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giovedì 13 ottobre 2016

La prefazione di Papa Francesco e la riflessione di Benedetto XVI nel libro "Bartholomew Apostle and Visionary" dedicato al patriarca ecumenico Bartolomeo nel venticinquesimo anniversario della sua elezione alla sede di Costantinopoli.

S’intitola "Bartholomew Apostle and Visionary" l’omaggio al Patriarca Ecumenico Bartolomeo contenuto in un volume appena uscito negli Stati Uniti nel venticinquesimo anniversario della sua elezione alla sede di Costantinopoli. Autore del libro è John Chryssavgis, arcidiacono del Trono ecumenico e consulente teologico dell’arcidiocesi greco-ortodossa di America e del Patriarca Ecumenico per le questioni ambientali. Il volume contiene la prefazione di Papa Francesco e la riflessione di Benedetto XVI (di cui riportiamo di seguito il testo) nonché gli interventi di Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti, del rabbino David Rosen, dell’arcivescovo anglicano Rowan Williams, di Al Gore, dell’antropologa Jane Goodall e del giornalista George Stephanopoulos.

Cammino comune
La prefazione del Papa al libro dedicato a Bartolomeo per il venticinquesimo anniversario dell’elezione nella sede patriarcale di Costantinopoli


È con sentimenti di cordiale vicinanza che mi unisco a tutti coloro che quest’anno celebrano, con gioia e giubilo, il venticinquesimo anniversario dell’elezione di Sua Santità Bartolomeo I a patriarca ecumenico.

Il mio primo incontro con il mio amato fratello Bartolomeo è avvenuto il giorno stesso in cui ho iniziato il mio ministero papale, quando mi ha onorato della sua presenza a Roma. Ho sentito che stavo incontrando un uomo che cammina nella fede (cfr. 2 Corinzi, 5, 7), che nella sua persona e nei suoi modi esprime tutta la profonda esperienza umana e spirituale della tradizione ortodossa. In quella occasione ci siamo abbracciati con affetto sincero e reciproca comprensione. I nostri successivi incontri a Gerusalemme, Roma e Costantinopoli hanno non soltanto rafforzato la nostra affinità spirituale, ma soprattutto reso più profonda la nostra consapevolezza condivisa della responsabilità pastorale comune che abbiamo in questo momento della storia, dinanzi alle sfide urgenti che i cristiani e l’intera famiglia umana devono affrontare oggi. In particolare tengo caro nel cuore la splendida memoria del caloroso e fraterno benvenuto che il patriarca Bartolomeo mi ha riservato durante la mia visita al Fanar per la festa dell’apostolo Andrea, santo patrono del patriarcato ecumenico, il 30 novembre 2014.

La Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli sono unite da un profondo e antico vincolo, che neanche secoli di silenzio e di malintesi sono riusciti a spezzare. Questo vincolo è esemplificato dalla relazione tra coloro a cui la tradizione attribuisce la fondazione delle nostre rispettive Chiese, ovvero i santi apostoli Pietro e Andrea, due fratelli nella carne, ma soprattutto due discepoli del Signore Gesù, che insieme hanno creduto in lui, lo hanno seguito e infine hanno condiviso il suo destino sulla croce, nell’unica e identica speranza di servire la venuta del suo regno. I nostri predecessori, l’illustre Atenagora I e il beato Paolo VI, ci hanno lasciato il sacro compito di percorrere a ritroso il cammino che ha portato alla separazione delle nostre Chiese, sanando le fonti del nostro reciproco allontanamento, e di procedere verso il ripristino della piena comunione nella fede e nell’amore, consci delle nostre legittime differenze, così com’era nel primo millennio. Oggi, noi fratelli nella fede e nella speranza che non delude, siamo profondamente uniti nel desiderio che i cristiani d’oriente e d’occidente si possano sentire parte dell’una e unica Chiesa, affinché possano proclamare al mondo intero che «è apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tito, 2, 11-13).

Nelle due dichiarazioni comuni che abbiamo firmato a Gerusalemme e al Fanar abbiamo affermato con fermezza e determinazione il nostro impegno condiviso, che deriva dalla nostra fedeltà al Vangelo, a costruire un mondo più giusto e più rispettoso della dignità e delle libertà fondamentali, la più importante delle quali è la libertà di religione. Siamo anche fondamentalmente uniti nel nostro comune impegno di far crescere ulteriormente la consapevolezza delle persone e della società in generale rispetto alla questione della salvaguardia del creato, lo scenario cosmico nel quale l’infinita misericordia di Dio — donata, rifiutata e ripristinata — viene manifestata e glorificata in ogni momento. Sono profondamente grato per la guida del patriarca ecumenico in questo campo e per le sue riflessioni su tale questione, da cui ho imparato e continuo a imparare tanto.

Ho trovato una profonda sensibilità spirituale nel patriarca Bartolomeo per la dolorosa condizione dell’umanità attuale, così profondamente ferita da indicibile violenza, ingiustizia e discriminazione. Siamo entrambi grandemente turbati da quel grave peccato contro Dio, che sembra crescere di giorno in giorno, che è la globalizzazione dell’indifferenza dinanzi alla deturpazione dell’immagine di Dio nell’uomo. È nostra convinzione che siamo chiamati a operare per la costruzione di una nuova civiltà dell’amore e della solidarietà. Entrambi siamo consapevoli che le voci dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, ora al punto di estrema angoscia, ci obbligano a procedere più rapidamente sul cammino della riconciliazione e della comunione tra cattolici e ortodossi, in modo che possano proclamare in maniera credibile il Vangelo di pace che viene da Cristo.

