Giovedì 21 aprile, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al 38° Convegno della Caritas delle Diocesi Italiane, che si è svolto presso la “Fraterna Domus” (Sacrofano, Roma) dal 18 al 21 aprile, sul tema: “Misericordiosi come il Padre. «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36)”.
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Pubblichiamo di seguito, il saluto del card.Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana ed Arcivescovo di Agrigento, ed il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza.
Saluto del Cardinale Montenegro
Beatissimo Padre, in questo Anno Giubilare dedicato alla Misericordia, si è verificata la felice coincidenza del 38° Convegno delle Caritas diocesane con i 45 anni di Caritas Italiana, che il Suo venerato Predecessore Paolo VI volle istituire affinché la Chiesa italiana si dotasse di un organismo a carattere pastorale ed educativo.
Le siamo pertanto particolarmente riconoscenti per questo momento a conclusione di quattro giorni di lavori che hanno consentito un ampio e articolato confronto tra responsabili e operatori di Caritas Italiana e delle Caritas diocesane, attraverso l’incontro, la preghiera comune, l’ascolto, lo studio, l’approfondimento, lo scambio e la condivisione di azioni che caratterizzano il nostro essere nella Chiesa e nella società, in Italia, in Europa e nel mondo.
Ancor più Le siamo grati per il dono della Sua parola che sin dall’inizio del Suo pontificato ha fatto della carità l’elemento centrale della Chiesa e dell’esperienza cristiana, affermando che “una Chiesa senza la carità non esiste”. Una carità però non da addetti ai lavori, ma di popolo, fedele ai mezzi poveri, capace di riaffermare i diritti, proporre nuovi stili di vita ma sempre coerenti con il Vangelo, economie di comunione e di condivisione. «La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole» ha sottolineato Lei, Santità, proprio nella Bolla di indizione del Giubileo “Misericordiae Vultus”. Una misericordia che rigenera, dona, e, dove occorre, fa saltare gli ingranaggi iniqui. Ecco allora che una Chiesa di misericordia è necessariamente una Chiesa “estroversa”. È ”Chiesa in uscita” come Lei, Santo Padre, l’ha ben definita, senza pareti e senza tetto, aperta a tutti, capace di accogliere tutti, rispettando la dignità e difendendo i diritti di ciascuno, ma anche capace di coinvolgere e far sentire tutti soggetti, non oggetti di cura. Come organismo ecclesiale raccogliamo il Suo appello al n. 15 della Misericordiae Vultus, a curare le ferite delle nostre sorelle e dei nostri fratelli, “a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta” per non cadere “nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge…”. Confermiamo nel contempo, come da mandato statutario, il nostro impegno pastorale “di sensibilizzare le Chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità, in forme consone ai bisogni e ai tempi”, per un servizio di carità che sia sempre più in grado di esprimere e incarnare le caratteristiche dell’amore misericordioso di Dio, rivelate in Gesù: l’universalismo – quindi un’attenzione preferenziale agli ultimi- , la condivisione – quindi il superamento della semplice elemosina -, la dimensione promozionale e liberatoria – quindi il superamento dell’assistenzialismo e un approccio che mira alla rimozione delle cause della povertà. Tutto questo avendo come bussola il cammino del giubileo, come tempo da valorizzare per crescere nell’ascolto della Parola, e tempo di esercizio costante per aprire occhi e cuore ai poveri in modo sempre nuovo, dinamico, generativo,inclusivo. Consapevoli che se non sempre si riescono a soddisfare i bisogni materiali non deve mai mancare la risposta della misericordia che diventa accoglienza, solidarietà e amicizia. Solo così il nostro mondo potrà tornare a crescere e la nostra fede riuscirà ad essere seme di vita nuova. Solo così saremo gli operai di un Vangelo che diventa annuncio – attraverso i fatti – della misericordia del Signore. Perché nel mondo vi è un’immensa folla di affamati che hanno bisogno di giustizia, misericordia, autentica carità e in ognuno di questi “più piccoli” è presente Cristo stesso che ci viene a visitare ogni giorno attraverso chi soffre e chi lotta per la sopravvivenza.
Come Lei sa bene, Santità, quella di Lampedusa è la storia più evidente che da pastore di Agrigento ho vissuto in modo diretto, ma, purtroppo, non è l’unica. E la Sua visita, le Sue azioni e le Sue parole sull’isola devono essere per tutti noi stimolo ad andare oltre la logica del “fatto di cronaca” o della semplice commiserazione e diventare il verbo che dobbiamo saper declinare affinché in ogni situazione di sofferenza impariamo a dire: «Qui c’è Dio» e iniziamo ad agire di conseguenza. Mentre la ringraziamo, Padre Santo, per le illuminanti parole che vorrà indirizzarci, Le assicuriamo le nostre costanti preghiere per il delicato compito che Le è stato affidato e attendiamo la Sua benedizione.
