un senso del divino e del diabolico relativo agli avvenimenti della vita umana e della storia. Il gesuita deve essere dunque capace di discernere sia nel campo di Dio sia nel campo del diavolo. Per questo negli Esercizi sant’Ignazio chiede di essere introdotto sia alle intenzioni del Signore della vita sia a quelle del nemico della natura umana e ai suoi inganni. È audace, è audace veramente quello che ha scritto, ma è proprio questo il discernimento! Bisogna formare i futuri sacerdoti non a idee generali e astratte, che sono chiare e distinte, ma a questo fine discernimento degli spiriti, perché possano davvero aiutare le persone nella loro vita concreta. Bisogna davvero capire questo: nella vita non è tutto nero su bianco o bianco su nero. No! Nella vita prevalgono le sfumature di grigio. Occorre allora insegnare a discernere in questo grigio.
[L’incontro termina qui, soprattutto per la necessità di proseguire nel programma della giornata fatta presente al Santo Padre dai suoi collaboratori. Prima di andar via, però, Francesco ha voluto nuovamente salutare uno per uno i gesuiti presenti, concludendo con una benedizione finale]
1. Il Suscipe è una preghiera che sant’Ignazio inserisce nei suoi Esercizi Spirituali all’interno della cosiddettaContemplatio ad amorem (n. 234): «Prendi, o Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto, la mia volontà, tutto quello che ho e possiedo. Tu me lo hai dato; a te, Signore, lo ridono. Tutto è tuo: tutto disponi secondo la tua piena volontà. Dammi il tuo amore e la tua grazia, e questo solo mi basta». Ricordiamo che anche Benedetto XVI aveva raccomandato il Suscipe ignaziano, rispondendo ai seminaristi durante una visita al Seminario Romano Maggiore, il 17 febbraio 2007.
2. Qui il Pontefice si riferisce a un testo di Hugo Rahner nato in seguito a una sessione di studi sulla spiritualità ignaziana. L’edizione italiana più recente è la seguente:Come sono nati gli Esercizi. Il cammino spirituale di sant’Ignazio di Loyola, Roma, AdP, 2004. Francesco qui si sta riferendo alle riflessioni che Hugo Rahner scrive nel capitolo ottavo del volume. Notiamo che il capitolo terzo dello stesso studio fu citato dal beato Paolo VI il 3 dicembre 1974, parlando alla XXXII Congregazione generale della Compagnia di Gesù.