Per queste molteplici ragioni sono molto lieto che il venticinquesimo anniversario dell’elezione del mio amico e fratello Bartolomeo a patriarca dell’antica e gloriosa sede di Costantinopoli venga celebrato da così tante persone che rendono grazie al Signore per la sua vita e il suo ministero. Considero una grazia e un privilegio camminare insieme al patriarca Bartolomeo nella speranza di servire il nostro unico Signore Gesù Cristo, contando non sulle nostre esigue forze, bensì sulla fedeltà di Dio, e sostenuti dall’intercessione dei fratelli santi, gli apostoli Andrea e Pietro.

È con questa certezza e nel costante ricordo nella preghiera che esprimo a Sua Santità il patriarca Bartolomeo i miei cordiali e fraterni buoni auspici per una lunga vita nell’amore e nella consolazione del Dio uno e trino.

Papa Francesco

Compagni di viaggio
La riflessione di Benedetto XVI

Il mio primo stretto contatto personale con il Patriarca ecumenico Bartolomeo è stato nell’anno 2002, durante il viaggio verso l’incontro internazionale di preghiera ad Assisi. Era stata di Papa san Giovanni Paolo II l’idea di recarci insieme in treno ad Assisi per esprimere il nostro percorso interiore oltre al viaggio esteriore. Per me fu una gioia apprendere che il patriarca mi aveva invitato a sedere per un po’ accanto a lui, nello stesso scompartimento, e, in tal modo, conoscerci meglio.

Per me tale incontro — lungo il cammino — è più di un’espressione accidentale dello stato della fede. Fui anche subito commosso dall’apertura e dal calore personale del patriarca. Non ci volle un grande sforzo per avvicinarci di più l’uno all’altro. La sua apertura interiore e la sua semplicità ispiravano subito una piacevole intimità. A contribuire a questa sensazione fu naturalmente anche il fatto che parla tutte le principali lingue europee, non soltanto francese e inglese, ma anche italiano e tedesco. Ancor più sorprendente fu per me il fatto che padroneggia il latino e sa esprimersi in tale lingua. Se si può conversare con qualcuno nella propria lingua, c’è immediatezza nel parlare cuore a cuore e pensiero a pensiero. Il patriarca non ha studiato solo nell’ambito della Chiesa ortodossa, ma anche a Monaco e a Roma. Alla diversità di lingue corrisponde, di conseguenza, anche una diversità di culture nelle quali egli si muove. Così, il suo pensiero è, dal profondo, un viaggio con gli altri e verso gli altri, che certamente non degenera in una mancanza di direzione, dove l’“essere in cammino” semplicemente non porterebbe da nessuna parte. Essere profondamente radicati nella fede in Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente e nostro Redentore, non ostacola l’apertura verso l’altro perché Gesù Cristo porta in sé tutta la verità. Al tempo stesso, però, questo radicamento ci protegge dallo scivolare nella futilità e da un vuoto gioco di vanità, poiché ci mantiene nella verità, che appartiene a tutti e vuole essere la via per tutti.

Così, in qualche modo vedo in questo nostro primo incontro un ritratto dell’intera personalità del patriarca ecumenico: vivere in cammino verso una meta; vivere nelle molte dimensioni delle grandi culture; vivere nell’incontro, sostenuto dall’incontro fondamentale con la verità che è Gesù Cristo. Alla fine, la meta di tutti questi incontri è l’unità in Gesù Cristo.

Anche se, naturalmente, il fine di questa breve riflessione non può essere quello di delineare in qualche modo il ministero del patriarca nella sua interezza, vorrei almeno sottolineare un aspetto che è importante per descrivere questo grande uomo della Chiesa di Dio: il suo amore per il creato e il suo impegno perché venga trattato conformemente a questo amore, nelle questioni grandi e piccole. Un pastore del gregge di Gesù Cristo non è mai orientato soltanto alla cerchia dei propri fedeli. La comunità della Chiesa è universale anche nel senso che include tutta la realtà. Ciò appare evidente, per esempio, nella liturgia, che non indica soltanto la commemorazione e il compimento degli atti salvifici di Gesù Cristo. È in cammino verso la redenzione dell’intera creazione. Nell’orientamento della liturgia verso Oriente, vediamo che i cristiani, insieme al Signore, desiderano procedere verso la salvezza del creato nella sua interezza. Cristo, il Signore crocifisso e risorto, è al tempo stesso anche il “sole” che illumina il mondo. Anche la fede è sempre diretta verso la totalità del creato. Pertanto, il Patriarca Bartolomeo realizza un aspetto essenziale della sua missione sacerdotale proprio con questo suo impegno verso il creato.

La mia elezione a Successore di Pietro ha naturalmente conferito una nuova dimensione al nostro incontro personale. La responsabilità per la fede nel mondo e, al tempo stesso, la responsabilità per l’unità del cristianesimo diviso fanno parte del ministero che ci è stato dato, ma sono anche un dovere personale.

Considero particolarmente bello il fatto che, dopo la mia rinuncia, il patriarca mi sia rimasto sempre vicino personalmente e che sia perfino venuto a trovarmi nel mio piccolo convento. In molti angoli del mio appartamento si possono trovare ricordi ricevuti da lui. Questi oggetti non sono soltanto segni affettuosi della nostra amicizia personale, ma anche indicazioni verso l’unità tra Costantinopoli e Roma, segni di speranza che ci stiamo dirigendo verso l’unità.

Sua Santità Bartolomeo è un patriarca davvero ecumenico, in tutti i sensi del termine. In solidarietà fraterna con Papa Francesco sta compiendo ulteriori importanti passi sul cammino dell’unità. Caro Fratello in Cristo, possa il Signore garantirle ancora molti anni di ministero benedetto come pastore nella Chiesa di Dio. La saluto en philèmati haghìo [“con il bacio santo”, Romani, 16, 16 e 1 Corinzi, 16, 20].
Benedetto XVI