«I poveri sono la proposta forte che Dio fa alla Chiesa affinché cresca nell’amore e nella fedeltà»: è quanto ha sottolineato Papa Francesco parlando ai partecipanti al trentottesimo convegno nazionale delle 220 Caritas diocesane d’Italia, ricevuti nell’Aula Paolo VI giovedì mattina, 21 aprile. Dopo aver ricordato che i bisognosi aspettano «la carità, cioè la “carezza” misericordiosa del Signore, attraverso la “mano” della sua Chiesa», il Pontefice ha tracciato una sorta di decalogo di come debba essere la misericordia — tema del giubileo e dei lavori congressuali.
Il discorso di Papa Francesco
Cari fratelli e sorelle,
vi accolgo al termine dei lavori del vostro Convegno Nazionale e vi saluto tutti con affetto. Saluto cordialmente il cardinale Francesco Montenegro, Presidente della Caritas Italiana, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Il vostro incontro si colloca a 45 anni dalla nascita di questo organismo ecclesiale, che il beato Paolo VI volle fortemente; e volle che avesse carattere pastorale ed educativo. Nel 1972, in occasione del primo incontro nazionale con la Caritas, le affidava questo preciso mandato: «Sensibilizzare le Chiese locali e i singoli fedeli al senso e al dovere della carità in forme consone ai bisogni e ai tempi» (Insegnamenti X, [1972], 989). Oggi, con rinnovata fedeltà al Vangelo e al mandato ricevuto, vi inoltrate in nuovi cammini di confronto e verifica per approfondire e orientare al meglio quanto finora avviato e sviluppato.
La vostra missione educativa, che mira sempre alla comunione nella Chiesa e a un servizio con ampi orizzonti, vi chiede l’impegno di un amore concreto verso ogni essere umano, con un’opzione preferenziale per i poveri, nei quali Gesù stesso ci domanda aiuto e vicinanza (cfr Mt 25,35-40). Un amore che si esprime attraverso gesti e segni, che rappresentano «una modalità connaturata alla funzione pedagogica della Caritas a ogni livello» – come ha sottolineato il mio predecessore Benedetto XVI, che ha poi aggiunto: «Vi auguro di sapere coltivare al meglio la qualità delle opere che avete saputo inventare. Rendetele, per così dire, “parlanti”, preoccupandovi soprattutto della motivazione interiore che le anima, e della qualità della testimonianza che da esse promana. Sono opere che nascono dalla fede. Sono opere di Chiesa, espressione dell’attenzione verso chi fa più fatica. Sono azioni pedagogiche, perché aiutano i più poveri a crescere nella loro dignità, le comunità cristiane a camminare nella sequela di Cristo, la società civile ad assumersi coscientemente i propri obblighi» (Discorso alla Caritas Italiana in occasione del 40° anniversario di fondazione, 24 novembre 2011: Insegnamenti VII, 2,[2011], 776).
Di fronte alle sfide e alle contraddizioni del nostro tempo, la Caritas ha il difficile, ma fondamentale compito, di fare in modo che il servizio caritativo diventi impegno di ognuno di noi, cioè che l’intera comunità cristiana diventi soggetto di carità. Ecco quindi l’obiettivo principale del vostro essere e del vostro agire: essere stimolo e anima perché la comunità tutta cresca nella carità e sappia trovare strade sempre nuove per farsi vicina ai più poveri, capace di leggere e affrontare le situazioni che opprimono milioni di fratelli – in Italia, in Europa, nel mondo. In proposito, particolarmente rilevante è il ruolo di promozione e formazione che la Caritas riveste nei confronti delle diverse espressioni del volontariato. Un volontariato che a sua volta è chiamato a investire tempo, risorse e capacità per coinvolgere l’intera comunità negli impegni di solidarietà che porta avanti. Come pure è essenziale il vostro compito di stimolo nei confronti delle istituzioni civili e di un’adeguata legislazione, in favore del bene comune e a tutela delle fasce più deboli; un impegno che si concretizza nella costante offerta di occasioni e strumenti per una conoscenza adeguata e costruttiva delle situazioni.
