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giovedì 18 febbraio 2016

“Eterna è la sua misericordia” (Sal 136): entrare nella storia con il “ritmo” di Dio (p. Alberto Neglia, ocarm) VIDEO INTEGRALE

“Eterna è la sua misericordia” (Sal 136):  
entrare nella storia con il “ritmo” di Dio
(p. Alberto Neglia, ocarm) 



ITINERARIO DI FORMAZIONE
PER LA VITA CRISTIANA
Anno 2016
promosso dal
Vicariato "San Sebastiano"
di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)

ABITARE LA MISERICORDIA 
1 FEBBRAIO 2016


I. Dio Padre
È convincimento comune, tra noi cristiani, che nell'AT. sia piuttosto rara l'idea, ricca di significato affettivo, di una paternità divina rispetto a Israele. Si pensa che sia il NT. a privilegiare il motivo della paternità divina, «completando» così le Scritture ebraiche attestate soprattutto sul versante della giustizia di JHWH.
In effetti questa concezione può essere legittimata dal fatto che nella Bibbia ebraica compaiono solo meno di venti passi in cui esplicitamente e formalmente si parla di Dio come Padre di Israele.
Ma se si guarda più attentamente alla sostanza e alla qualità del discorso biblico, questa impressione si può facilmente capovolgere e mostrare che l'AT è la matrice insostituibile della teologia cristiana (anche su questo argomento), la quale si pone in evidente continuità con la fede di Israele
Il punto di partenza teologico del rapporto di paternità di JHWH nei confronti di Israele è collocato all'interno dell'evento dell'esodo, segno fondamentale della salvezza. È per questo che in modo lapidario in Es 4,22 si proclama: «Dice IHWH: Israele è il mio figlio primogenito (benî bekorî)». E subito dopo JHWH interpella il faraone così: «Lascia partire il mio figlio» (Es 4,23).
Proprio perché Dio è Padre e Madre, è Misericordioso, così si rivela a Mosè: «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e de fedeltà…» (Es 34,6).
La paternità, infatti, nell'antico Israele comportava una funzione di go'el, cioè di tutela, di difesa, di protezione, di liberazione, qualora il figlio fosse caduto in schiavitù o fosse stato colpito. Il padre Dio si assume, perciò, ufficialmente la carica di go'el nei confronti del figlio Israele, caduto nella schiavitù egiziana.
Da questa radice fiorirà in tutto l'AT una specie di convinzione o di proclamazione di fede costante nella paternità/maternità misericordiosa di Dio da parte di Israele.
È soprattutto all'interno di una serie di testi a matrice prevalentemente profetica che appare nitida la teologia della paternità divina nei confronti di tutto Israele, giusto e ribelle. La radice di questo atteggiamento è, come accennavo, storica e attinge al tema della libera elezione e della grazia divina.
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2. Osea e Geremia
«Quando Israele era giovinetto, io l'ho amato e dall'Egitto ho chiamato mio figlio... Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano. Ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore. Ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per farlo mangiare... Il mio cuore è agitato dentro di me, il mio intimo freme di compassione» (Os 11,1.3.4.8).

In Osea la scena è nell'orizzonte dei rapporti familiari e accenna una serie di atti "paterni / materni, densi di tenerezza/misericordia, e affidati un intenso soliloquio divino.
Dio è rappresentato come un padre che sta addestrando suo figlio a muovere i primi passi (v. 3). Col secondo gesto sembra che voglia prendere in braccio il bimbo che si è ormai stancato (v. 4a). Nel terzo gesto il padre sembra chinarsi sul bimbo caduto e per rincuorarlo lo solleva a sé gli offre qualcosa da gustare e placa il suo pianto (v. 4b). Da ultimo è tutto l'amore che esplode dal cuore e dalle viscere, esprimendosi nell'intensità della commozione (v. 8).
È questa una pagina di straordinaria bellezza, quindi, una riflessione simbolica generata da un cuore paterno che vede nel volto di Dio i tratti di un amore paterno/materno.
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