Di fronte alle sfide globali che seminano paura, iniquità, speculazioni finanziarie – anche sul cibo –, degrado ambientale e guerre, è necessario, insieme al quotidiano lavoro sul territorio, portare avanti l’impegno per educare all’incontro rispettoso e fraterno tra culture e civiltà, e alla cura del creato, per una “ecologia integrale”. Caritas Italiana sia fedele anche in questo al suo mandato statutario. Vi incoraggio a non stancarvi di promuovere, con tenace e paziente perseveranza, comunità che abbiano la passione per il dialogo, per vivere i conflitti in modo evangelico, senza negarli ma facendone occasioni di crescita, di riconciliazione: questa è la pace che Cristo ci ha conquistato e che noi siamo inviati a portare. Sia sempre vostro vanto la volontà di risalire alle cause delle povertà, per cercare di rimuoverle: lo sforzo di prevenire l’emarginazione; di incidere sui meccanismi che generano ingiustizia; di operare contro ogni struttura di peccato. Si tratta a tale scopo di educare singoli e gruppi a stili di vita consapevoli, così che tutti si sentano davvero responsabili di tutti. E questo a partire dalle parrocchie: è l’opera preziosa e capillare delle Caritas parrocchiali, che occorre continuare a diffondere e moltiplicare sul territorio.
Desidero incoraggiarvi anche a proseguire nell’impegno e nella prossimità nei confronti delle persone immigrate. Il fenomeno delle migrazioni, che oggi presenta aspetti critici che vanno gestiti con politiche organiche e lungimiranti, rimane pur sempre una ricchezza e una risorsa, sotto diversi punti di vista. E’ dunque prezioso il vostro lavoro che, accanto all’approccio solidale, tende a privilegiare scelte che favoriscano sempre più l’integrazione tra popolazioni straniere e cittadini italiani, offrendo agli operatori di base strumenti culturali e professionali adeguati alla complessità del fenomeno e alle sue peculiarità.
La testimonianza della carità diventa autentica e credibile quando impegna tutti i momenti e le relazioni della vita, ma la sua culla e la sua casa è la famiglia, la Chiesa domestica. La famiglia è costituzionalmente “Caritas” perchè Dio stesso l’ha fatta così: l’anima della famiglia e della sua missione è l’amore. Quell’amore misericordioso che – come ho ricordato nell’Esortazione Apostolica postsinodale Amoris laetitia – sa accompagnare, discernere e integrare le situazioni di fragilità. Le risposte più complete a molti disagi possono essere offerte proprio da quelle famiglie che, superando la tentazione della solidarietà “corta” ed episodica, a volte pure necessaria, scelgono di collaborare fra loro e con tutti gli altri servizi solidali del territorio, offrendo le risorse della propria quotidiana disponibilità. E quanti esempi belli abbiamo di questo nelle nostre comunità!
Con piena fiducia nella presenza di Cristo risorto e con il coraggio che viene dallo Spirito Santo, potrete andare avanti senza paura e scoprire prospettive sempre nuove nel vostro impegno pastorale, rafforzare stili e motivazioni, e così rispondere sempre meglio al Signore che ci viene incontro nei volti e nelle storie delle sorelle e dei fratelli più bisognosi. Egli sta alla porta del nostro cuore, delle nostre comunità, e attende che qualcuno risponda al suo “bussare” discreto e insistente: aspetta la carità, cioè la “carezza” misericordiosa del Signore, attraverso la “mano” della sua Chiesa. Una carezza che esprime la tenerezza e la vicinanza del Padre. Nel mondo di oggi, complesso e interconnesso, la vostra misericordia sia attenta e informata; concreta e competente, capace di analisi, ricerche, studi e riflessioni; personale, ma anche comunitaria; credibile in forza di una coerenza che è testimonianza evangelica, e, allo stesso tempo, organizzata e formata, per fornire servizi sempre più precisi e mirati; responsabile, coordinata, capace di alleanze e di innovazione; delicata e accogliente, piena di relazioni significative; aperta a tutti, premurosa nell’invitare i piccoli e i poveri del mondo a prendere parte attiva nella comunità, che ha il suo momento culminante nell’eucaristia domenicale. Perché i poveri sono la proposta forte che Dio fa alla nostra Chiesa affinché essa cresca nell’amore e nella fedeltà. E perché la comunione con Cristo nella Messa trovi espressione coerente nell’incontro con lo stesso Gesù presente nel più piccolo dei fratelli. Così sia la vostra, la nostra carezza, per intercessione della Vergine Maria e del beato Paolo VI. Vi benedico e vi accompagno con la preghiera. E anche voi, mi raccomando, pregate per me! Grazie.
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